AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 10 marzo 2022, n. 101
Articolo 41, comma 1, lettera a) e b), del d.l. n. 331/1993. Non imponibilità delle cessioni intracomunitarie dirette e delle vendite a distanza intra unionali poste in essere con l’ausilio di un commissionario alla vendita. Documentazione probatoria
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La società X (di seguito anche l’istante) svolge l’attività di vendita, all’ingrosso e al dettaglio, di articoli di abbigliamento ed accessori di un noto marchio.
Ha stipulato con un’altra società (di seguito, società Y) un contratto denominato ” Ecommerce service agreement” per il posizionamento dei prodotti nella “vetrina” marketplace di quest’ultima.
Nell’ambito di tale contratto, la società Y operava in passato quale mandatario con rappresentanza (c.d. trasparente) alla vendita dei prodotti del brand.
Considerate le modifiche normative intervenute a livello unionale – con decorrenza 1° luglio 2021 – sulle vendite a distanza (pacchetto IVA e-commerce), la società Y, per agevolare i propri clienti, ha proposto alla società istante (come ad altri operatori del settore), con il supporto di una propria consociata olandese (di seguito, la società Z), di modificare il precedente contratto ricalcando la c.d. struttura del commissionario alla vendita prevista dall’articolo 1731 del codice civile.
In particolare, per le vendite destinate ad uno Stato dell’Unione europea, l’accordo prevede che:
i) la merce sarà trasferita direttamente da un magazzino italiano a disposizione della società istante al cliente finale italiano o estero;
ii) la proprietà e la disponibilità della merce saranno trasferite direttamente dalla società italiana al cliente finale con il quale viene conclusa la vendita a distanza;
iii) ai fini IVA, per effetto della fictio juris prevista dall’articolo 14 della direttiva 2006/112/CE, recepita all’interno dell’articolo 2, comma 1, lettera c) del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, la società emetterà una fattura a Z e quest’ultima emetterà la fattura al cliente finale residente in Stati dell’UE con applicazione dell’IVA locale dello Stato di destinazione in ottemperanza alle norme ivi vigenti.
Secondo lo schema che l’istante intenderebbe adottare per le vendite in partenza dall’Italia e destinate a clienti di altri Stati membri UE, considerando che essa non comunicherà la propria posizione IVA italiana, le vendite saranno considerate cessioni (dalla Società X a Z verso la posizione IVA che quest’ultima ha aperto nel Paese Membro UE di destinazione) non imponibili. Attraverso l’utilizzazione della propria posizione IVA nel Paese estero di destinazione effettuerà un acquisto relativo ad un’operazione non imponibile ad IVA in Italia ed imponibile nel Paese di destinazione, dove assolverà l’IVA e procederà ai relativi adempimenti (incluso l’ Intrastat).
La società X intenderebbe adottare il medesimo schema per le transazioni verso uno Stato extraeuropeo: in tale ipotesi, la società Z provvederà all’applicazione, direttamente o indirettamente, a destinazione dei diritti doganali e delle regole ivi previste.
Nei casi di spedizione della merce in un altro Stato membro, la commissionaria Z intenderebbe provare l’avvenuto trasporto a destinazione attraverso un set documentale formato da:
i) il documento di trasporto AWB ( Airwaybill) di presa in carico della merce da parte del trasportatore;
ii) da un report di sintesi contenente le informazioni relative alle vendite effettuate in tale periodo temporale, reperite in base ai dati delle spedizioni effettuate dal trasportatore incaricato;
iii) un self bill invoice “SBI” contenente una dichiarazione resa da FF circa l’avvenuta spedizione a destino.
Con specifico riferimento alle esportazioni, per provare l’avvenuta uscita delle merci dal territorio doganale comunitario, oltre a quanto sopra, la Z intenderebbe fornire una dichiarazione di esportazione emessa dal trasportatore (c.d. CDE) contenente il riferimento al movement reference number (MRN) con uscita della merce appurata. All’interno della bolla di esportazione – facilmente ricercabile nel proprio data base dall’Amministrazione finanziaria attraverso l’ MRN – non sarà indicato il numero della SBI, tuttavia, sarà possibile collegare il numero di esportazione della società univocamente alla vendita oltreché mediante i dati della vendita ( q.tà, etc.) attraverso: a) un riferimento denominato ” Order ID” che verrà riportato (anche) nell’AWB; b) il riferimento all’ AWB all’interno della bolla di esportazione e il Paese di destino.
La società, inoltre, conserverebbe: i) la fattura di vendita (SBI) emessa nei confronti di Z; ii) la fattura emessa da Z nei confronti dei clienti finali B2C,attraverso la posizione IVA aperta nello Stato UE di destinazione e con addebito dell’IVA locale;
iii) la documentazione bancaria attestante l’incasso della merce fatturata a Z (e.g., 100 euro), al netto della somma trattenuta da quest’ultima (e.g., 25euro) per la sua provvigione di intermediazione (e.g. netto di 75 euro), iv) il documento fiscale emesso dalla società (che riporta il riferimento alla SBI); v) con riferimento alle spedizioni all’interno dell’UE, i Modelli Intrastat trasmessi dalla società.
Ciò posto, la società chiede se la procedura che intende adottare e la documentazione probatoria proposta siano o meno corrette.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
La società istante ritiene che la non imponibilità IVA prevista dall’articolo 41, comma 1, lettera a) e b), del d.l. n. 331/1993 trovi applicazione anche alle cessioni intracomunitarie dirette ed alle vendite a distanza intra unionali poste in essere con l’ausilio di un commissionario alla vendita e, ciò, sia nel rapporto tra il committente ed il commissionario sia nel rapporto tra quest’ultimo ed il cliente finale.
Diversamente si creerebbe un ingiustificato trattamento discriminatorio rispetto alle esportazioni.
Questa interpretazione è supportata dall’articolo 56 del d.l. n. 331/1993 il quale dispone che i principi generali del decreto IVA, inclusa la struttura del commissionario prevista dall’articolo 2, trovano applicazione nell’ambito della disciplina degli scambi intracomunitari.
In sostanza, secondo l’istante, il mancato richiamo espresso al commissionario nel citato articolo 41 non è un elemento sufficiente a sovvertire il principio di ” non interferenza” cui si ispira il trattamento delle intermediazioni (anche tramite commissionario) nel sistema dell’IVA.
La posizione di non imponibilità delle operazioni in esame è peraltro avvalorata dalle nuove disposizioni unionali relative alle c.d. chain transactions di cui all’articolo 36 della Direttiva n. 2006/112/CE (di seguito direttiva IVA), la cui deroga espressa di applicazione riguarda esclusivamente le operazioni ricadenti nel nuovo articolo 14-bis della direttiva.
Pertanto, alla luce dell’evoluzione dell’attuale contesto normativo e fattuale, l’istante ritiene che sia da considerare superato il chiarimento fornito al riguardo dall’Agenzia delle entrate nella risalente risoluzione n. 115/E del 9 luglio 2001.
Ritiene, infine, che la documentazione illustrata nell’istanza sia idonea a provare l’avvenuto trasporto o spedizione della merce a destinazione nello Stato estero.
Parere dell’Agenzia delle entrate
L’articolo 41, comma 1, lettera a) del decreto legge 30 agosto 1993, n. 331, norma che regola le cessioni intracomunitarie, va interpretato alla luce della nozione di cessione di bene derivante dalla Direttiva IVA e della disciplina IVA del mandato senza rappresentanza (di cui il contratto di commissione, nel caso stipulato successivamente, rappresenta una tipologia specifica).
Per quanto concerne la nozione di cessione di bene, giova ricordare che vi rientra non solo il trasferimento a titolo oneroso del diritto di proprietà dal cedente al cessionario ma anche i ” passaggi dal committente al commissionario o dal commissionario al committente di beni venduti o acquistati in esecuzione di contratti di commissione” (cfr. articolo 14, comma 2, lettera c) della Direttiva IVA, articolo 2, primo comma, n. 3 del d.P.R. n. 633 del 1972).
Inoltre, si osserva che nel mandato senza rappresentanza ” le prestazioni di servizi rese o ricevute dai mandatari senza rappresentanza sono considerate prestazioni di servizi anche nei rapporti tra il mandante e il mandatario” (cfr. articolo 3, terzo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972). Tale principio è previsto anche nel contratto di commissione dall’articolo 2, secondo comma, n. 3) del citato decreto ancorché il contratto di commissione non presupponga il passaggio di proprietà dei beni tra committente e commissionario ed anzi ne prescinda completamente ( cfr. risoluzione10/08/1996 n. 176).
In sostanza, nella categoria del mandato senza rappresentanza opera una finzione giuridica in base alla quale i beni oggetto del contratto di commissione sono oggetto di un duplice trasferimento, dal committente al commissionario e da quest’ultimo al terzo acquirente (commissione alla vendita).
La ” fictio iuris”, dunque, implica che i passaggi dei beni tra committente e commissionario, o viceversa, mantengano, in linea di principio, la stessa natura oggettiva e, quindi, anche il medesimo regime impositivo (cfr. risoluzioni 27 agosto2009, n. 242/E, 23 maggio 2000, n. 67/E, 15 maggio 2002, n. 145/E e 14 novembre 2002, n. 355/E).
Tale impostazione (come esposto dalla scrivente nella risposta n. 1 del 2021 in tema di plafond IVA nell’ambito delle cessioni di beni all’esportazioni mediante commissionari) è esplicitata nell’articolo 8, comma 1, lettera a) del d.P.R n. 633 del 1972 (che qualifica cessione all’esportazione anche quella intercorrente tra il committente e il commissionario, oltre che quella tra quest’ultimo al cliente finale) ma deve estendersi, a parere della scrivente, per le ragioni su esposte, anche alle cessioni di beni intracomunitarie di cui all’articolo 41 del DL n. 331/1993 che avvengono tramite commissionario.
Alla luce delle considerazioni svolte, superando le precisazioni fornite nella risoluzione del 9 luglio 2001, n. 115/E, si ritiene che il regime di non imponibilità delle cessioni intracomunitarie di cui all’articolo 41, comma 1, lettera a), del DL n. 331del 1993 si applichi anche al caso di specie, in cui Z agisce in qualità di mandataria senza rappresentanza dell’istante (nella specie del contratto di commissione) nell’ambito di cessioni intracomunitarie di beni effettuate a favore di clienti non soggetti passivi residenti in Stati membri UE diversi dall’Italia.
In aggiunta a quanto sopra rappresentato, la scrivente concorda sul fatto che tale ricostruzione risulta coerente con la recente evoluzione normativa riguardante la disciplina delle transazioni a catena di cui all’articolo 36- bis della Direttiva IVA (introdotto dalla Direttiva (UE) n. 2018/1910 del 4 dicembre 2018.
Con riferimento alla prova dell’avvenuto trasferimento della merce, occorre ricordare che l’articolo 45- bis nel Regolamento UE di esecuzione n. 282/2011 del 15 marzo 2011 tratta in maniera specifica degli oneri documentali riguardanti le cessioni intracomunitarie di beni di cui all’articolo 138 della Direttiva IVA.
In particolare, con il paragrafo 1, lettere a) e b), del citato articolo 45- bis è stata introdotta, dal 1° gennaio 2020, una presunzione relativa circa l’avvenuto trasporto di beni in ambito comunitario. La Commissione ha fornito alcuni chiarimenti in merito a tale disposizione con le Note Esplicative sui ” quick fixes 2020″, pubblicate a dicembre 2019. Il paragrafo 1, alla lettera a), disciplina l’ipotesi nella quale i beni siano stati spediti o trasportati dal venditore o da un terzo per suo conto e, alla lettera b), quella in cui i beni siano stati trasportati dall’acquirente o da un terzo per suo conto.
Nella prima fattispecie (quella di cui alla lettera a) il venditore, oltre a dichiarare che i beni sono stati spediti o trasportati da lui o da terzi per suo conto, dovrà produrre almeno due documenti, non contraddittori e provenienti da soggetti diversi tra loro e indipendenti sia dal venditore che dall’acquirente.
Tali documenti sono indicati al paragrafo 3, lettera a) dell’articolo 45- bis: si tratta dei documenti relativi al trasporto o alla spedizione dei beni, ad esempio un documento o una lettera CMR riportante la firma del trasportatore, una polizza di carico, una fattura di trasporto aereo, oppure una fattura emessa dallo spedizioniere.
In alternativa, il venditore potrà presentare, oltre alla dichiarazione che i beni sono stati spediti o trasportati da lui o da terzi per proprio conto, un documento di cui al citato paragrafo 3, lettera a) ed uno qualsiasi dei documenti indicati alla successiva lettera b) del medesimo paragrafo 3:
” i) una polizza assicurativa relativa alla spedizione o al trasporto dei beni o i documenti bancari attestanti il pagamento per la spedizione o il trasporto dei beni;
ii) documenti ufficiali rilasciati da una pubblica autorità, ad esempio da un notaio, che confermano l’arrivo dei beni nello Stato membro di destinazione;
iii) una ricevuta rilasciata da un depositario nello Stato membro di destinazione che confermi il deposito dei beni in tale Stato membro”.
Nella seconda fattispecie (di cui alla lettera b), in cui il trasporto venga effettuato dall’acquirente oppure da un terzo per suo conto, l’acquirente deve fornire al venditore, entro il decimo giorno del mese successivo alla cessione, una dichiarazione scritta che certifichi che i beni sono stati trasportati o spediti dall’acquirente o da un terzo per suo conto, e dalla quale dovranno risultare lo Stato membro di destinazione dei beni, la data del rilascio, il nome e l’indirizzo dell’acquirente, la quantità e la natura dei beni ceduti, la data e il luogo del loro arrivo, l’identificazione della persona che ha accettato i beni per conto dell’acquirente e, qualora si tratti di mezzi di trasporto, il numero di identificazione del mezzo. Oltre che di tale dichiarazione, l’acquirente dovrà essere in possesso di almeno due dei documenti relativi al trasporto delle merci, di cui alla lettera a) del paragrafo 3 dell’articolo 45- bis, rilasciati da due diverse parti indipendenti, l’una dall’altra, dal venditore e dall’acquirente oppure di un documento di trasporto di cui alla lettera a) citata insieme ad un documento relativo agli altri mezzi di prova indicati nella lettera b) del medesimo paragrafo 3.
Come chiarito nelle Note esplicative della Commissione UE ” quick fixes 2020″, è esclusa l’applicazione della presunzione che le merci siano state trasportate o spedite in altro Stato membro, qualora il trasporto o la spedizione siano stati effettuati dal cedente o dal cessionario con propri mezzi senza l’intervento di altri soggetti come, ad esempio, lo spedizioniere o il trasportatore ( cfr. par. 5.3.5.).
La presunzione contenuta nell’articolo 45- bis del Regolamento n. 282 del 2011 è applicabile solo qualora la documentazione in possesso del contribuente risponda ai requisiti ivi previsti. Tuttavia, le Autorità fiscali dei Paesi UE conservano la facoltà di superare la presunzione dell’avvenuto trasporto o spedizione intracomunitaria ( cfr. par. 2 del citato articolo 45-bis).
Allo stesso modo, il contribuente conserva la possibilità di dimostrare, qualora non sia in possesso della documentazione specificamente richiesta dalla disposizione unionale ai fini dell’applicazione della presunzione, con altri elementi oggettivi di prova, che l’operazione sia realmente avvenuta ( cfr. anche par. 5.3.3. delle Note esplicative).
L’articolo 45- bis in commento, infatti, non preclude agli Stati membri l’applicazione di norme o prassi nazionali ulteriori in materia di prova delle cessioni intracomunitarie, eventualmente più flessibili della presunzione prevista dal Regolamento IVA ( cfr. par. 5.3.2).
Così ricostruito il vigente quadro normativo unionale, si fa presente che la circolare del 12 maggio 2020, n. 12/E ha fornito chiarimenti al riguardo; in particolare, nel citato documento di prassi è stato ribadito che, in tutti i casi in cui non si renda applicabile la presunzione di cui all’articolo 45- bis, può continuare a trovare applicazione la prassi nazionale, anche adottata prima dell’entrata in vigore del medesimo articolo in tema di prova del trasporto intracomunitario dei beni. Resta inteso, ad ogni modo, che detta prassi nazionale individua documenti la cui idoneità a provare l’avvenuto trasporto all’interno dell’Unione europea è comunque soggetta alla valutazione, caso per caso, dell’amministrazione finanziaria ( cfr. Note esplicative, par.5.3.3.).
Nel caso in esame, si evidenzia che la società intende presentare AWB (airwaybill) o lettera di vettura del trasporto aereo che sarà compilata ed emessa dal vettore aereo ed in cui sarà riportata anche l’indicazione del destinatario della merce.
All’AWB la società intenderebbe unire un documento di riepilogo di spedizione giornaliero rilasciato dal trasportatore, a conferma del ritiro merce riportante l’AWB e i dati del cliente finale. Inoltre, potrebbe produrre l’attestazione di Z, contenuta nella SBI, a conferma del fatto che tutte le merci di cui alla fattura sono state spedite/trasportate a cura del trasportatore designato con il numero univoco ” order detail” ed un allegato con una sintesi dei dati delle transazioni. Potrebbe disporre del c.d. ” Financial report” emesso dalla commissionaria che riepiloga e dettaglia, per singola spedizione, tutti dati dell’operazione ivi inclusi l’ order ID, l’AWB e il numero della fattura emessa dalla società con il meccanismo di SBI. Inoltre, potrebbe estrarre dal sito web del trasportatore la movimentazione della merce, rilevata con sistema satellitare GPS nei vari punti di sosta fino alla consegna.
Il set documentale, infine, sarebbe completato da: i) le fatture di vendita (SBI) emesse nei confronti di Z; ii) le fatture emesse da Z nei confronti dei clienti finali B2C con addebito locale dell’imposta; iii) la documentazione bancaria attestante l’incasso della merce fatturata alla commissionaria; iv) il documento fiscale emesso dalla società (che riporta il riferimento alla SBI) e v) i modelli Intrastat.
Ciò posto, i mezzi di prova proposti dall’istante appaiono coerenti con le indicazioni fornite dall’Amministrazione nei precedenti documenti di prassi, in quanto dagli stessi sembra ricavarsi, con sufficiente evidenza, che il bene è stato trasferito dallo Stato del cedente a quello dell’acquirente ( cfr. circolare n. 12/E del 2020 e prassi ivi citata). Sufficiente appare anche la documentazione che l’istante intende produrre per provare l’avvenuto trasferimento dei beni nelle esportazioni. Resta impregiudicata, ad ogni modo, la valutazione dell’effettivo set documentale in possesso del contribuente, che potrà essere effettuata in concreto nell’ambito dell’attività di controllo.
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