La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 5496 depositata il 28 febbraio 2020 intervenendo in tema di rimborso IRAP per assenza di autonoma organizzazione ha ribadito che “In tema di IRAP, il professionista […] il quale sia inserito in uno studio associato, sebbene svolga anche una distinta e separata attività professionale, diversa da quella espletata in forma associata, ha l’onere di dimostrare, al fine di sottrarsi all’applicazione dell’imposta, la mancanza di autonoma organizzazione, ossia di non fruire dei benefici organizzativi recati dalla sua adesione alla detta associazione che, proprio in ragione della sua forma collettiva, normalmente fa conseguire agli aderenti vantaggi organizzativi e incrementativi della ricchezza prodotta quali, ad esempio, le sostituzioni in attività – materiali e professionali – da parte di colleghi di studio, l’utilizzazione di una segreteria o di locali di lavoro comuni, la possibilità di conferenze e colloqui professionali o altre attività allargate, l’utilizzazione di servizi collettivi e quant’altro caratterizzi l’attività svolta in associazione professionale. “
La vicenda ha riguardato un contribuente il quale aveva presentato una domanda di rimborso dell’IRAP per l’esercizio dell’attività di avvocato, libero professionista. Formatosi il silenzio-rifiuto per non aver risposto, l’Agenzia delle Entrate, entro i termini. Il contribuente procede con l’impugnazione del silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria con ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale. I giudici di prime cure rigettano le doglianze del contribuente. La sentenza della CTP veniva impugnata inanzi alla Commissione Tributaria Regionale. I giudici di appello nel confermare la sentenza impugnata affermavano che “Nella fattispecie la CTP ha giustamente ritenuto che il sig. G.U. esercita la propria attività in un contesto che non può dirsi privo di qualsiasi apporto produttivo. Il fatto che il professionista sia o meno associato è ininfluente rilevando piuttosto la circostanza che in tale ipotesi è legittimo presumere che il ricorrente si avvantaggi dei relativi benefici organizzativi, aggiungendo alla propria capacità professionale quel quid pluris che fa scattare il presupposto impositivo dell’IRAP.”
Il professionista avverso la decisione della CTR proponeva ricorso in cassazione fondato su quattro motivi.
Gli Ermellini accolgono il ricorso del contribuente e ribadiscono che il professionista che ha solo a disposizione una stanza nello studio associato non è assogettato all’IRAP qualora provi di non usufruire di altri vantaggi.
I giudici di legittimità hanno inoltre riaffermato che “In tema di assolvimento dell’onere probatorio sul requisito dell’autonoma organizzazione, è stato detto che il professionista, qualora sia inserito in un’associazione professionale, sebbene eserciti anche una distinta e separata attività, diversa da quella svolta in forma associata, al fine di sottrarsi all’applicazione del tributo è tenuto a dimostrare di non fruire dei benefici organizzativi recati dall’adesione alla detta associazione.”
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