AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 25 agosto 2020, n. 268
Articolo 11, comma 1, lett.a), legge 27 luglio 2000, n.212 – Pagamento con mezzo diverso dalla carta di credito – Onere monetario aggiuntivo – Profili IVA e imposte dirette.
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
ALFA S.p.A. (di seguito, “Società”, “Istante” o “Contribuente”) rappresenta di essere titolare di una rete di poliambulatori medici che erogano, tra le altre, prestazioni sanitarie, fatturate in regime di esenzione da IVA ai sensi dell’articolo 10, primo comma, n. 18) del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (di seguito “Decreto IVA”).
Da marzo 2020 la Società ha iniziato ad addebitare, con separata indicazione in fattura, un onere monetario aggiuntivo pari ad Euro 5,00 (di seguito, “onere aggiuntivo”) per tutte le prestazioni sanitarie fatturate in regime di esenzione da IVA ai sensi del citato articolo 10, primo comma, n. 18), quando il paziente non provvede al pagamento del corrispettivo con carta di credito, previamente registrata sul suo sito.
Di conseguenza, qualora i pazienti decidano di effettuare il pagamento della prestazione sanitaria con mezzo diverso dalla carta di credito (ad esempio in contanti o tramite bancomat), l’Istante addebiterà, con separata indicazione in fattura, l’Onere aggiuntivo di Euro 5,00, in aggiunta alla prestazione fatturata in esenzione da IVA.
Ciò premesso, la Società chiede di conoscere se l’onere aggiuntivo:
a) possa qualificarsi, ai fini IVA, quale prestazione accessoria, ai sensi dell’articolo 12 del Decreto IVA, alla prestazione sanitaria ordinariamente soggetta al regime di esenzione ai sensi dell’articolo 10, primo comma, n. 18) dello stesso Decreto;
b) possa qualificarsi in capo ai pazienti come costo accessorio della spesa sanitaria e come tale detraibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) ai sensi dell’articolo 15, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (di seguito, “TUIR”). Ciò al fine di adempiere correttamente agli obblighi di trasmissione telematica dei dati al Sistema Tessera Sanitaria di cui al decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
Con riferimento al primo quesito, la Società ritiene che l’onere aggiuntivo possa essere considerato come remunerazione di una prestazione unica dal punto di vista economico, con la conseguente estensione del regime di esenzione ai fini IVA ordinariamente applicato alle prestazioni sanitarie.
A supporto, il Contribuente richiama l’articolo 78, comma 1, lettera b), della direttiva 28 novembre 2006, n. 2006/112/CE (in seguito, “Direttiva IVA”) e la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE in materia, evidenziando i criteri in base ai quali l’accessorietà si sostanzia in un legame fra l’operazione accessoria e quella principale.
In particolare, l’Istante rileva il nesso di condizione necessaria con il quale la prima risulta secondaria e collegata alla seconda a tal punto che l’operazione accessoria non possa prescindere da quella principale. Richiamando ancora la giurisprudenza comunitaria, mette in evidenza come il criterio di funzionalità della prestazione accessoria sia elemento necessario e identificativo del legame con la prestazione principale. Rileva che il profilo dirimente dell’accessorietà risulta il collegamento causale e il rapporto di mezzo a fine che deve caratterizzare il legame con la prestazione principale.
Nella sentenza del 2 dicembre 2010, causa C-276/09, riguardante l’onere accessorio addebitato da un’impresa di telefonia mobile ai clienti nel caso di pagamento con carta di credito, che il Contribuente ritiene affine al caso di specie, la Corte di Giustizia UE ha statuito che: “dal punto di vista del cliente, la prestazione di servizi di gestione dei pagamenti, asseritamente fornita dal prestatore di servizi con determinate modalità (…) deve essere considerata ai fini dell’IVA, come accessoria alla prestazione principale di servizi di telecomunicazioni” (punto 30).
L’Istante richiama, inoltre, i principi stabiliti nella risoluzione dell’11 febbraio 1998, n. 6: “Per la sussistenza del rapporto di accessorietà è necessaria, ma non sufficiente, la convergenza di tutte le prestazioni nella direzione della realizzazione di un unico obiettivo (….) E’ altresì necessario (…) un nesso di dipendenza funzionale delle prestazioni accessorie rispetto alla prestazione principale. Occorre in particolare che le prestazioni accessorie siano effettuate proprio per il fatto che esiste una prestazione principale, in combinazione con la quale possono portare ad un determinato risultato perseguito.
Conclusivamente, sono accessorie solo le operazioni poste in essere dal medesimo soggetto in necessaria connessione con l’operazione principale alla quale, quindi, accedono e che hanno, di norma, la funzione di integrare, completare o rendere possibile la detta prestazione o cessione principale”.
Stessi principi sono stati riportati nella risposta all’interpello del 5 luglio 2019, n. 225 oltre che nelle risoluzioni del 1° agosto 2008, n. 337 e del 15 luglio 2002, n. 230. Con riferimento al secondo quesito, l’Istante ritiene che l’onere aggiuntivo possa qualificarsi come costo accessorio alla prestazione sanitaria e, come tale, sia detraibile ai sensi dell’articolo 15, comma 1, lettera c) , del TUIR e dunque oggetto di comunicazione al Sistema Tessera Sanitaria. A supporto di questa conclusione l’istante richiama quanto chiarito dall’Agenzia delle entrate nella circolare n. 13/E dell’11 maggio 2019 relativamente all’imposta di bollo dovuta per le prestazioni sanitarie esenti da IVA di importo superiore ad euro 77,47.
Parere dell’agenzia delle entrate
Riguardo al quesito sub a), si osserva che per l’articolo 13, comma 1, del Decreto IVA: “La base imponibile delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi è costituita dall’ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al cedente o prestatore secondo le condizioni contrattuali, compresi gli oneri e le spese inerenti all’esecuzione (…)”.
Il precedente articolo 12 stabilisce che: “Il trasporto, la posa in opera, l’imballaggio, il confezionamento, la fornitura di recipienti o contenitori e le altre cessioni o prestazioni accessorie ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi, effettuati direttamente dal cedente o prestatore ovvero per suo conto e a sue spese, non sono soggetti autonomamente all’imposta nei rapporti fra le parti dell’operazione principale.
Se la cessione o prestazione principale è soggetta all’imposta, i corrispettivi delle cessioni o prestazioni accessorie imponibili concorrono a formarne la base imponibile”.
Il principio di accessorietà appena riportato comporta che i corrispettivi relativi alle operazioni accessorie, per tali intendendosi quelli dovuti in relazione alle operazioni che assumono una posizione secondaria e subordinata rispetto all’operazione principale, concorrono a formare la base imponibile di quest’ultima, anche se addebitati separatamente dal prezzo pattuito per l’operazione principale [cfr. articolo 78, paragrafo 1, lettera b), Direttiva IVA].
Ai fini IVA, secondo la Corte di Giustizia UE “Una prestazione è considerata accessoria ad una prestazione principale in particolare quando costituisce per la clientela non già un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore” (cfr. Corte di Giustizia UE, sentenza 18 gennaio 2018, causa C-463/16; sentenza del 25 febbraio 1999 causa C-349/96; sentenza del 19 luglio 2012, causa C-44/11; sentenza del 16 aprile 2015 causa C- 42/14, sentenza dell’8 dicembre 2016, causa C-208/15 e risoluzione Agenzia delle entrate del 1° agosto 2008, n. 337).
Non ha importanza il fatto che sia pattuito un unico prezzo, seppure la Corte rileva come tale eventualità possa costituire un indizio dell’unicità della fornitura. Ciò che rileva è la finalità per cui l’operazione è conclusa e l’esame di tale finalità va compiuto sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo, valutando cioè se l’operazione di per sé ha la funzione di integrare la prestazione principale, migliorando le condizioni per usufruire della stessa, e se nell’intenzione delle parti l’operazione non persegua un fine autonomo.
Il caso in esame presenta evidenti analogie con quello risolto dalla sentenza della Corte di Giustizia del 2 dicembre 2010, causa C-276/09.
In tale sede, la Corte di Giustizia ha statuito che le spese supplementari non costituiscono il corrispettivo di una prestazione di servizi distinta ed indipendente dalla prestazione di servizi principale, dopo aver, tra l’altro, premesso che “il ricevimento di un pagamento e la gestione di quest’ultimo sono intrinsecamente connessi ad ogni prestazione di servizi fornita a titolo oneroso” (punto 28). Tutto ciò considerato, con riferimento al caso di specie, si concorda con l’Istante nel ritenere che per i clienti sprovvisti di carta di credito, l’onere aggiuntivo costituisce il mezzo necessario per usufruire delle prestazioni sanitarie fatturate in regime di esenzione da IVA dalla Società, qualificandosi così, ai sensi dell’articolo 12 del Decreto IVA fini IVA, quale prestazione accessoria alla prestazione sanitaria, di cui ne mutua il regime di esenzione.
Con riferimento al sub b), si fa preliminarmente presente che l’articolo 1, comma 679, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, dispone che, a decorrere dal 1° gennaio 2020 «Ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, la detrazione dall’imposta lorda nella misura del 19 per cento degli oneri indicati nell”articolo 15 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.917, e in altre disposizioni normative spetta a condizione che l’onere sia sostenuto con versamento bancario o postale ovvero mediante altri sistemi di pagamento previsti dall’articolo 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241». Il successivo comma 680 della legge di bilancio 2020 prevede che «La disposizione di cui al comma 679 non si applica alle detrazioni spettanti in relazione alle spese sostenute per l’acquisto di medicinali e di dispositivi medici, nonché alle detrazioni per prestazioni sanitarie rese dalle strutture pubbliche o da strutture private accreditate al Servizio sanitario nazionale».
Il citato comma 679, dunque, condiziona la detraibilità, prevista nella misura del 19 per cento, degli oneri di cui all’articolo 15 del TUIR e in altre disposizioni normative, all’effettuazione del pagamento mediante «versamento bancario o postale» ovvero mediante i sistemi di pagamento previsti dall’articolo 23 del d.lgs 241 del 1997, il quale fa riferimento a carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari e circolari ovvero «altri sistemi di pagamento».
L’indicazione contenuta nella norma circa gli altri mezzi di pagamento tracciabili ammessi per aver diritto alla detrazione deve essere intesa come esplicativa e non esaustiva.
Ai fini che qui interessano, in assenza del decreto di attuazione previsto dal citato d.lgs. n. 241 del 1997, si ritiene, in linea con quanto già precisato con la Risoluzione n. 108/E del 3 dicembre 2014, in materia di erogazioni liberali ai partiti politici, che «altri mezzi di pagamento» siano quelli che «garantiscano la tracciabilità e l’identificazione del suo autore al fine di permettere efficaci controlli da parte dell’Amministrazione Finanziaria».
Per effetto della deroga recata dal citato comma 680, resta ferma la possibilità di effettuare pagamenti con modalità diverse da quelle appena descritte, senza perdere il diritto alla detrazione, per l’acquisto di medicinali, dispositivi medici e per prestazioni sanitarie rese dalle strutture pubbliche o da strutture private accreditate al Servizio sanitario nazionale.
Ciò posto si evidenzia che se l’attività della Società non è svolta in convenzione con il SSN, al fine di fruire della detrazione prevista per le spese sanitarie, i contribuenti dovranno pagare le relative prestazioni con le modalità tracciate suddette. Con riferimento, invece, allo specifico quesito posto nell’istanza circa la detraibilità del costo accessorio addebitato al paziente si precisa quanto segue. L’articolo 15, comma 1, lettera c) del TUIR prevede la detraibilità dall’imposta lorda ai fini IRPEF, pari al 19 per cento, delle spese sanitarie, ivi comprese, tra le altre, quelle per prestazioni specialistiche o di assistenza specifica. Per l’individuazione delle spese sanitarie che danno diritto alle detrazioni in parola, occorre fare riferimento ai provvedimenti del Ministero della Salute che contengono l’elenco delle specialità farmaceutiche, delle protesi e delle prestazioni specialistiche.
Al fine di evitare abusi delle agevolazioni in questione, nei documenti di prassi (cfr., da ultimo, circolare n. 19/E dell’8 luglio 2020) è stato più volte affermato che sono ammesse alla deduzione o alla detrazione solo le spese per prestazioni di natura sanitaria, rispondenti a trattamenti sanitari qualificati finalizzati alla cura di una patologia, effettuati da medici o da personale abilitato dalle autorità competenti in materia sanitaria.
Non sono deducibili o detraibili le spese sostenute per prestazioni non necessarie per un recupero della normalità sanitaria e funzionale della persona ma tese semplicemente a rendere più gradevole l’aspetto personale o a migliorare il benessere psicofisico della persona (cfr., da ultimo, circolare n. 13/E del 2019). In considerazione di quanto sopra, si ritiene che l’onere aggiuntivo addebitato in fattura per le prestazioni sanitarie fatturate in regime di esenzione da IVA ai sensi del citato articolo 10, primo comma, n. 18), quando il paziente non provvede al pagamento del corrispettivo con carta di credito previamente registrata sul sito dell’Istante, sia un onere amministrativo (come, ad esempio la spesa sostenuta per la richiesta della cartella clinica) e come tale non avendo natura sanitaria non può fruire della predetta detrazione prevista dall’articolo 15, comma 1, lettera c) del TUIR.
Inoltre, non si ritiene pertinente il richiamo effettuato dall’Istante alla circolare n. 13/E dell’11 maggio 2019, nella parte in cui chiarisce che l’importo delle spese sanitarie “da indicare nei diversi righi è comprensivo di IVA o del costo del bollo applicato. L’imposta di bollo (attualmente pari a 2,00 euro) viene applicata sulle fatture esenti da IVA di importo superiore a euro 77,47 ed è detraibile/deducibile quale onere accessorio, qualora sia stata esplicitamente traslata sul cliente ed evidenziata a parte sulla fattura (…)”.
Non è rinvenibile, infatti, un’assimilazione dell’imposta di bollo all’Onere aggiuntivo: l’imposta di bollo è dovuta ex lege da tutti i clienti della Società quando l’importo della fattura esente da IVA supera euro 77,47, mentre l’onere aggiuntivo è applicato per scelta aziendale dalla Società istante nei confronti dei suoi clienti che non effettuano il pagamento con carta di credito, a prescindere dall’importo.
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