NORMA DI COMPORTAMENTO – 01 ottobre 2017, n. 200
Limiti all’accertamento posticipato
MASSIMA
Al fine dell’accertamento delle imposte sui redditi e assimilate, nel valutare le ripercussioni di eventi intervenuti in periodi d’imposta per i quali sia spirato il termine di decadenza, il contribuente non può essere gravato da un onere probatorio eccedente quello previsto per legge sul piano degli obblighi di conservazione documentale. In tali ipotesi, pertanto, il contribuente può comprovare la correttezza del proprio operato avvalendosi di ogni ragionevole mezzo di prova, individuabile nelle scritture contabili e ausiliarie, nelle dichiarazioni dei redditi dei periodi d’imposta ancora accertabili, nei contratti, nelle perizie e in qualsiasi ulteriore documentazione del cui obbligo di conservazione il contribuente sia ancora gravato, ovvero sia stato oggetto di volontaria conservazione, anche oltre.
L’accertamento della dichiarazione dei redditi è legittimo anche quando non comporti incrementi dell’imponibile dell’esercizio oggetto di verifica, ma, determinando conseguenze sulle obbligazioni fiscali future, consenta di orientare il corretto svolgimento del rapporto fiscale (NOTA 1). Esempio di accertamento “anticipato” è quello che concerne la corretta capitalizzazione di un costo nell’esercizio in cui non sia ancora iniziato l’ammortamento.
Similmente, possono essere formulate contestazioni riguardanti gli effetti sull’imponibile, o sull’imposta dovuta, per il periodo sottoposto a verifica, prodotti da situazioni fiscali che hanno avuto origine in un periodo d’imposta precedente. In tal caso, viene “riaperto” il periodo d’imposta precedente, con il correlato obbligo da parte del contribuente di comprovare il corretto trattamento della posta. Esempio di accertamento “posticipato” (o “postumo”), è l’accertamento della corretta capitalizzazione di un costo che intervenga in un esercizio successivo a quello in cui il costo è stato capitalizzato, quando sia già iniziato il processo di ammortamento.
L’accertamento “posticipato” incontra un limite nel termine fissato dall’articolo 43 (NOTA 2) del Dpr 600/1973, il quale prescrive che gli avvisi di accertamento debbano essere notificati “a pena di decadenza” entro il termine ivi indicato. È questo il termine entro il quale il contribuente deve essere in grado di comprovare la correttezza della propria dichiarazione, attraverso tutta la documentazione necessaria e idonea (NOTA 3).
Pur prendendo atto che l’imprenditore è tenuto, a norma dell’articolo 2220 del Codice Civile, a conservare le scritture contabili per dieci anni dalla data dell’ultima registrazione (e che per lo stesso periodo devono conservarsi le fatture attive e passive, le lettere spedite e ricevute e i telegrammi spediti e ricevuti), occorre rilevare che si tratta di un obbligo civilistico che non comporta un corrispondente allungamento del periodo in cui il contribuente è tenuto a dimostrare la correttezza della propria dichiarazione dei redditi, che è fissato dall’articolo 43 sopra richiamato.
Si deve poi tenere conto anche dell’articolo 22, comma 2, Dpr 600/1973, il quale dispone che le scritture contabili obbligatorie devono essere conservate “fino a quando non siano definiti gli accertamenti relativi al corrispondente periodo d’imposta, anche oltre il termine stabilito dall’art. 2220 del codice civile o da altre leggi tributarie” e dell’articolo 8, comma 5, della Legge 212/2000, il quale dispone che l’obbligo di conservazione degli atti e dei documenti stabiliti agli effetti tributari non può eccedere il termine di dieci anni dalla loro emanazione o formazione. Peraltro, l’obbligo di conservazione della documentazione contabile e tributaria oltre il termine decennale di cui all’articolo 2220 del Codice Civile, non rappresentando un principio di carattere generale, non trova applicazione quando il termine per l’accertamento sia spirato prima che l’avviso di accertamento sia stato notificato. Si tratta di un termine efficace solo quando l’accertamento sia notificato prima del termine di decadenza e non sia stato ancora definito allo spirare del decimo anno. Una diversa applicazione del precetto, infatti, determinerebbe il protrarsi indefinito dell’obbligo di conservazione delle scritture, anche oltre il periodo decennale, in quanto discrezionale (NOTA 4).
In conclusione, quando l’evento originario risalga a un periodo non più accertabile, l’onere della prova relativo alle poste imputate nei periodi successivi all’evento originario – ovvero ai periodi ancora accertabili – è assolvibile sulla base della produzione da parte del contribuente di un’ordinata e coerente documentazione contabile e tributaria riguardante i periodi di imposta per i quali sono ancora pendenti i termini di conservazione obbligatoria delle scritture e della documentazione contabile e tributaria. Così, ad esempio, per comprovare la corretta deduzione di quote di ammortamento di beni strumentali acquistati in un esercizio non più accertabile, il contribuente è chiamato a produrre un’ordinata e regolare tenuta delle scritture contabili, comprensiva del Registro dei beni ammortizzabili previsto dall’articolo 16 del Dpr 600/1973 o del Libro degli inventari, ove opportunamente integrato ai sensi di legge (NOTA 5), mentre non è gravato dall’obbligo di produrre documenti risalenti all’esercizio in cui il bene è stato acquistato, quando sia spirato il termine di decadenza dell’accertamento relativo a quel periodo d’imposta (NOTA 6).
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Note:
(1) In questo senso si è espressa la Corte di Cassazione quando ha ritenuto che sia facoltà dell’Ufficio emettere un avviso di accertamento anche quando non ne derivi un’immediata pretesa impositiva, ma comporti la contestazione dei “criteri adottati nella redazione del bilancio e i loro riflessi sulle obbligazioni fiscali negli esercizi futuri”. L’avviso di accertamento, infatti, oltre che assolvere la funzione di recuperare il tributo dell’esercizio, può avere lo scopo “di regolarizzare ogni altro aspetto del comportamento tributario della parte nel periodo e di assicurare il corretto svolgimento del rapporto fiscale nel futuro” (Cass., Sez. trib., 21 maggio 2008, n. 12880).
(2) Così come modificato dall’articolo 1, comma 131, Legge 208/2015 per gli avvisi di accertamento relativi al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2016 e ai periodi successivi, il quale prescrive che gli avvisi di accertamento debbano essere notificati “a pena di decadenza” entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione, ovvero entro il settimo anno successivo in caso di omessa presentazione della dichiarazione.
(3) L’obbligo di documentazione non vale solo per l’esercente attività d’impresa. Ad esempio, la persona fisica che in dichiarazione imputi un importo oggetto di detrazione rateale, è tenuto alla conservazione della documentazione a supporto del costo imputato sino al termine di decadenza dell’azione dell’Ufficio relativo alla dichiarazione relativo al periodo al quale risale l’evento originario.
(4) Corte di Cassazione, sentenza n. 9834 del 13 maggio 2016.
(5) Articolo 2, comma 1, Dpr 695/1996.
(6) Cfr. Corte di Cassazione, sentenza n. 9834 del 13 maggio 2016, nonché sentenza n. 31 del 25 febbraio 2013, nella cui parte motiva la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia si è chiesta: “Ma se le annualità in cui le operazioni hanno avuto luogo non sono più accertabili e pertanto non sono più discutibili le operazioni poste in essere, che hanno dato luogo a conseguenze diverse sia sul piano civile che fiscale, come è possibile rimetterle in discussione e “valutarle” al solo fine di dichiarare illegittimi gli effetti negli anni successivi ?”.
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