ORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 10 dicembre 2019, n. 32212
Tributi – Reddito d’impresa – Accertamento – Mancata esibizione del dettaglio delle giacenze di magazzino in fase di contraddittorio amministrativo – Accertamento analitico-induttivo – Legittimità – Anomalia tra costo del venduto e ricavi dichiarati
Fatti di causa
1. La Commissione tributaria regionale per il Lazio in Roma, in riforma della decisione di primo grado, ha respinto l’impugnazione proposta dalla F.I.R.R. di F. I., F. E. e R. M. s.n.c., nonché dai soci R. M., F. I. e F. E. avverso gli avvisi di accertamento relativi a maggior reddito a fini Irap e Iva accertato nei confronti della società e successivamente imputato prò quota ai soci per l’anno di imposta 2003.
2. Ha rilevato il giudice di appello che la società, in fase di contraddittorio amministrativo, non aveva esibito il dettaglio delle giacenze di magazzino, così legittimando l’accertamento analitico- induttivo, che aveva evidenziato un’anomalia tra il costo del venduto e i ricavi dichiarati, tenendo conto della percentuale media di ricarico.
3. Per la cassazione della citata sentenza la F.I.R.R. di F. I., F. E. e R. M. s.n.c., nonché i soci R. M., F. I. e F. E. proposto ricorso sulla base di tre motivi; l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
Ragioni della decisione
1. Il ricorso lamenta:
a. Primo motivo: «Violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e 15 DPR 09/12/1996 n. 695 in relazione all’art. 360 comma 1A n. 3) c.p.c.» deducendo che la CTR avrebbe erroneamente ritenuto obbligatoria la tenuta della contabilità di magazzino, peraltro ricavabile anche dal bilancio civilistico depositato.
b. Secondo motivo: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 39 comma 1A lett. D) DPR 29/09/1973 n. 600 3 degli artt. 2727 e 2729 cod. civ. in relazione all’art. 360 comma 1A n. 3) c.p.c.» deducendo l’erroneità dell’applicazione nella specie della prova presuntiva ricavabile dalle percentuali medie di ricarico del settore merceologico di riferimento.
c. Terzo motivo: «Omessa e comunque insufficiente e contradditoria motivazione della sentenza circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 comma 1A n. 5) c.p.c.» deducendo l’omessa considerazione dell’erroneità delle modalità di calcolo adottate dall’Ufficio per la determinazione delle percentuali di ricarico, con particolare riferimento all’omesso confronto con esercizi commerciali contigui, all’omessa considerazione dell’incidenza della chiusura del locale commerciale a dicembre 2003 e alla regolare tenuta delle scritture contabili.
2. L’Agenzia delle Entrate argomenta nel controricorso l’infondatezza del ricorso, di cui chiede il rigetto.
3. Il ricorso va respinto.
4. Il primo motivo è infondato. L’obbligo di tenuta delle scritture contabili è connesso alla qualità commerciale dell’attività di impresa gestita in forma societaria (art. 2195 cod. civ.). La sentenza impugnata fonda la legittimità dell’accertamento induttivo operato dall’Ufficio sulla riferita circostanza della mancata collaborazione della contribuente nella fase amministrativa, laddove è stata omessa la produzione della richiesta documentazione attestante l’entità delle giacenze di magazzino. Tale essendo la ratio della motivazione, la censura in esame finisce per essere eccentrica rispetto a essa, non rilevando punto l’obbligo o meno di tenuta del registro di magazzino; la contribuente aveva il potere-dovere di collaborare in fase amministrativa, producendo la documentazione idonea a dimostrare quanto richiesto all’Ufficio procedente; l’omissione di tale attività ha legittimato l’accertamento induttivo: e su tale effetto i ricorrenti non muovono contestazione alcuna.
5. Il secondo e il terzo motivo sono inammissibili poiché non contestano in effetti errori nell’applicazione di legge o nell’esame di fatti processualmente acquisiti, bensì tendono a far compiere a questa Corte un’inammissibile riedizione del giudizio di merito, in presenza di una motivazione che dà conto in maniera comprensibile e logica della validità dell’accertamento presuntivo effettuato dall’Amministrazione fiscale, sulla base dell’esame delle prove acquisite agli atti del processo.
6. La soccombenza regola le spese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la F.I.R.R. di F. I., F. E. e R. M. s.n.c., nonché i soci R. M., F. I. e F. E. a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese della presente fase di legittimità, che liquida in euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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