La Corte di Cassazione sezione penale con la sentenza n. 44445 depositata il 4 novembre 2013 intervenendo in tema di reato per omesso versamento IVA ha affermato che in caso di patteggiamento per il reato di omesso versamento IVA, il giudice deve procedere alla confisca per equivalente dei beni per una somma pari all’importo dell’imposta evasa, che rappresenta il profitto del reato.
La vicenda ha riguardato un imprenditore che patteggiava per il reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 ter il Procuratore Generale ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza di patteggiamento limitatamente alla omessa applicazione della confisca. Il PM con l’unico motivo del ricorso lamentava la violazione di legge discendente dal fatto che, nonostante l’art. 322 ter c.p. – come richiamato dalla L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 143 – preveda la confisca dei beni che costituiscono il profitto del reato ovvero, quando essa non sia possibile, la confisca di beni per un valore corrispondente a quello di detto profitto, il Giudice abbia omesso di disporre la confisca relativamente al profitto coincidente, nella specie, con l’importo dell’Iva trattenuta.
Gli Ermellini accogliendo il ricorso del Procuratore Generale ha affermato che in materia tributaria, in caso di omesso versamento delle ritenute certificate, il profitto del reato in ordine al quale può essere disposta la confisca coincide con l’importo delle ritenute non versate e la confisca, ai sensi dell’art. 322-ter c.p., può essere disposta non solo in caso di condanna ma anche in caso di patteggiamento, ai sensi dell’art. 444 c.p.p, va ulteriormente precisato come la confisca per equivalente disciplinata dall’art. 322 ter c.p. operi comunque in via obbligatoria.
Inoltre per i giudici di legittimità l’obbligatorietà della confisca si desume sia dal dato testuale della norma che dalla natura sanzionatoria di essa. Infatti, per i giudici supremi, attraverso tale strumento si intende privare l’autore del reato di un qualunque beneficio economico derivante dall’attività criminosa, anche di fronte all’impossibilità di aggredire l’oggetto principale, nella convinzione della capacità dissuasiva e disincentivante della confisca, che in tal modo assume i tratti distintivi di una vera e propria sanzione, non commisurata né alla colpevolezza dell’autore del reato, né alla gravità della condotta.
Conclude la Corte osservando come, del resto, già le Sezioni Unite (Sez. U. n. 41936 del 25/10/2005, Muci, Rv. 232164) individuarono nella confisca per equivalente “una forma di prelievo pubblico a compensazione di prelievi illeciti” con conseguente “carattere eminentemente sanzionatorio” della stessa, che verrebbe così a costituire una pena secondo l’interpretazione fornitane dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo.
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