La Corte di Cassazione con la sentenza n. 14471 del 07 giugno 2013 ha statuito un nuovo principio in tema di comporto. Infatti secondo i giudici di legittimità il lavoratore ha la facoltà di sostituire alla malattia la fruizione delle ferie, maturate e non godute, allo scopo di sospendere il decorso del periodo di comporto, dovendosi escludere una incompatibilità assoluta tra ferie e malattia.
Gli Ermellini richiamano un proprio orientamento, chiarendo che il lavoratore ha la facoltà di sostituire alla malattia la fruizione delle ferie, maturate e non godute, allo scopo di sospendere il decorso del periodo di comporto, dovendosi escludere una incompatibilità assoluta tra ferie e malattia.
Si è osservato che in alcuni casi non sarebbe, dal punto di vista costituzionale, corretto precludere il diritto alle ferie in ragione delle condizioni psico-fisiche inidonee al loro pieno godimento. Infatti secondo tale interpretazione non opera, a causa della probabile perdita del posto di lavoro conseguente al superamento del comporto, il criterio della sospensione delle stesse e del loro spostamento al termine della malattia. In tale circostanze si renderebbe impossibile la effettiva fruizione delle ferie e che spetti poi al datore di lavoro, cui è generalmente riservato il diritto di scelta del tempo delle ferie, dimostrare, qualora sia stata presentata tale richiesta, di aver tenuto conto, nell’assumere la relativa decisione, del rilevante e fondamentale interesse del lavoratore ad evitare in tal modo la possibile perdita del posto di lavoro per scadenza del periodo di comporto
Pertanto, secondo il principio enunciato dalla Corte Suprema, il datore di lavoro non può rifiutare la ferie al dipendente in malattia che altrimenti supererebbe il periodo di comporto rischiando il licenziamento. I rapporti contrattuali infatti devono sempre essere improntanti ai principi di correttezza e buona fede reciproca e dunque tener conto del bilanciamento degli interessi in gioco, in questo l’interesse prevalente a non perdere il posto.
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