AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 14 ottobre 2021, n. 707
Articolo 23 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. Obbligo di sostituzione
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La società ALFA (di seguito “Società” o “Istante”) è posseduta interamente e direttamente da una società non residente (di seguito “Controllante”).
Nel 2018 la Controllante è stata acquistata da una società extra UE (di seguito “Capogruppo”) e ciò ha comportato il vesting anticipato di tutti i piani di azionariato della Controllante (Long Term Incentive Plan e Co-Investment Incentive Plan).
Contestualmente è stata riconosciuta ai dipendenti già beneficiari di tali piani la possibilità di ricevere l’assegnazione di Restricted Stock Units (di seguito “RSU”) della Capogruppo “in sostituzione del valore – non attribuito – delle azioni che sarebbero maturate dopo l’estate 2019 e che, a seguito dell’acquisizione, sono state poi cancellate”.
Le RSU attribuiscono al possessore il diritto a ricevere, al termine di un periodo prefissato (c.d. vesting period), un certo numero di azioni della Capogruppo senza il pagamento di alcun corrispettivo.
Il diritto a ricevere le azioni non è legato al raggiungimento di parametri di performance ed è invece subordinato al mantenimento del rapporto di lavoro dipendente con una delle società del gruppo.
Nel momento in cui c’è la conversione delle RSU in azioni con il conseguente trasferimento della piena disponibilità delle stesse al dipendente, si realizza il momento impositivo. Le azioni assegnate rappresentano un reddito in natura da assoggettare a tassazione ai sensi dell’articolo 51 del Testo unico delle imposte sui redditi approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir).
La Società ha rappresentato, tuttavia, che nel momento della conversione essa non è coinvolta né direttamente né indirettamente nella gestione del piano e nella relativa assegnazione delle azioni, essendo le stesse direttamente assegnate dalla Capogruppo.
Ciò premesso, l’Istante fa presente che al momento della conversione delle RSU, alcuni beneficiari del piano non avranno più in essere alcun rapporto di lavoro subordinato e/o collaborativo con la Società, avendo cessato il rapporto di lavoro in data antecedente, ma saranno alle dipendenze di altra società estera facente parte dello stesso gruppo.
Ciò premesso, l’Istante chiede se debba qualificarsi come sostituto d’imposta ai sensi dell’articolo 23 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 in relazione alle azioni assegnate dalla Capogruppo ai suoi ex dipendenti.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
La Società istante, in via incidentale, evidenzia che le azioni assegnate costituiscono redditi in natura da assoggettare a tassazione ai sensi dell’articolo 51 del Tuir e che, in base al combinato disposto degli articoli 3 e 23 del Tuir e dell’articolo 15 del Modello di Convenzione OCSE, la potestà impositiva è così regolata:
– qualora al momento dell’esercizio dell’opzione il beneficiario del piano (ex dipendente della società istante) si qualifichi come residente in Italia, il 100 per cento del valore normale delle azioni assegnate e determinato in base all’articolo 9 del Tuir sarà assoggettato a tassazione in Italia e, sulla parte relativa all’attività di lavoro dipendente svolta all’estero individuata in base all’articolo 23 del Tuir, gli sarà riconosciuto un credito d’imposta per le imposte pagate all’estero ai sensi dell’articolo 165 del Tuir;
– qualora al momento dell’esercizio dell’opzione il beneficiario del piano (ex dipendente della società istante) si qualifichi come non residente in Italia ai sensi dell’articolo 2 del Tuir, solo la quota di azioni riferibile all’attività svolta nel nostro territorio sarà assoggettata ad imposizione in Italia.
Per quanto concerne in particolare il quesito prospettato nella presente istanza, vale a dire l’applicazione delle ritenute e gli obblighi di sostituto d’imposta in capo alla Società, essa è dell’avviso che, laddove il percipiente rivesta la qualifica di lavoratore dipendente al momento in cui acquisisce la proprietà delle azioni, la stessa dovrà agire come sostituto d’imposta e dovrà pertanto operare le relative ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente derivanti dall’assegnazione di azioni anche nell’ipotesi in cui tali valori siano corrisposti da un soggetto terzo. Diversamente nel caso in esame, la Società istante, non essendo direttamente o indirettamente coinvolta nella gestione del piano e nella relativa assegnazione delle azioni e non avendo alcun rapporto lavorativo in essere con i percipienti al momento dell’assegnazione, ritiene di non essere tenuta ad operare in qualità di sostituto di imposta ai sensi dell’articolo 23 del d.P.R. n. 600 del 1973.L’erogazione in esame, infatti, è effettuata direttamente ed esclusivamente da un soggetto terzo, la Capogruppo e l’assegnazione di azioni riguarda soggetti beneficiari che soltanto in anni precedenti – e non nell’anno in cui si manifesta il momento impositivo – hanno intrattenuto un rapporto di lavoro dipendente con l’Istante e che al momento del vesting non erano più suoi dipendenti.
Parere dell’Agenzia delle entrate
Il quesito rappresentato dalla Società istante riguarda gli eventuali obblighi di sostituzione d’imposta derivanti dall’assegnazione di azioni per la partecipazione a piani di Restricted Stock Units (RSU) da parte della propria Capogruppo ad ex dipendenti della Società medesima.
Preliminarmente, si osserva che, sotto il profilo della disciplina domestica, l’articolo 49 del Tuir definisce redditi di lavoro dipendente quelli che «derivano da rapporti aventi per oggetto la prestazione di lavoro, con qualsiasi qualifica, alle dipendenze e sotto la direzione di altri». Per la relativa determinazione il successivo articolo 51 stabilisce che «il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro».
Rientrano, pertanto, in tale ultima disposizione anche i compensi in natura, tra i quali vanno annoverate le assegnazioni di titoli e diritti, stimati in base al loro “valore normale”, così come determinato ai sensi dell’articolo 9, comma 4, lettera a), del Tuir.
Ai fini dell’individuazione del periodo di imposta in cui considerare prodotto il reddito, occorre avere riguardo al momento in cui le RSU si convertono in azioni, non rilevando l’effettiva consegna del titolo o le annotazioni contabili successive (cfr. risoluzioni 20 marzo 2001, n. 29/E e 12 dicembre 2007, n. 366/E).
Per quanto concerne il regime convenzionale, l’articolo 15, paragrafo 1, del Modello di Convenzione OCSE, in relazione ai redditi da lavoro subordinato, prevede che «i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe che un residente di uno Stato contraente riceve in corrispettivo di un’attività dipendente sono imponibili soltanto in detto Stato (i.e. Stato della residenza), a meno che tale attività non venga svolta nell’altro Stato contraente. Se l’attività è quivi svolta, le remunerazioni percepite a tale titolo sono imponibili in questo altro Stato (i.e. Stato della fonte)».
Al riguardo, il Commentario all’articolo 15 afferma che l’espressione «i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe» include anche i redditi in natura, tra cui colloca, tra l’altro, le stock options (cfr. par. 2.1), alle quali possono essere equiparate le RSU in esame, e chiarisce che la potestà impositiva dello Stato della fonte è subordinata alla condizione che tali compensi in natura derivino da un’attività di lavoro dipendente svolta in detto Stato, non rilevando l’eventuale diverso momento in cui il reddito è corrisposto (par. 2.2) e la circostanza che la tassazione avvenga in un periodo d’imposta successivo, in cui il dipendente non lavora più in detto Stato (cfr. par. 12.1 e12.3). Infine, secondo il Commentario, stabilire se, e in che misura, una stock option sia ricollegabile ad attività di lavoro dipendente svolta in un dato Stato implica una valutazione che deve essere effettuata in ciascun caso esaminando tutti gli elementi rilevanti, comprese le condizioni contrattuali del piano, correlati alla suddetta attività lavorativa (cfr. par. 12.6).
In relazione alle fattispecie rappresentate, si rileva che la Capogruppo ha previsto l’assegnazione ad alcuni dipendenti di RSU in sostituzione del valore – non attribuito – delle azioni di precedenti piani di azionariato che sarebbero maturate dopo l’estate 2019 e che, a seguito dell’acquisizione, sono state cancellate. Le RSU attribuiscono al possessore il diritto a ricevere, al termine di un periodo prefissato, un certo numero di azioni della Capogruppo senza il pagamento di alcun corrispettivo, ma condizionato al mantenimento del rapporto di lavoro dipendente con una delle società del gruppo.
Gli elementi soprariportati portano a ritenere, in linea con i criteri elaborati dall’OCSE, che il collegamento con il territorio italiano debba considerarsi sussistente se nel periodo di maturazione del diritto, il dipendente abbia svolto attività di lavoro nel nostro Paese. Qualora sussista tale collegamento, il relativo reddito rileverà fiscalmente in Italia.
Per quanto riguarda gli obblighi di sostituzione il primo periodo del comma 1 dell’articolo 23 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 prevede che «Gli enti e le società indicati nell’articolo 87 [ora articolo 73], comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le società e associazioni indicate nell’articolo 5 del predetto testo unico e le persone fisiche che esercitano imprese commerciali, ai sensi dell’articolo 51 [ora articolo 55] del citato testo unico, o imprese agricole, le persone fisiche che esercitano arti e professioni, il curatore fallimentare, il commissario liquidatore nonché il condominio quale sostituto d’imposta, i quali corrispondono somme e valori di cui all’articolo 48 [ora articolo 51] dello stesso testo unico, devono operare all’atto del pagamento una ritenuta a titolo di acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche dovuta dai percipienti, con obbligo di rivalsa».
Il citato articolo 23, mediante l’espresso richiamo all’articolo 73 del Tuir, annovera nell’alveo dei soggetti qualificabili quali sostituti d’imposta, tra l’altro, le società per azioni e le società non residenti nel territorio dello Stato. Per quanto concerne gli obblighi fiscali ricadenti su queste ultime, si osserva che, per orientamento costante dell’Amministrazione Finanziaria, l’obbligo di sostituzione grava sulle società non residenti solo nell’ipotesi in cui corrispondano redditi di lavoro dipendente attraverso stabili organizzazioni in Italia, ovvero siano obbligati alla presentazione della dichiarazione dei redditi nel nostro Paese (cfr. circolare 23 dicembre 1997, n. 326).
È stato, infatti, rilevato che le società non residenti seppur ricomprese, sotto il rofilo soggettivo, tra i soggetti indicati al primo comma dell’articolo 23 del d.P.R. n. 600 del 1973, ne vengono oggettivamente escluse per ovvi motivi attinenti alla delimitazione territoriale della potestà tributaria dello Stato. Pertanto, gli obblighi di sostituzione sono ascrivibili solo a quei soggetti non residenti che abbiano una stabile organizzazione nel nostro Paese, dal cui reddito deducono come costo del lavoro il reddito di lavoro dipendente assoggettato a ritenuta.
Inoltre, il presupposto per cui sia applicata la ritenuta è che i soggetti di cui al citato articolo 23 corrispondano somme e valori in relazione al rapporto di lavoro. Al riguardo, si ricorda che l’Amministrazione finanziaria in diverse occasioni (cfr. circolare 23 dicembre 1997, n. 326, risoluzione 27 luglio 2005, n. 101/E e risoluzione 23 marzo 2009, n. 76), ha precisato che qualora la corresponsione di somme e valori da parte di terzi venga effettuate in ragione di un qualunque collegamento (es. accordo o convenzione) esistente con il datore di lavoro-sostituto d’imposta, è quest’ultimo che deve effettuare le ritenute a titolo di acconto con riferimento a tutte le somme e i valori che il lavoratore dipendente percepisce, anche se taluni di questi sono corrisposti da soggetti terzi.
Ciò posto, si ritiene che nel caso di specie la Società istante, in relazione ai beneficiari del piano che non abbiano più in essere alcun rapporto di lavoro subordinato e/o collaborativo con la stessa, non sia tenuta ad assolvere gli obblighi di sostituzione d’imposta in quanto non è il soggetto che assegna le azioni e i lavoratori destinatari di tali “valori” non sono suoi dipendenti.
Inoltre, nel presupposto che la Capogruppo non abbia una stabile organizzazione in Italia, la stessa non è tenuta ad operare come sostituto d’imposta al momento dell’assegnazione delle azioni in oggetto.
In tale fattispecie, dunque, sarà cura dei singoli ex dipendenti presentare la dichiarazione dei redditi nel nostro Paese nel periodo d’imposta in cui esercitano l’opzione relativamente ai redditi che sono soggetti a tassazione in Italia e, conseguentemente, versare le imposte dovute all’Erario italiano.
Il presente parere viene reso esclusivamente in relazione al quesito formulato, sulla base degli elementi rappresentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, ed esula da ogni valutazione circa fatti e/o circostanze non rappresentate nell’istanza e riscontrabili solo in eventuale sede di accertamento anche sotto il profilo dell’abuso del diritto ai sensi dell’articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212.
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