La Corte di Cassazione sez. tributaria con la sentenza n. 19771 del 28 agosto 2013 intervenendo in tema di validità di notifica ha statuito che è valido l’accertamento fiscale anche se a firmare la raccomandata è il portiere. Irrilevante il vuoto normativo e la mancanza di rapporto fra custode e contribuente destinatario dell’atto impositivo.
Gli Ermellini con la sentenza in esame hanno avuto modo di chiarire e precisare in tema di notificazione degli atti processuali a mezzo del servizio postale che se è pur vero che la notificazione è nulla in caso di consegna dell’atto amministrativo al portiere dello stabile senza che l’agente postale ne dia notizia al destinatario mediante lettera raccomandata, deve tuttavia considerarsi però che l’adempimento costituito dall’invio della raccomandata di avviso previsto dal sesto comma dell’art. 7 della legge 20 novembre 1982, n. 890 è imposto solo per le notifiche eseguite a far tempo dal 28 febbraio 2008, data di entrata in vigore della legge di conversione, come espressamente previsto dall’art. 36, comma 2 quinquies, del medesimo decreto, rispetto al quale non possono ravvisarsi profili di illegittimità costituzionale, trattandosi di valutazioni del legislatore relative a situazioni temporalmente non sovrapponibili.
La vicenda ha origine con la notifica di una cartella di pagamento per il recupero di IRPEF conseguenti ad avvisi di accertamento ex art. 41 del DPR 600/72 emessi dall’Agenzia delle Entrate e divenuti definitivi per mancanza di opposizione. Il contribuente proponeva ricorso avverso le Ca cartella di pagamento dapprima inanzi alla Commissione tributaria Provinciale e poi alla Commissione Tributaria Regione ed in entrambi i giudizi era risultato soccombente. In particolare la Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto “che l’avviso di ricevimento contestato era stato oggetto di notifica a mezzo del servizio postale, con raccomandata con ricevuta di ritorno, sottoscritta dal portiere dello stabile condominiale. La mancata prova, cedente a carico del destinatario, circa l’inesistenza di rapporti con il portiere, indusse così il giudice d’appello al descritto rigetto, ulteriormente osservando la non necessità, nella fattispecie, di un successivo adempimento quale l’avviso al destinatario dell’avvenuta notificazione, costituendo già di per sé l’avviso di ricevimento — il primo – prova della formalità.”
Il contribuente ricorre avverso al decisione dei giudici di merito alla Corte Suprema per la cassazione della sentenza di secondo grado. Il ricorso era basato su due motivi.
Gli Ermellini hanno rigettato il ricorso del contribuente ritenendo il secondo motivo inammissibile ed il primo infondato. Infatti i giudici di legittimità evidenziano nelle motivazioni che “È pacifico che l’art.3, co.4, del d.l. 15 settembre 1990, n. 261, prevedendo che “gli avvisi di accertamento parlale di cui all’art. 41-bis del D.P.L. 29 settembre 1973, ». 600, possono essere notificati dall’ufficio delle imposte mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento; la notifica si dà per avvenuta alla data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal destinatario ovvero da persona di famiglia o addetto alla casa”, istituì una modalità notificatoria da un lato assegnata alla discrezionalità della P.A. procedente e dall’altro realizzativa di un sistema che, integrandosi in modo peculiare nel più generale ambito delle procedure di notifica mediante il servizio postale, aveva già consentito, con l’art.7, co.2, della legge 20 novembre 1982, n.890, la possibilità di perfezionare il procedimento, in difetto di consegna diretta al destinatario (ovvero al convivente o all’addetto alla casa), con una consegna del “piego …al portiere dello stabile ovvero a persona che, vincolata da rapporto di lavoro continuativo, è comunque tenuta alla distribuzione della posta al destinatario. “.
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