La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 8452 depositata il 31 marzo 2025, intervenendo in tema di utilizzabilità delle prove, ha ribadito il principio secondo cui “non qualsiasi irritualità nell’acquisizione di elementi rilevanti ai fini dell’accertamento fiscale comporta, di per sé, la inutilizzabilità degli stessi, in mancanza di una specifica previsione in tal senso», fatta esclusione per «i casi in cui viene in discussione la tutela dei diritti fondamentali di rango costituzionale quali l’inviolabilità della libertà personale, del domicilio, ecc.» (cfr. Cass. n. 24923/2021; Cass. n. 20358/2020; Cass. n. 31779/2019).”
Infatti per i giudici di piazza Cavour evidenziano che “è noto che la giurisprudenza di questa Corte mantiene una netta differenziazione fra processo penale e accertamento tributario, secondo un principio sancito non solo dalle norme sui reati tributari, ma anche e soprattutto dalle disposizioni generali desumibili dagli artt. 2 e 654 cod. proc. pen., ed espressamente stabilite dall’art. 220 disp. att. cod. proc. pen., che impone l’obbligo del rispetto delle disposizioni del codice di procedura penale quando nel corso di attività ispettive emergano indizi di reato, ma soltanto «ai fini dell’applicazione della legge penale» (cfr. in tal senso Cass. n. 8605/2015; Cass. n. 13121/2012).”
Per il Supremo consesso viene riaffermato che “non esiste nell’ordinamento tributario un principio generale di inutilizzabilità delle prove illegittimamente acquisite. Tale principio è stato introdotto nel nuovo codice di procedura penale, e vale, ovviamente, soltanto all’interno di tale specifico sistema procedurale (v. art. 191 c.p.p.)», con la conseguenza che «l’acquisizione irrituale di elementi rilevanti ai fini dell’accertamento fiscale non comporta la inutilizzabilità degli stessi, in mancanza di una specifica previsione in tal senso» (così, ancora, Cass. n. 8605/2015).”
I giudici di legittimità ricordano ancora che “in tema di accertamenti tributari, nelle indagini svolte, ai sensi del d.P.R. n. 600/1973, la guardia di finanza che, cooperando con gli uffici finanziari, proceda ad ispezioni, verifiche, ricerche ed acquisizione di notizie, ha l’obbligo di uniformarsi alle dette disposizioni, sia quanto alle necessarie autorizzazioni che alla verbalizzazione. Tali indagini hanno carattere amministrativo […] e vanno pertanto considerate distintamente dalle indagini, che la stessa guardia di finanza conduce in veste di polizia giudiziaria, dirette all’accertamento dei reati, con l’osservanza di tutte le prescrizioni dettate dal codice di procedura penale a tutela dei diritti inviolabili dell’indagato» (cfr. Cass. n. 959/2018).”