La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 21860 depositata il 31 maggio 2024, intervenendo in tema di bancarotta fraudolente sull’alternativamente delle condotte di distruzione, occultamento, distrazione, dissipazione e dissimulazione, ha affermato i seguenti principi di diritto secondo cui “… in tema di bancarotta fraudolenta, poiché le condotte di distruzione, occultamento, distrazione, dissipazione e dissimulazione sono alternativamente previste dalla norma, non si incorre né in una nullità per violazione dell’art. 429 cod. proc. pen. né in una violazione dell’art. 522 cod. proc. pen. nel caso in cui la condanna riguardi una sola delle condotte di bancarotta fraudolenta patrimoniale alternativamente ascritte, essendo tale forma di contestazione ragione di maggiore garanzia per l’imputato, posto in tal modo nella condizione di conoscere esattamente le linee direttrici sulle quali si svilupperà il dibattito processuale e, quindi, di esercitare in maniera più consapevole il diritto di difesa.
(…)
il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione è reato di pericolo, le condotte distrattive, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, assumono rilievo in qualsiasi momento siano state commesse, sia quando ancora l’impresa non versava in condizioni di insolvenza, sia anche se si tratti del primo atto gestorio di una nuova impresa, se tale operazione risulti fattore genetico di un ingiustificato e radicale squilibrio fra attività e passività che inciderà in modo irreversibile sulla vita della società e sulla garanzia per i creditori futuri.…”
La vicenda ha riguardato il legale rappresentante di una società fallita, gravata di ingenti debiti verso il fisco, che aveva, prima del fallimento, costituito una new-co in cui era confluito il ramo di azienda della società fallita. Il valore della cessione veniva, dai giudici di merito, ritenuto decisamente maggiorato, in quanto l’avviamento ceduto. e calcolato in 250mila euro risultava, oltremodo sovrastimato, avendo la società fallita avuto perdite continuative, che si accumulavano erodendo il patrimonio anno dopo anno, cosicché certamente la società cedente non aveva le caratteristiche di positività di gestione. L’imputato avverso la decisione dei giudici di merito proponeva ricorso in cassazione fondato su tre motivi.
I giudici di legittimità rigettavano il ricorso.
Per gli Ermellini premettono che “… non viola il principio di correlazione con l’accusa la sentenza che condanni l’imputato del reato di bancarotta fraudolenta per una delle condotte alternativamente previste dalla norma incriminatrice e diverse da quella indicata in imputazione, purché quest’ultima contenga la descrizione, anche sommaria, del comportamento addebitato (Sez. 5, n. 37920 del 05/07/2010, Gironi, Rv. 248505 – 01). Tale principio rassicura ancor più rispetto al caso in esame, nel quale la contestazione è formulata in modo alternativo, ricomprendendo le condotte di distrazione, dissipazione e di distruzione: ciò non determina alcuna nullità del decreto che dispone il giudizio poiché tutte le condotte della bancarotta fraudolenta patrimoniale – di distruzione, occultamento, distrazione, dissipazione e dissimulazione – sono altrettanto alternativamente previste dalla norma (Sez. 5, n. 46204 del 10/11/2004, Gatto, Rv. 230386 – 01). D’altro canto, la contestazione alternativa consente il pieno esercizio del diritto di difesa, in quanto in presenza di una condotta dell’imputato tale da richiedere un approfondimento dell’attività dibattimentale per la definitiva qualificazione dei fatti contestati, è legittima la contestazione di imputazioni alternative, costituite dall’indicazione di più reati o di fatti alternativi, in quanto tale metodo, ponendo l’imputato nella condizione di conoscere esattamente le linee direttrici sulle quali si svilupperà il dibattito processuale, risponde ad un’esigenza della difesa (Sez. 3, n. 46880 del 11/07/2023, Bottiglieri, 285378 – 01; mass. conf. N. 10109 del 2007 Rv. 236107 – 01, N. 2112 del 2008 Rv. 238636 – 01, N. 38245 del 2004 Rv. 230373 – 01, N. 51252 del 2014 Rv. 262121 – 01). …”
Indici di fraudolenza
In ordine all’accertamento del presupposto oggettivo del reato di bancarotta fraudolente i giudici della Corte Suprema hanno ricordato il consolidato principio secondo cui “… in tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, l’accertamento dell’elemento oggettivo della concreta pericolosità del fatto distrattivo e del dolo generico deve valorizzare la ricerca di “indici di fraudolenza”, rinvenibili, ad esempio, nella disamina della condotta alla luce della condizione patrimoniale e finanziaria dell’azienda, nel contesto in cui l’impresa ha operato, avuto riguardo a cointeressenze dell’amministratore rispetto ad altre imprese coinvolte, nella irriducibile estraneità del fatto generatore dello squilibrio tra attività e passività rispetto a canoni di ragionevolezza imprenditoriale, necessari a dar corpo, da un lato, alla prognosi postuma di concreta messa in pericolo dell’integrità del patrimonio dell’impresa, funzionale ad assicurare la garanzia dei creditori, e, dall’altro, all’accertamento in capo all’agente della consapevolezza e volontà della condotta in concreto pericolosa (Sez. 5, n. 38396 del 23/06/2017 – dep. 01/08/2017, Sgaramella e altro, Rv. 27076301; si richiama agli indici di fraudolenza anche Sez. 5, n. 12052 del 19/01/2021, Rv. 280898 – 01). …”
Distinzione tra condotta distrattiva e dissipativa
I giudici di piazza Cavour precisano che la condotta distrattiva “… si concreta in un distacco dal patrimonio sociale di beni cui viene data una destinazione diversa da quella di garanzia dei creditori, non rilevando se in quel momento l’impresa versi in stato di insolvenza, mentre la “dissipazione” consiste nell’impiego dei beni in maniera distorta e fortemente eccentrica rispetto alla loro funzione di garanzia patrimoniale, per effetto di consapevoli scelte radicalmente incongrue con le effettive esigenze dell’azienda, avuto riguardo alle sue dimensioni e complessità, oltre che alle specifiche condizioni economiche ed imprenditoriali sussistenti (Sez. 5, n. 7437 del 15/10/2020, dep. 25/02/2021, Cimoli, Rv. 280550 – 02). …”
Diversamente dalla condotta distrattiva, i giudici della Suprema Corte, hanno precisato che “… la dissipazione consista in un «distruggere giuridicamente o economicamente un bene per scopi estranei all’impresa, con atti a titolo gratuito o oneroso o con veri e propri atti di derelizione o di abdicazione; sicché tale condotta deve ravvisarsi non solo nelle ipotesi usuali di destinazione voluttuaria conseguente al vizio al gioco, ad avventure galanti e simili, ma anche nella preordinata dispersione di ingenti somme, in conseguenza di una lunga serie di vendite di merce a prezzo inferiore a quelle di acquisto (Cass., Sez. 5, n. 5850 del 21/03/1979 – dep. 26/06/1979, Gilli, Rv. 142343)». …”
Correlazione temporale, fra la condotta distrattiva e la dichiarazione di fallimento
Sul punto la sentenza in commento ha precisato che le Sez. U, con la sentenza n. 22474 del 31/03/2016 hanno chiarito che “… ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento, essendo sufficiente che l’agente abbia cagionato il depauperamento dell’impresa, destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività; in motivazione ha precisato anche che i fatti di distrazione, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, assumono rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando ancora l’impresa non versava in condizioni di insolvenza.
In sostanza quanto all’evocato fattore cronologico, poiché il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è reato di evento ma di pericolo e non rileva, quindi, il nesso causale, una condotta distrattiva -depauperante la garanzia patrimoniale ed estranea all’interesse della società –integra il pericolo anche in prospettiva futura per il ceto creditorio.
Il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione è infatti reato di pericolo (ex multis, Sez. 5, n. 11633 del 8 febbraio 2012, Lombardi Stronati, Rv. 252307), nel senso che, essendo l’oggetto della tutela identificabile nell’interesse dei creditori all’integrità dei mezzi di garanzia, l’art. 216 legge fall. prende in considerazione non solo la sua effettiva lesione dovuta al cagionamento di un danno al ceto creditorio – che non è elemento costitutivo della fattispecie tipizzata – bensì anche il pericolo conseguente alla mera possibilità che questo si verifichi (Sez. 5, n. 3229/13 del 14 dicembre 2012, Rossetto e altri, Rv. 25393 ; Sez. 5, n. 21846 del 13 febbraio 2014, Bergamaschi, Rv. 260407; Sez. 5, n. 35093 del 4 giugno 2014, P.G. in proc. Sistro, Rv. 261446). …”
Sussistenza del dolo generico
Sul punto il Supremo consesso, nella sentenza che si commenta, ha precisato che “… la sussistenza del dolo necessario per la configurabilità della bancarotta patrimoniale, quello generico, integrato dalla volontà di distaccare il bene oggetto di distrazione dal patrimonio della fallita – che consiste anche nel denaro utilizzato per saldare i debiti delle altre società e a seguito della sopravalutazione del ramo di azienda – nella prevedibilità del pericolo che tale operazione può determinare per gli interessi dei creditori. In altri termini, è sufficiente che la condotta di colui che pone in essere o concorre nell’attività distrattiva sia assistita dalla consapevolezza che le operazioni che si compiono sul patrimonio sociale siano idonee a cagionare un danno ai creditori, senza che sia necessaria l’intenzione di causarlo o che la finalità di determinarlo colori il dolo del reato come specifico (Sez. 5, n. 9807 del 13 febbraio 2006, Caimmi ed altri, Rv. 234232; ex multis, oltre che la citata S.U. Passarelli Rv. 266805, Sez. 5, n. 3229/13 del 14 dicembre 2012, Rossetto e altri, Rv. 253932; Sez. 5, n. 21846 del 13 febbraio 2014, Bergamaschi, Rv. 260407; Sez. 5, n. 35093 del 4 giugno 2014, P.G. in proc. Sistro, Rv. 261446). …”