In seguito delle modifiche apportate al comma 5 dell’art. 101 del TUIR, dall’art. 33, comma 5, del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla Legge 7 agosto 2012, n. 134, l’Agenzia delle Entrate fornisce nella circolare n. 26/E del 01 agosto 2013 i necessari chiarimenti riguardanti il trattamento fiscale applicabile alle nuove ipotesi di deducibilità fiscale delle perdite su crediti.
– l’articolo 101, comma 5, del TUIR indica i requisiti di natura probatoria al ricorrere dei quali sono deducibili, senza limiti, gli oneri derivanti dalla mancata esigibilità di crediti, o di parte di essi, divenuta “definitiva”;
– l’articolo 106 del TUIR stabilisce una misura forfetaria di deducibilità degli oneri derivanti dalla inesigibilità dei crediti che, se pur probabile, si presenta ancora come “potenziale”.La deducibilità fiscale degli oneri derivanti dalla inesigibilità definitiva dei crediti è disciplinata, in via generale, dalle disposizioni contenute nella prima parte del comma 5 dell’articolo 101 del TUIR.
La prima parte del comma 5 dell’articolo 101 del TUIR, secondo cui “le perdite su crediti sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi” costituisce la disposizione di riferimento ai fini della deduzione delle perdite su crediti per inesigibilità in tutti i casi in cui il debitore non risulta assoggettato a procedure concorsuali.
L’Agenzia detta alcune linee guida per individuare quando si è in presenza o meno di tali condizioni di deducibilità, distinguendo tra le perdite determinate tramite un processo valutativo interno e le perdite originatesi a seguito di un atto realizzativo.
La deducibilità è garantita in caso di una situazione oggettiva di insolvenza non temporanea del debitore, riscontrabile qualora la situazione di illiquidità finanziaria ed incapienza patrimoniale del debitore sia tale da fare escludere la possibilità di un futuro soddisfacimento della posizione creditoria (ad es. con decreto accertante lo stato di fuga, di latitanza o di irreperibilità del debitore, ovvero in caso di denuncia di furto d’identità da parte del debitore ex articolo 494 del codice penale o nell’ipotesi di persistente assenza del debitore ai sensi dell’articolo 49 del c.c.) e tutti i documenti attestanti l’esito negativo di azioni esecutive attivate dal creditore (es. verbale di pignoramento negativo o raccomandate con ricevuta di ritorno mediante le quali si sollecitava il pagamento).
Per quanto riguarda gli atti realizzativi idonei a produrre una perdita assoggettabile all’articolo 101, comma 5, del TUIR, l’Amministrazione ha indicato i seguenti:
– cessione del credito che comporta la fuoriuscita, a titolo definitivo, del credito dalla sfera giuridica, patrimoniale ed economica del creditore (ad esempio risultano verificate le condizioni di deducibilità di una perdita quando questa deriva dalla cessione di un credito a banche o altri intermediari finanziari vigilati, residenti in Italia o in Paesi che consentano un adeguato scambio di informazioni o quando si presenta d’ammontare non superiore alle spese che sarebbero state sostenute per il recupero, sempre che il creditore abbia esperito almeno un tentativo di recupero del credito – raccomandata di sollecito, ecc.);
– transazione con il debitore che comporta la riduzione definitiva del debito o degli interessi originariamente stabiliti quando motivata dalle difficoltà finanziarie del debitore stesso; in tal caso si ritengono verificate le condizioni di deducibilità della perdita ai sensi dell’articolo 101, comma 5, del TUIR quando il creditore e il debitore non sono parte dello stesso gruppo e la difficoltà finanziaria del debitore risulta documentata (ad esempio, dall’istanza di ristrutturazione presentata dal debitore oppure dalla presenza di debiti insoluti anche verso terzi);
– atto di rinuncia al credito: in tal caso la perdita rilevata matura in un contesto di unilateralità e può pertanto rappresentare un atto di liberalità indeducibile ai fini fiscali. Conseguentemente, si ritiene che la deducibilità ai sensi dell’articolo 101, comma 5, del TUIR di una perdita evidenziata a seguito di un atto formale di remissione o di rinuncia al credito possa essere riconosciuta solo se la stessa risulti inerente all’attività d’impresa (e non appaia quindi come una liberalità). Tale inerenza può ritenersi verificata, in linea di principio, se sono dimostrate le ragioni di inconsistenza patrimoniale del debitore o di inopportunità della azioni esecutive (cfr. Corte di Cassazione, sentenza n. 11329 del 29 agosto 2001).
Deducibilità delle perdite su crediti di modesta entità e la prevalente novità introdotta dal comma 5 dell’articolo 101 del TUIR, così come ora formulato a seguito dell’integrazione recata dall’art. 33, co. 5, del D.L. n. 83 del 2012, dispone, tra l’altro, che le perdite su crediti sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi. Gli elementi certi e precisi sussistono in ogni caso quando il credito sia di modesta entità e sia decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza di pagamento del credito stesso. Il credito si considera di modesta entità quando ammonta a un importo non superiore a 5.000 euro per le imprese di più rilevante dimensione e non superiore a 2.500 euro per le altre imprese.
L’amministrazione chiarisce che la modesta entità va individuata considerando il valore nominale del credito e prescindendo da eventuali svalutazioni effettuate in sede contabile e fiscale.
Laddove l’impresa sia subentrata nella titolarità del credito per effetto di atti traslativi, occorre far riferimento al corrispettivo riconosciuto in sede di acquisto del credito, essendo quest’ultimo il valore fiscalmente deducibile come perdita ai sensi dell’articolo 106, comma 2 del TUIR. Resta inteso che qualora il credito sia stato riscosso parzialmente dall’impresa creditrice, la verifica della modesta entità deve essere condotta assumendo il valore nominale del credito al netto degli importi incassati.
L’Agenzia delle Entrate specifica che la verifica del limite quantitativo della modesta entità deve essere effettuata considerando anche l’imposta sul valore aggiunto oggetto di rivalsa nei confronti del debitore.Non assumono rilevanza, invece, gli interessi di mora e gli oneri accessori addebitati al debitore in caso di inadempimento, poiché fiscalmente deducibili in maniera autonoma rispetto al valore del credito.
Ciò premesso, occorre rilevare come l’individuazione della modesta entità del credito assume connotati particolari nel caso in cui esistano più posizioni creditorie nei confronti del medesimo soggetto debitore.
Al riguardo, considerato il tenore letterale della norma l’Amministrazione ritiene che la verifica del limite quantitativo (2.500 euro o 5.000 euro se l’impresa è di più rilevanti dimensioni) debba essere effettuata in relazione al singolo credito corrispondente a ogni obbligazione posta in essere dalle controparti, indipendentemente dalla circostanza che, in relazione al medesimo debitore, sussistano al termine del periodo d’imposta più posizioni creditorie.
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