La Corte di Cassazione sez. tributaria con la sentenza n. 22151 depositata il 27 settembre 2013 intervenendo in materia di notifiche ha ribadito ha ribadito che, in caso di notifica nelle mani del portiere (o del vicino), l’ufficiale giudiziario deve dare atto, oltre che dell’assenza del destinatario, delle ricerche delle altre persone abilitate, secondo un ordine di preferenza, a ricevere l’atto in base all’articolo 139 del codice di procedura civile. La predetta omissione comporta la nullità e non l’inesistenza della notificazione, suscettibile di sanatoria ex articolo 156 del codice di procedura civile per raggiungimento dello scopo attraverso la proposizione del ricorso che, se determina il venir meno dell’interesse a far valere il vizio di notifica, non produce alcun effetto sui requisiti di validità dell’avviso di accertamento, non potendo impedire la decadenza dalla potestà impositiva maturata medio tempore.
La vicenda ha riguardato un contribuente a cui veniva notificato, per il tramite di ufficiale giudiziario, un atto impositivo e contro il quale ricorreva inanzi alla Commissione Tributaria Provinciale. I giudici di prime cure hanno accolto le doglianze del ricorrente ritenendo l’avviso di accertamento affetto da nullità assoluta e insanabile poiché era stato notificato senza l’osservanza del contenuto di cui all’articolo 139 c.p.c. L’Amministrazione Finanziari avverso la decisione di primo grado propone ricorso alla Commissione Tributaria Regionale i cui giudici rigettano l’appello dell’Agenzia, confermando la sentenza impugnata, affermando che “senza osservare la successione preferenziale delle persone alle quali, a norma dell’articolo 139 del codice di procedura civile, deve essere consegnata la copia dell’atto da notificare, in assenza del destinatario”.
Inoltre i giudici della CTR hanno ritenuto non operante, ai fini della validità dell’atto impositivo, la sanatoria costituita dalla proposizione del ricorso in commissione, essendo questa intervenuta quando era già spirato il termine di decadenza per l’esercizio della potestà impositiva
L’Ufficio avverso la sentenza del giudice di appello proponeva ricorso alla Corte Suprema basandolo su due motivi di censura. In particolare lamentando a violazione degli articoli 139, 148, 156 e 160 del codice di procedura civile, nonché 43 e 60 del Dpr 600/1973.
Gli Ermellini hanno ritenuto meritevoli di accoglimento il ricorso depositato dell’Agenzia delle Entrate, rinviando la causa, anche per la liquidazione delle spese di lite, ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale.
I giudici di legittimità, in riferimento alla prima doglianza, hanno ribadito il principio di diritto secondo cui con le notifica nelle mani del portiere o del vicino di casa “l’ufficiale giudiziario deve dare atto, oltre che dell’assenza del destinatario, delle vane ricerche delle altre persone preferenzialmente abilitate a ricevere l’atto, onde il relativo accertamento, sebbene non debba tradursi in forme sacramentali, deve, nondimeno, attestare chiaramente l’assenza del destinatario e dei soggetti rientranti nelle categorie contemplate dal secondo comma dell’articolo 139 del codice di procedura civile, secondo la successione preferenziale da detta norma tassativamente stabilita: tale omissione, tuttavia, comporta la nullità (e non l’inesistenza) della notificazione nelle mani del portiere, o del vicino di casa, quando la relazione dell’ufficiale giudiziario sia priva di tale attestazione” (cfr ex multis Cassazione sezioni unite, nn. 8214 e 11332 del 2005).
Per quanto concerne il secondo motivo del ricorso la Corte ha richiamato un orientamento consolidato cn cui ha puntualizzato che la nullità della notifica dell’avviso di accertamento è sanabile per raggiungimento dello scopo, attraverso la proposizione del ricorso da parte del contribuente.
La sanatoria, se comporta il venir meno dell’interesse del destinatario a denunciare tale specifico vizio, non ha effetti di tipo sostanziale, non potendo incidere ex tunc sui requisiti di validità dell’avviso di accertamento, tra cui rientra il rispetto del termine di decadenza previsto dalla legge per l’esercizio della potestà impositiva, eventualmente maturato prima del fatto sanante.
In sostanza viene affermato che dall’esercizio del diritto di difesa mediante proposizione del ricorso non può mai derivare una convalida ex tunc di un atto imperfetto, non essendo la sanatoria suscettibile di scongiurare la decadenza medio tempore intervenuta (cfr ex multis Cassazione sezioni unite, n. 19854/2004, e Cassazione n. 1088/2013).
Inoltre si è precisato che la decadenza dell’Amministrazione finanziaria dal potere di accertamento – secondo una giurisprudenza consolidata confermata dalla sentenza in commento – non produce l’inesistenza degli atti impositivi successivamente emanati. Tuttavia, la decadenza rappresenta un’ eccezione in senso stretto, da far valere a opera del contribuente, dovendo escludersi un intervento ex officio da parte del giudice. In altri termini è il contribuente che ha l’onere di dedurre la decadenza come specifico vizio nel ricorso introduttivo dinanzi alle commissioni tributarie.
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