La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 5467 depositata il 4 febbraio 2014 intervenendo in tema di omesso versamento dei tributi ha affermato che il mancato versamento delle imposte dovute da parte dell’imprenditore non può essere giustificato dallo stato di crisi di liquidità in cui versa l’azienda, anche se in astratto non è possibile escludere l’assenza di dolo o l’assoluta impossibilità di assolvere all’obbligazione tributaria qualora venga provato che il medesimo stato di crisi non sia imputabile al contribuente e che detta crisi non possa essere stata adeguatamente fronteggiata tramite il ricorso, da parte dell’imprenditore, a idonee misure da valutarsi in concreto.
La vicenda ha visto protagonista l’amministratore di una s.r.l. al quale veniva contestato il reato di cui all’articolo 10 bis d. Igs. 10 marzo 2000, n. 74 per non aver versato entro i termini previsto per la dichiarazione annuale di sostituto d’imposta, ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata dai sostituti d’imposta. Il Tribunale condannava l’amministratore per il reato a lui ascritto. L’imputato impugnava la decisione del giudice di prime cure dinanzi alla Corte di Appello i cui giudici, però, confermarono la sentenza impugnata. I giudici territoriali evidenziavano che l’addebito non poteva ritenersi escluso, per difetto di dolo o per forza maggiore, in considerazione del fatto che la condotta omissiva era stata determinata da carenza di liquidità, a sua volta provocata dall’inadempienza dell’azienda sanitaria locale nel pagamento di somme di cui la società era creditrice.
Per la cassazione della sentenza del giudice di seconde cure l’imputato, per il tramite del proprio difensore, proponeva ricorso, basato su unico motivo di censura, alla Corte Suprema. Il ricorrente ribadiva tale circostanza evidenziando in buona sostanza l’assenza di dolo e che, presso vari tribunali di merito, era ora riconosciuta la non colpevolezza in casi come quelli oggetto del procedimento. Era ancora eccepito che in ogni caso doveva essere riconosciuta la causa di forza maggiore in considerazione proprio dell’assenza di liquidità dovuta ai mancati pagamenti da parte degli enti pubblici.
Gli Ermellini rigettano il ricorso dell’imputato. I giudici di legittimità hanno effettuato un’attenta disamina della pronuncia delle sezioni unite penali sul punto (sent. 37425/2013) che pur nella loro rigorosa interpretazione volta ad escludere l’assenza di dolo per la mancanza di liquidità dell’azienda, sembrava offrire una minima apertura ove il contribuente dimostrasse, circostanza per nulla semplice, oltre alla citata crisi di liquidità anche che l’omesso versamento non fosse dipeso da una scelta dell’imprenditore.
Con la sentenza in esame i giudici del Palazzaccio hanno affermato che l’imprenditore, per escludere la sua colpevolezza, deve provare, in sostanza, di aver avuto l’accortezza e la diligenza di accantonare le risorse necessarie e di aver posto in essere tutte le possibili azioni per far fronte allo stato di crisi e di liquidità che non gli ha permesso, nonostante ciò e indipendentemente dalla sua volontà, di adempiere all’obbligazione tributaria.
Occorre, in particolare che non sia stato altrimenti possibile per l’imprenditore reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntale adempimento delle obbligazioni tributarie pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare, in presenza di una improvvisa crisi di liquidità, le somme necessarie ad assolvere il debito erariale senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e ad egli non imputabili
In sostanza nei casi di delitti di omesso versamento non si può escludere in astratto l’assenza di dolo o l’assoluta impossibilità di assolvere all’obbligazione tributaria per la crisi di liquidità. E’ però necessario provare: a) la non imputabilità all’imprenditore della crisi che avrebbe improvvisamente investito l’azienda; b) che detta crisi non possa essere stata adeguatamente fronteggiata tramite il ricorso, da parte dell’imprenditore, ad idonee misure da valutarsi in concreto. Dette circostanze devono essere valutate in modo insindacabile dal giudice di merito.
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