La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 2055 depositata il 30 gennaio 2014 intervenendo in materia di accertamento del rapporto di lavoro ha statuito che nell’ambito della normativa di cui alla decreto legge n. 299/1999 inerente i piani di inserimento professionale, ai fini dell’accertamento della sussistenza o meno di un rapporto di lavoro subordinato, grava sul datore di lavoro fornire la prova dell’assolvimento dell’obbligo di formazione del lavoratore e l’utilizzo effettivo del lavoratore all’interno dei progetti di inserimento. In mancanza di tale prova il rapporto di lavoro sarà considerato di natura subordinata.
La vicenda ha riguardato una lavoratrice, premesso di essere stata assunta da una Società Cooperativa in ambito di un piano di inserimento professionale, abbia svolto attività lavorativa a favore della cooperativa assistenziale prima dell’inizio del piano di inserimento professionale. Pertnato la lavoratrice si rivolgeva la Tribunale, in veste di giudice del lavoro, chiedendo che gli venisse corrisposta la differenze retributive tra quanto percepito e la retribuzione spettante, per le mansioni effettivamente svolte, in base alla contrattazione collettiva. Il Tribunale adito condannava la cooperativa al pagamento di quanto richiesto dalla lavoratrice.
Il giudice adito, rilevato che il rapporto di lavoro derivante dai piani di inserimento professionale è di tipo formativo con causa mista, analogamente a quanto previsto per il contratto di formazione e per l’apprendistato, e che dall’istruttoria svolta era emerso che la ricorrente aveva svolto le prestazioni lavorative al pari delle altre dipendenti della società, senza ricevere la necessaria formazione, riteneva che il rapporto fosse stato in realtà simulato, essendo connotato dai tratti tipici della subordinazione. Pertanto il giudice, disposta una CTU, accoglieva la domanda della ricorrente, applicando per la determinazione delle differenze retributive il ccnl per i dipendenti del settore assistenziale e socio-sanitario.
La società cooperativa impugnò la decisione del giudice di prime cure dinanzi alla Corte di Appello i cui giudici accolsero il gravame della cooperativa.
Per la cassazione della decisione del giudice di seconde cure la lavoratrice, per il tramite del proprio difensore, proponeva ricorso, basato su un unico motivo di censura, alla Corte Suprema.
Gli Ermellini accolgono il ricorso cassano la sentenza impugnata e rinviano alla Corte di Appello. I giudici di legittimità nella controversia esaminata, hanno evidenziato, contrariamente a quanto osservato dai giudici di merito, che le testimonianze dei colleghi hanno provato che la lavoratrice parte di un Pip con una cooperativa aveva svolto attività lavorativa prima dell’inserimento nella cooperativa stessa mediante il piano di inserimento professionale: in tal caso, chiariscono i giudici supremi, l’esistenza di un rapporto prima dell’inizio del Pip non esclude la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, come invece previsto dalla legge con riferimento al rapporto di formazione professionale.
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