CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 agosto 2018, n. 21085
Tributi – eseNzioni ed agevolazioni – Agevolazioni fiscali – Credito d’imposta – Investimenti nelle aree svantaggiate – Agevolazione di cui all’art. 8, co. 2, L. n. 388/2000
FATTI DI CAUSA
1. In data 14 novembre 2005 l’Agenzia delle Entrate – Ufficio locale di Olbia notificava alla D.S. s.r.l. avviso di recupero del credito di imposta previsto per gli investimenti nelle aree svantaggiate, intimando il versamento della somma complessiva (tributo e sanzioni) di €.593.753,39.
Il provvedimento seguiva all’accertamento della Guardia di Finanza che in data 6 giugno 2005 contestava alla D.S. s.r.l. la mancata istituzione di alcuna unità produttiva o sede operativa in Olbia, mentre per contro l’attività imprenditoriale sarebbe stata organizzata e diretta in altra sede, non comunicata al fisco e alla P.A., comunque fuori dagli ambiti territoriali che davano diritto all’incentivo.
Non è in contestazione che l’art. 8 L. 388/2000, al comma 2, secondo capoverso, richiedesse che i nuovi investimenti agevolati dovessero essere destinati a strutture produttive già esistenti o che fossero ex novo impiantate nei territori de quibus ammessi alla fruizione del beneficio. Tale presupposto, a parere dell’Ufficio, non è mai stato verificato né verificabile in capo alla D.S. s.r.l. che quindi avrebbe portato a deduzione dei crediti su investimenti effettuati fuori dalla proiezione della norma agevolativa.
2. La società contribuente ricorreva alla CTP di Sassari contestando la ricostruzione fattuale operata dall’Ufficio che resisteva difendendo il proprio operato. La sentenza di primo grado, sfavorevole alla contribuente, veniva da questa impugnata alla CTR Sardegna – Sez. staccata di Sassari, che confermava il giudizio, motivando come scopo della norma agevolativa fosse quello di favorire investimenti sul territorio specifico, presso sedi operative già esistenti o di nuovo impianto da parte dell’imprenditore, mentre non si rinveniva nel territorio di Olbia alcuna struttura produttiva della D.S. s.r.l.: non vi era una sede, un ufficio, un locale per l’esercizio dell’attività commerciale, nessun contratto di fornitura per energia elettrica, acqua e telefono. I documenti societari erano depositati presso uno studio professionale, ma non si rinvenivano né beni materiali, né lavoratori dipendenti. Continuava la CTR precisando che la presenza in Sardegna -durante il periodo estivo- di un natante riferibile alla società contribuente non vale a dimostrare la presenza di una struttura produttiva a terra, di cui manca ogni traccia.
3. Ricorre per cassazione la società contribuente, resiste con controricorso l’Agenzia. In vista dell’udienza non sono state presentate memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la contribuente lamenta la falsa applicazione dell’art. 8, comma 2, della citata I. 388/2000, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. perché la C.T.R. ne avrebbe dato un’interpretazione difforme dall’orientamento di questa Corte.
Il motivo è infondato.
1.1. Il testo della norma (non modificato) recita: «Per nuovi investimenti si intendono le acquisizioni di beni strumentali nuovi di cui agli articoli 67 e 68 del testo unico delle imposte sui redditi […] destinati a strutture produttive già esistenti o che vengano impiantate nelle aree territoriali di cui al comma 1 […].»
Il riferimento è quindi ai beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive, sia esistenti che di nuova costituzione, ove l’interpretazione proposta dal contribuente (e riferita a questa Corte) attiene ad un’interpretazione di «struttura produttiva» in chiave economica più che materiale, dovendosi ritenere esistente una struttura produttiva anche nella sola esperienza lavorativa acquisita dal personale, che può costituire cessione di ramo d’azienda.
1.2. Deve rimarcarsi come la sentenza impugnata ben argomenti sull’assenza di qualsivoglia unità produttiva della ricorrente nei territori riferiti dalla norma agevolatrice, neppure sotto forma di insieme organizzato di dipendenti tale da costituire quel ramo d’azienda cui si riferisce l’argomentazione della ricorrente (p. 7 del ricorso). Al contrario, questa Corte ha mantenuto un orientamento aderente alla lettera del dato normativo, ritenendo necessaria all’interno dell’area svantaggiata di riferimento una presenza di struttura produttiva comunque riconoscibile e perdurante, pur nella varietà delle tipologie imprenditoriali (cfr. Cass. nn. 13422 del 30/6/2016; 16004 del 29/7/2015; 20411 del 26/9/2014).
2. Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. per omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione, per non essere stata argomentata la sussistenza della colpa nell’irrogazione della sanzione.
Il motivo è infondato.
2.1. Le sanzioni sono conseguenti alla contestazione di non aver mai avuto in precedenza, né mai aperto in costanza di investimento, alcuna struttura produttiva all’interno dell’area protetta dalla norma. Al contrario, risulta provato che in Sardegna vi fosse per un certo periodo la mera sede legale, presso uno studio professionale, mentre ogni attività fosse gerita nel vercellese. La norma di riferimento è il già citato articolo 8, comma 2, della I. n. 388/2000 che contiene il richiamo alla struttura produttiva esistente o da attivarsi. Tale comma non è stato oggetto di novellazione, per cui risulta sostanzialmente esatto e condivisibile il riferimento nella sentenza impugnata alla coscienza della situazione sotto ogni aspetto ed alla volontarietà degli effetti, profili che superano la colpa professionale quantomeno per negligenza ed imprudenza dell’amministratore e, comunque, per violazione di ordini, regole e discipline in rapporto al già citato disposto normativo.
3. Col terzo viene riproposta la medesima doglianza sotto forma di violazione o falsa applicazione dell’art. 5 d.lgs. n. 472 del 18/12/1997 e 13 d.lgs. n. 471 del 18/12/1997.
Segnatamente, viene eccepito che la sentenza impugnata, nel dare per provata la colpa che è necessaria per irrogare una sanzione amministrativa – tributaria, abbia violato le suddette norme che richiedono l’evidenza del momento soggettivo, quale elemento costitutivo dell’illecito tributario.
Il motivo è inammissibile ove impone una nuova valutazione del fatto, è infondato nella censura del parametro di cui all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.
In verità gli invocati disposti normativi richiamano la sufficienza della colpa per integrare nel concreto la fattispecie sanzionatola. E sotto questo profilo non si rinviene errore interpretativo perché il giudice di appello ha congruamente motivato in ordine all’esistenza dell’elemento psicologico nella forma più intensa, rispettando l’art. 5 precitato nella violazione del predetto art. 8, comma 2, I. n. 388/2000, mai soggetto a novellazione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e conferma la sentenza impugnata.
Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese che liquida in euro ottomilacinquecento, oltre a spese prenotate a debito.
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