La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 8849 depositata il 3 aprile 2025, intervenendo in tema di validità del patto di prova nel rapporto di lavoro subordinato, ha riaffermato il principio di diritto secondo cui “la forma scritta necessaria, a norma dell’art. 2096 c.c., per il patto di assunzione in prova è richiesta ad substantiam e che tale essenziale requisito di forma, la cui mancanza comporta la nullità assoluta del patto di prova, deve sussistere sin dall’inizio del rapporto di lavoro, senza alcuna possibilità di equipollenti o sanatorie, potendo ammettersi solo la non contestualità della sottoscrizione di entrambe le parti prima della esecuzione del contratto, ma non anche la successiva documentazione della clausola mediante la sottoscrizione, originariamente mancante, di una delle parti, atteso che ciò si risolverebbe nella inammissibile convalida di un atto nullo, con sostanziale diminuzione della tutela del lavoratore (Cass. n. 21758/2010).”

La vicenda ha riguardato un dipendente di una società operante nel settore energetico. La datrice di lavoro notificava al lavoratore il licenziato per giustificato motivo oggettivo. Il dipendente impugnava il provvedimento di espulsione. Il Tribunale adito, in veste di giudice del lavoro, all’esito della fase c.d. sommaria il Tribunale dichiarava inefficace il licenziamento e disponeva la reintegra nel posto di lavoro e di corrispondergli un’indennità, ritenendo che le asserite dimissioni fossero in realtà un foglio firmato in bianco dal lavoratore ed abusivamente riempito dalla datrice di lavoro. All’esito dell’opposizione della società, con sentenza il Tribunale sostanzialmente confermava la sua precedente ordinanza, aggiungendo che in ogni caso le asserite dimissioni, a prescindere dal riempimento, erano comunque inefficaci in quanto rese nel mancato rispetto delle formalità di cui all’art. 4 L. n. 92/2012 ratione temporis applicabile. La Corte d’Appello accoglieva il gravame interposto dalla società, rigettava le domande proposte dal lavoratore. Avverso tale sentenza il dipendente proponeva ricorso per cassazione, affidato a sei motivi.

I giudici di legittimità accoglievano primo, terzo e quarto motivo, dichiaravano inammissibili il secondo e (in parte) il quinto, assorbiti il quinto (nella restante parte) ed il sesto; cassa la sentenza impugnata e rinviavano alla Corte d’Appello.

Per gli Ermellini in tema di contratti per i quali la legge richiede la forma scritta ad substantiam, la produzione in giudizio di una scrittura privata a cura di chi non l’aveva sottoscritta (nel caso di specie dalla società datrice di lavoro) costituisce equipollente della mancata sottoscrizione contestuale. Tuttavia questa Corte ha pure precisato che tale perfezionamento si verifica soltanto ex nunc ossia al momento in cui avviene la produzione di quella scrittura privata in giudizio (Cass. n. 1525/2018; Cass. n. 5919/2016).

Ne consegue che al momento dell’inizio del rapporto di lavoro non vi era un valido patto di prova a causa della sua mancata sottoscrizione da parte del datore di lavoro, a nulla rilevando la sua successiva sottoscrizione (per effetto della produzione in giudizio dell’atto firmato ma privo di data certa anteriore o almeno contestuale all’inizio del rapporto), con la conseguenza che il detto rapporto deve intendersi costituito ab origine come contratto a tempo indeterminato