Con l’avvicinarsi della chiusura del periodo di imposta si avvicinano gli adempimenti occorrenti per poter dedurre dal reddito le perdite sui crediti da Unico 2014. Infatti in base alla normativa approvata ad adosto 2013 e la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 26/E del 2013 impongono alle imprese e società, per dedurre fiscalmente le perdite su credito, entro il 31 dicembre (per coloro il cui periodo di imposta coincide con l’anno solare) una serie di adempimenti, tra i più importanti in questa parte finale dell’esercizio, quelli relativi alle perdite che scaturiscono da atti realizzativi.
L’Agenzia ha precisato che costituiscono atti dispositivi idonei a produrre una perdita dedicibile, le cessioni di credito che comportano la fuoriuscita, a titolo definitivo (e dunque con clausola pro-soluto), del credito dalla sfera giuridico-patrimoniale del creditore, le transazioni con il debitore motivate dalle difficoltà finanziarie di quest’ultimo, che generano una riduzione definitiva dell’importo dovuto, ed infine le rinunce totali o parziali al credito. Tutti questi atti, per assumere rilevanza fiscale nel modello Unico 2014 (e dunque per poter ridurre il versamento dell’Ires di giugno del prossimo anno), devono essere perfezionati entro il 31 dicembre, possibilmente attribuendo data certa ai contratti, e consentire di provare la definitiva inesigibilità del credito.
Con riferimento alle cessioni di credito, la circolare 26/E ha precisato che i requisiti di deducibilità della perdita si ritengono verificati quando il cessionario è una banca o un altro intermediario finanziario abilitato, residente in Italia o in paesi white list, che non risulta far parte dello stesso gruppo dell’impresa cedente. In queste ipotesi, infatti, la valutazione del credito eseguita dall’istituto finanziario acquirente riflette con attendibilità l’ammontare effettivamente esigibile.
La perdita da cessione dei crediti rileva inoltre quando essa è di importo inferiore alle spese che si sarebbero sostenute per il recupero. Rispettando questi requisiti, dunque, con la cessione (definitiva e senza clausole di retrocessione o simili) del credito ritenuto inesigibile le società potranno assicurarsi la deduzione che altrimenti potrebbe essere messa in discussione da parte del fisco (si pensi, ad esempio, al caso di crediti sopra alle soglie di 2.500 euro per i quali non si ritiene di avviare azioni esecutive).
Resta salva l’applicazione della norma antielusiva (articolo 37-bis del Dpr 600/1973), in particolare quando la cessione che ha generato la perdita è stata fatta ad una società dello stesso gruppo.
La transazione con il debitore – sempre se definitiva e formalizzata entro la fine dell’esercizio – è in grado di far ottenere la deduzione quando il creditore e il debitore non sono dello stesso gruppo ed è documentata la difficoltà finanziaria del debitore (ad esempio attraverso l’esistenza di debiti insoluti verso terzi, e/o da piani di rientro stragiudiziali sottoposti ai creditori). La deduzione a seguito di rinuncia richiede infine che sia dimostrata l’inerenza e dunque l’inconsistenza patrimoniale del debitore.
Nel caso in cui la transazione o l’accordo che riconosce un minor credito non dipenda dall’insolvenza del debitore, ma da una contestazione sulla fornitura, essa genererà una sopravvenienza passiva che potrà dedursi (anche in questo caso occorre la formalizzazione entro fine anno) senza il previo utilizzo del fondo rischi su crediti e anche ai fini dell’Irap (principio di correlazione).
La definizione delle posizioni con atti sottoscritti entro fine anno serve anche a porre in deduzione altre tipologie di oneri (si pensi ad accordi con dipendenti, fornitori o agenti) che, altrimenti, sarebbero equiparati ad accantonamenti di bilancio, da dedurre nell’esercizio seguente. Va infatti ricordato che i fatti accaduti tra il 31 dicembre e la data di redazione del bilancio assumono, nell’esercizio chiuso, rilevanza civilistica ma non fiscale.
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