La vicenda ha riguardato un contribuente a cui l’Agente della riscossione aveva notifica, a mezzo pec, un cartella di pagamento. Il contribuente adiva, proponendo ricorso, alla Commissione Tributaria Provinciale, i cui giudici accoglievano il ricorso del contribuente. Avverso la decisione di prime cure l’Amministrazione finanziaria proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Regionale che rigetta l’appello dell’Amministrazione.
In particolare precsano, i giudici di appello, che “l’articolo 38 del D.L. n. 78/10, convertito con modificazioni dalla legge n. 122/10 (pur non considerando le novità introdotte dal D.L. n. 159/15, in vigore dal 1′ giugno 2016, che rendono obbligatoria, per l’ente di riscossione, la notifica mediante PEC, per alcune categorie di soggetti), ha innovato la formulazione dell’articolo 26 DPR n. 602/73, introducendo la specifica previsione della notifica della cartella di pagamento a mezzo Posta Elettronica Certificata. Se la notifica della cartella viene effettuata mediante PEC, la prova della stessa, si deve intendere assolta con la trasmissione del messaggio di Posta Elettronica Certificata e con la consegna dello stesso, vigendo le norme previste dall’articolo 6 DPR n. 68/05, che affermano che, nel momento in cui viene emessa dal gestore la ricevuta di avvenuta consegna, ciò equivale per il mittente alla prova – legale – che il messaggio inviato è effettivamente pervenuto all’indirizzo elettronico
del destinatario.
Tuttavia, come pure ha chiarito la Ragioneria Generale dello Stato: la Pec da piena prova della data di invio e di ricezione di una email, ovvero, la certificazione del testo contenuto nel messaggio certificato, ma essa non garantisce, ai documenti trasmessi in allegato, la stessa efficacia probatoria degli originali. Per far si che questi ultimi possano essere considerati atti “originali” è necessario apporre la firma digitale sul documento. In pratica, le copie informatiche dei documenti vengono equiparate agli originali da cui sono tratte solo se ad esse è apposta o associata la firma digitale di persona idonea ad attestare la conformità agli originali.”
La discussione riguarda la validità delle cartelle notificate via Pec che, solitamente, vengono inviate in allegato alla e-mail certificata, nel formato Pdf. Secondo il ricorrente, tale pratica è del tutto illegittima, poiché l’allegata cartella dovrebbe quantomeno essere sottoscritta in formato digitale, da un funzionario idoneo a certificarne la conformità: in altri termini, l’estensione del file allegato alla e-mail avrebbe dovuto essere P7M, anziché un semplice Pdf.
I giudici della CTR richiamano quanto precisato dalla “ragioneria generale dello stato, secondo cui la Pec da piena prova della data di invio e di ricezione di una e-mail, con relativa certificazione del testo contenuto nel messaggio; tuttavia, essa non garantisce nulla in merito alla conformità all’originale dei documenti posti in allegato. Per fornire una tale prova, invece, è necessario che gli allegati siano muniti di firma digitale: se manca questo requisito, cioè se la cartella è allegata in un semplice formato Pdf, non v’è alcuna prova in merito alla consistenza di questo file, alla sua conformità all’originale e ai contenuti dello stesso.
Ciò rende del tutto inefficace la notifica in relazione alla validità della cartella, poiché la Pec attesta solamente che il contribuente abbia ricevuto una e-mail a una certa data, ma non che quella e-mail contenga proprio una copia giuridicamente valida dell’atto esattoriale. In definitiva, spiega la Ctr, è come se il contribuente avesse al più ricevuto una mera fotocopia della cartella, non munita di alcuna attestazione circa la sua corrispondenza al documento originale.”
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