AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 05 aprile 2019, n. 97
Piani individuali a lungo termine – Articolo 1, commi da 100 a 114, della 11 dicembre 2016, n. 232 – Articolo 11, co. 1, lett. a) legge 27 luglio 2000, n. 212 – Con l’interpello specificato in oggetto è stato esposto il seguente
Quesito
La società Alfa DI GESTIONE DEL RISPARMIO S.p.A. (di seguito, “Istante”), iscritta all’Albo delle Società di Gestione del Risparmio istituito presso la Banca d’Italia (n° XX sez. Gestori di OICVM e YY sez. Gestori di FIA), svolge l’attività di gestione di fondi comuni di investimento.
L’istante rappresenta di aver istituito un OICR di tipo chiuso denominato “Beta Eltif Italia” (di seguito, “Fondo”), ai sensi della lettera m-octies.1) dell’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, come modificato dal decreto legislativo 15 dicembre 2017, n. 233, in attuazione al Regolamento (UE) n. 2015/760 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2015 (di seguito, “Regolamento”).
In particolare, si tratta una nuova tipologia di fondi comuni di investimento, vale a dire gli “European Long Term Investment Fund” (di seguito, “ELTIF”), i cui patrimoni possono essere investiti in una ristretta tipologia di strumenti finanziari emessi da società non quotate e altre piccole e medie imprese.
L’obiettivo di tale tipologia di OICR è quello di sostenere l’economia reale, veicolando risorse, attraverso canali di finanziamento alternativi a quello bancario, verso il settore industriale delle piccole e medie imprese, emittenti titoli di capitale o di debito con elevato livello di rischiosità e illiquidità. Le “imprese di portafoglio ammissibili” ai sensi del Regolamento (o anche “disciplina ELTIF”), infatti:
(i) non sono imprese finanziarie;
(ii) non sono ammesse alla negoziazione su un mercato regolamentato o sistema multilaterale di negoziazione ovvero, se ammesse, hanno una capitalizzazione di mercato inferiore ad Euro 500 milioni.
In ragione della natura illiquida dell’investimento tipico degli ELTIF, il Regolamento non consente il rimborso anticipato delle quote, salvo al ricorrere di alcune precipue condizioni.
Gli ELTIF sono rivolti sia al mercato degli investitori istituzionali (es. fondi pensione, imprese di assicurazione, fondazioni) che degli investitori privati (mercato retail).
In base al Regolamento, gli ELTIF rientrano tra i Fondi Alternativi UE (FIA EU) e, in quanto tali, i loro gestori sono gestori di fondi di investimento alternativi (GEFIA) ai sensi della Direttiva 2011/61 (c.d. Direttiva AIFMD).
In conformità a disciplina di riferimento, il regolamento di gestione del Fondo prevede che il patrimonio sia investito prevalentemente in strumenti finanziari non negoziati in mercati regolamentati ovvero negoziati in mercati tendenzialmente e/o potenzialmente illiquidi, quindi differenti dai titoli dell’indice FTSE/MIB della Borsa Italiana.
La SGR fa presente che il Fondo si caratterizza per il seguente ciclo di vita:
1) un “periodo di sottoscrizione” lungo fino ad un massimo di 6 mesi, con decorrenza dalla pubblicazione del prospetto ai sensi dell’articolo 94 del TUF;
2) un “periodo di investimento” lungo fino ad un massimo di 24 mesi,
durante il quale il portafoglio del fondo viene a costituirsi per effetto della selezione da parte del gestore delle singole emissioni;
3) un “periodo di gestione” di 5 anni più una frazione d’anno: in particolare il primo esercizio avrà inizio alla data di chiusura del “periodo di investimento” e terminerà il 31 dicembre immediatamente successivo; i 5 anni coincideranno con i cinque anni civili (1 gennaio — 31 dicembre) successivi;
4) un eventuale “periodo di grazia” di 1 anno, funzionale alla conclusione delle attività di smobilizzo degli investimenti.
Terminato il “periodo di sottoscrizione”, la SGR richiama tutto il capitale in un’unica soluzione e ha inizio il “periodo di investimento” (della durata massima di 24 mesi) della liquidità raccolta negli strumenti finanziari selezionati dall’istante in coerenza con la politica di investimento del Fondo.
Pertanto, solo al termine del “periodo di investimento”, la composizione dell’attivo patrimoniale del Fondo potrà avere tutti i requisiti per poter essere considerato un OICR PIR Compliant in base alla normativa prevista dall’articolo 1, commi da 100 a 114, della legge 11 dicembre 2006, n. 232 (c.d. normativa PIR).
In proposito, la SGR fa presente che i sottoscrittori non possono ottenere il rimborso delle quote fino al termine della gestione del fondo, vale a dire per un periodo orientativamente pari a 7 anni, che va dall’inizio del “periodo di investimento” fino al termine della durata del fondo, oltre all’eventuale “periodo di grazia”.
Ciò rappresentato, l’istante chiede di precisare:
– se il Fondo possa qualificarsi come PIR Compliant ai sensi del comma 104 dell’articolo 1 e se lo sia sin dal momento della sua costituzione e dall’assegnazione delle quote a seguito della sottoscrizione e del contestuale richiamo degli impegni di versamento;
– come debba essere individuata la data di decorrenza del periodo di possesso della quota in capo al sottoscrittore ai fini del rispetto del vincolo di detenzione quinquennale di cui al comma 106 dell’articolo 1.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’istante ricorda che la principale finalità che il legislatore intende conseguire con l’istituzione dei PIR è quella di creare un circolo virtuoso finalizzato a convogliare il risparmio privato dalla liquidità al settore produttivo delle imprese. Detta finalità, secondo l’istante, risulta effettivamente perseguita dal Fondo in quanto:
– lo stesso investe in misura almeno pari al 70% dell’attivo complessivo in strumenti finanziari emessi da imprese residenti nel territorio dello Stato italiano;
-“le attività finanziarie acquistate sono prevalentemente illiquide considerato anche che – in relazione a ciascuna emissione di titoli oggetto di investimento – il Fondo potrà detenere una quota anche totalitaria dell’emissione”;
-“i sottoscrittori non possono chiedere il rimborso delle quote fino alla conclusione del periodo di gestione (orientativamente 7 anni), ma eventualmente solo trasferirle, tra vivi, in caso di necessità, ad altri potenziali acquirenti previo consenso e gradimento della Società di Gestione, su un mercato secondario che non sarà un mercato né quotato né ufficiale ovvero, agli eredi, mortis causa”.
L’istante fa presente che “l’eventuale momentanea “eccedenza” di liquidità rispetto al vincolo di concentrazione e, conseguentemente, anche il momentaneo mancato rispetto dei limiti di composizione dell’attivo qualificato (70% e 21%) che può verificarsi durante il “periodo di investimento” dipendono unicamente dalle politiche di investimento del Fondo che avendo come obbiettivo quello di investire in strumenti finanziari illiquidi, necessità di tempi adeguati per realizzare la propria strategia di investito”. In proposito, viene sottolineato che “la costruzione del portafoglio di un ELTIF è più complessa e richiede molto più tempo rispetto a quanto necessario per il portafoglio di un OICR che investe in strumenti finanziari di debito e/o di capitale quotati e liquidi”.
Infatti, “il gestore dell’ELTIF, dopo aver individuato i potenziali emittenti, (…) svolge le attività di due diligence legale e finanziaria, con l’ausilio della funzione di risk management che è coinvolta ex ante in quanto un errore di valutazione sullo strumento e/o sull’emittente comprometterebbe il profilo di rischio/rendimento del portafoglio e non potrebbe essere corretto attraverso la vendita dell’attivo, a causa della sua illiquidità”. Inoltre, l’acquisto delle emissioni avviene solo dopo negoziazioni, spesso di natura bilaterale, svolte direttamente con gli emittenti e la documentazione contrattuale è spesso non standard.
In altri termini, secondo l’istante, il perdurare di una liquidità per un lungo periodo di tempo è dovuta alla necessità “di valutare con attenzione e ponderazione le opportunità di mercato, considerata la specificità degli strumenti finanziari in cui il Fondo andrà ad investire”.
Sulla base di quanto precede, l’istante ritiene che le quote del Fondo possano rientrare tra gli investimenti qualificati ai fini del regime PIR dall’inizio del “periodo di investimento” e fino alla conclusione del “periodo di gestione”, escluso l’eventuale “periodo di grazia”.
In subordine, qualora non fosse condivisa tale soluzione, l’istante chiede conferma che le medesime quote possano essere considerati investimenti qualificati a partire dall’avvio del “periodo di gestione” decorsi 24 mesi dal termine del periodo di sottoscrizione, indipendentemente da una specifica comunicazione in tal senso da parte della SGR alla clientela del Fondo (dell’individuazione di tale momento sarà data debita informazione nella documentazione di sottoscrizione), ovvero, qualora il “periodo di gestione” inizi prima dei 24 mesi, alla data in cui la SGR effettua l’apposita comunicazione ai sottoscrittori.
Tuttavia, tale ultima soluzione, a giudizio dell’istante, lascerebbe il sottoscrittore nell’incertezza circa l’applicazione del regime PIR al momento della sottoscrizione.
Parere dell’agenzia delle entrate
I commi da 100 a 107 dell’articolo 1, della legge 21 dicembre 2016, n. 232, stabiliscono le condizioni per beneficiare del regime di non imponibilità di taluni redditi di capitale e diversi da parte di persone fisiche realizzati nell’ambito di piani di risparmio a lungo termine (PIR) costituiti nel rispetto della medesima normativa.
Il comma 102, in particolare, prevede specifiche regole di “composizione” degli investimenti inseriti nel piano, stabilendo che almeno il 70 per cento (cd. quota “obbligatoria”) del valore complessivo conferito nel piano sia costituito da “investimenti qualificati”, vale a dire investimenti relativi a strumenti finanziari, quotati (nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione) e non quotati, emessi o stipulati con imprese, residenti fiscalmente in Italia o, nel caso di imprese residenti in Stati membri della UE o in Stati SEE, che abbiano una stabile organizzazione in Italia. La predetta quota del 70 per cento, inoltre, deve essere investita nel rispetto dei vincoli di investimento stabiliti in via normativa dal predetto comma 102 come integrato alla luce di quanto stabilito dall’articolo 1, comma 212, della legge 31 dicembre 2018, n. 145.
Il successivo comma 104 prevede che sono considerati investimenti qualificati anche le quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) residenti nel territorio dello Stato o in Stati membri UE o in Stati SEE, che investono per almeno il 70 per cento dell’attivo in strumenti finanziari “qualificati” ai sensi del comma 102 e che rispettino le condizioni poste al comma 103 (cd. “OICR PIR compliant”).
In base a tale disposizione, nella versione in vigore fino al 31 dicembre 2018, un OICR PIR compliant si considera “qualificato” allorquando investa il proprio patrimonio come segue:
– almeno il 49 per cento dell’attivo in strumenti finanziari di imprese residenti in Italia e in Stati membri UE o in Stati SEE, con stabili organizzazioni in Italia;
– almeno il 21 per cento dell’attivo in strumenti finanziari di imprese residenti in Italia e in Stati membri UE o in Stati SEE, con stabili organizzazioni in Italia, non incluse nell’indice FTSE MIB o indici equivalenti di altri mercati regolamentati esteri.
Tali vincoli di composizione devono essere rispettati per almeno i due terzi dell’anno solare.
Ai fini della verifica dei citati vincoli e divieti in capo agli OICR PIR compliant facenti parte del PIR o dell’unico OICR che costituisce il PIR, tenuto conto che trattasi di entità soggette alla vigilanza delle competenti autorità di regolamentazione del settore bancario e finanziario, si ritiene che si possa far riferimento alla politica di investimento indicata nel relativo regolamento di gestione dell’OICR italiano ovvero, nel caso di OICR estero, alla documentazione d’offerta.
In particolare, come chiarito dalla circolare n. 3/E del 2018 (par. 7.1 cui si rinvia per la compiuta trattazione del fattispecie), nel regolamento o nella documentazione di offerta dell’OICR devono essere specificatamente indicati i vincoli di investimento, ivi compreso il divieto di investimento in Paesi non collaborativi, e il rispetto del “limite di concentrazione” previsti dalla normativa fiscale sui piani individuali di risparmio.
In ogni caso, anche gli OICR PIR compliant devono essere conformi, in base alla tipologia di ciascun OICR, alle caratteristiche e ai requisiti previsti dalle disposizioni di vigilanza.
Ai sensi del comma 104, dunque, gli OICR PIR compliant si considerano di per sé investimenti qualificati utili ai fini del rispetto delle soglie minime prevista dal comma 102 per l’applicazione del regime PIR, nonché dei limiti alla “concentrazione” e “liquidità” di cui al comma 103.
In pratica, le quote di OICR PIR compliant, costituendo essi stessi investimenti qualificati, rilevano “direttamente”, in proporzione alla percentuale investita nell’OICR medesimo, ai fini della verifica del rispetto dei vincoli di investimento previsti dalla normativa.
Per quanto concerne, invece, i requisiti di concentrazione di cui al comma 103 (in base ai quali non più del 10 per cento del PIR può essere investito in strumenti di un solo emittente), si rileva che nel caso di investimenti in un OICR PIR compliant anche il vincolo di concentrazione deve ritenersi soddisfatto.
Con riferimento alla fattispecie in esame, l’articolo 1, comma 1, lettera m-octies.1) del decreto legislativo 24 febbraio 1998 (TUF), come modificato dal decreto legislativo 15 dicembre 2018, n. 233, definisce “fondo di investimento europeo a lungo termine” (ELTIF): l’Oicr rientrante nell’ambito di applicazione del regolamento (UE) n. 2015/760″ (di seguito, “Regolamento”), soggetto alla vigilanza di Banca di Italia e di Consob.
Gli ELTIF sono OICR, di recente introduzione, destinati a finanziare sul lungo periodo attività illiquide in quanto emesse da società non quotate ovvero PMI (cfr. “Adeguamento della normativa nazionale al regolamento UE2015/760 relativo ai fondi d’investimento europei a lungo termine” Atto del Governo n. 454/2017).
Nel Considerando (1), il Regolamento chiarisce che detti OICR “forniscono finanziamenti di lunga durata a progetti infrastrutturali di varia natura, a società non quotate ovvero a piccole e medie imprese (PMI) quotate che emettono strumenti rappresentativi di equity o strumenti di debito per i quali non esiste un acquirente facilmente identificabile. Finanziando tali progetti gli ELTIF concorrono al finanziamento dell’economia reale dell’Unione e all’attuazione delle sue politiche”.
Più in generale, come espressamente chiarito dall’articolo 1 del Regolamento, gli ELTIF sono un mezzo per “mobilitare e convogliare capitali verso investimenti europei a lungo termine nell’economia reale, in linea con l’obiettivo dell’Unione di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva”.
Nel Considerando (15), il Regolamento afferma che la “definizione di investimento a lungo termine è ampia. Le attività d’investimento ammissibili sono in genere illiquide, richiedono impegni per un certo periodo di tempo e hanno un profilo economico a lungo termine. In quanto titoli non trasferibili, le attività d’investimento ammissibili non hanno accesso alla liquidità dei mercati secondari. Implicano spesso impegni a durata prestabilita che ne limitano le prospettive di commercializzazione. (…). Il ciclo economico dell’investimento richiesto dall’ELTIF ha essenzialmente carattere a lungo termine, a causa degli impegni ingenti in capitale e dell’orizzonte temporale necessario per ottenere rendimenti”.
In particolare, l’articolo 9 del Regolamento stabilisce che un ELTIF investe soltanto in talune categorie di attività e solo alle condizioni specificate nel medesimo Regolamento quali:
“a) attività di investimento ammissibili” (essenzialmente partecipazioni e strumenti di debito di imprese non quotate e prestiti loro erogati, partecipazioni in altri fondi che si concentrano su attività, partecipazioni dirette in attività reali, a meno che non siano cartolarizzate);
“b) attività di cui all’articolo 50, paragrafo 1, della direttiva 2009/65/CE”(cd. direttiva UCITS) (essenzialmente valori mobiliari negoziati in mercati regolamentati, OICMV autorizzati, depositi presso enti creditizi soggetti a vigilanza prudenziale).
Il predetto articolo 9, al paragrafo 2, lettera d), inoltre, vieta l’ “uso di strumenti finanziari derivati, salvo i casi in cui l’uso di tali strumenti serva unicamente allo scopo di copertura dei rischi inerenti ad altri investimenti dell’ELTIF”.
In tema di composizione e diversificazione del portafoglio, il successivo articolo 13 prevede che il patrimonio dell’OICR debba essere investito per almeno il 70% in attività di investimento ammissibili e che l’OICR non possa investire per oltre il 10% in strumenti emessi dalla medesima singola impresa, in singole attività reali, in quote o azioni di un singolo OICR e non oltre il 5% nelle attività di cui all’art. 50, paragrafo 1, della Direttiva UCITS, quando tali attività sono state emesse da un unico organismo.
Relativamente alla attività di gestione di tali particolari OICR, il Regolamento al Considerando (30) chiarisce che “dato il carattere a lungo termine e illiquido degli investimenti di un ELTIF, il gestore dell’ELTIF dovrebbe disporre di un periodo di tempo sufficiente per applicare i limiti di investimento. Il periodo imposto per l’applicazione di tali limiti dovrebbe tener conto delle particolari specificità e caratteristiche degli investimenti, ma comunque non superare i cinque anni dalla data di autorizzazione dell’ELTIF o, se anteriore, la metà del ciclo di vita dell’ELTIF”.
In sostanza, gli ELTIF sono OICR istituiti allo scopo di veicolare in misura stabile nel tempo risorse prevalentemente verso società non quotate e altre PMI, nel rispetto della normativa europea che ne disciplina un funzionamento uniforme prevedendo limiti di composizione del portafoglio e degli strumenti di investimento.
In coerenza con lo scopo di investimento a lungo termine nell’economia reale, dunque, il legislatore ammette che per tali fondi si abbia un lasso temporale significativo (comunque non superiore al minore tra cinque anni e la metà della vita del fondo) tra il momento di avvio dell’OICR e quello di effettuazione degli investimenti, in cui il fondo non rispetti i limiti di investimento previsti dalla normativa.
Appare inoltre opportuno osservare che esiste una certa similarità tra la disciplina civilistica degli ELTIF (OICR destinati a veicolare risorse verso società non quotate e altre PMI) e quella fiscale dei PIR (diretta a convogliare il risparmio delle famiglie verso le imprese) sia con riferimento alla ratio che ne ha ispirato l’introduzione che alle condizioni e ai vincoli di investimento imposti.
Sulla base di quanto precede, tenuto contro che la qualificazione di OICR PIR compliant presuppone la conformità dello stesso, in base alla tipologia di riferimento, alle disposizioni di vigilanza, si ritiene che agli ELTIF possa applicarsi il predetto comma 104.
Ne consegue che detti OICR possono considerarsi investimenti qualificati ai fini del regime PIR, a condizione che il relativo regolamento (o documentazione di offerta) indichi espressamente i vincoli, i limiti e i divieti di investimento previsti dalla normativa fiscale protempore vigente in materia.
Tra l’altro, analoga situazione è riscontrabile con riferimento ad altri OICR per i quali la disciplina regolamentare prevede che detti OICR, “per un periodo massimo di 6 mesi dall’inizio dell’operatività, possono derogare ai limiti di investimento” (cfr. Titolo V, Cap. 3, Sez. V, par. 10, del Regolamento sulla Gestione Collettiva del Risparmio di Banca d’Italia).
In tali casi, appare in linea con la normativa PIR non dare rilevanza al periodo di avvio dell’operatività del fondo (c.d. ramp-up period), in quanto è la stessa disciplina di vigilanza che, in funzione della concreta operatività del fondo, consente una deroga (limitata nel tempo) al rispetto dei vincoli di investimento allo scopo di favorire una migliore allocazione degli investimenti.
Ai fini della concreta applicazione del regime di esenzione PIR in capo ai sottoscrittori delle quote di OICR PIR compliant (ELTIF e non), tuttavia, occorre che l’OICR (le cui quote sono inserite nel PIR) raggiunga le soglie di investimento previste dalla normativa PIR e, pertanto, solo a partire da tale momento si considererà applicabile il regime PIR.
Conseguentemente, il requisito temporale (holding period) inizia a decorrere da tale data (e non dalla sottoscrizione) ed eventuali redditi distribuiti all’investitore prima di tale momento non beneficeranno del regime di esenzione in esame.
Ad analoghe conclusioni deve giungersi con riferimento al periodo di liquidazione e chiusura del fondo, durante il quale il fondo potrebbe trovarsi nella condizione di non poter rispettare più i limiti e i vincoli previsti dalla normativa PIR. Nel corso di tale periodo, ossia in un contesto di avvio della liquidazione degli asset e cessazione di ogni attività di investimento da parte del fondo, sarebbe incongruente con la ratio della normativa PIR imporre il rispetto dei relativi vincoli e limiti. Tuttavia, l’applicazione del regime di esenzione sui proventi distribuiti in tale periodo avverrà a condizione che i quotisti abbiamo già maturato l’holding period alla data di avvio della fase di liquidazione del fondo.
Con riferimento al caso in esame, nel rispetto della sopra citata normativa, il regolamento di gestione del Fondo prevede:
1) un “periodo di sottoscrizione” lungo fino ad un massimo di 6 mesi;
2) un “periodo di investimento” lungo fino ad un massimo di 24 mesi, durante il quale avvengono gli investimenti;
3) un “periodo di gestione” di 5 anni più una frazione d’anno;
4) un eventuale “periodo di grazia” di 1 anno, durante il quale avviene lo smobilizzo degli investimenti.
In sostanza, il Fondo ha un periodo di “avvio” che può durare sino a 30 mesi (6 mesi per il “periodo di sottoscrizione” e altri 24 mesi per il “periodo di investimento”), durante il quale non è in grado di rispettare i limiti di investimento previsti dal regolamento di gestione e, quindi, i limiti previsti dalla normativa PIR. Tale lasso temporale è funzionale alla raccolta dei capitali e all’attività di ricerca e due diligence necessaria per l’effettuazione degli investimenti a lungo termine, prevalentemente in società non quotate o PMI.
L’articolo 9.2, comma 1, del regolamento di gestione stabilisce che, “conformemente a quanto previsto dalla Normativa ELTIF, dal termine del periodo di investimento il portafoglio del Fondo sarà investito per un importo almeno pari al 70% (settanta per cento)” in investimenti ammissibili.
Inoltre, i commi 2 e 3 di detto articolo prevedono che “al fine di rispettare i vincoli della Normativa PIR, almeno a partire dalla data di conclusione del Periodo di Investimento fino al 31 dicembre immediatamente successivo al quinto anniversario di tale data (di seguito il “Periodo Rilevante PIR”), in ciascun esercizio ricompreso nel suddetto arco temporale e per almeno i due terzi di ognuno di essi il Fondo investe almeno il 70% (settanta per cento) del proprio totale attivo in (…) strumenti finanziari (…) emessi o stipulati con imprese residenti nel territorio dello Stato italiano (di seguito gli “Investimenti Qualificati PIR”), mentre la restante parte del 30% può essere destinata a Investimenti Tipici o Altre Attività che non hanno le caratteristiche per essere qualificati come Investimenti Qualificati PIR (…), nonché in impieghi di liquidità, quali depositi e conti correnti. Sempre per il Periodo Rilevante PIR, per costruzione, almeno il 21% (ventuno per cento) del totale attivo del Fondo sarà investito in Investimenti Qualificati PIR emessi o stipulati da imprese diverse da quelle inserite all’interno di indici ad elevata capitalizzazione (FTSE MIB o equivalenti di altri mercati regolamentati, secondo quanto specificato dalla Normativa PIR)”, impegnandosi in ogni caso a rispettare “i limiti previsti, in via generale, dalla Normativa ELTIF e dalla Normativa PIR”.
Stante tale previsione, nel presupposto che il Fondo operi in conformità alla normativa di vigilanza, si ritiene conforme alla ratio della normativa PIR (vigente alla data di costituzione del fondo) poter qualificare l’ELTIF in esame come PIR Compliant ancorché il rispetto dei vincoli e limiti previsti dalla normativa fiscale decorra dalla conclusione dell’attività di costituzione del portafoglio, ossia al raggiungimento di un portafoglio rispondente a tutti i vincoli previsti dalla normativa PIR ovvero con l’avvio del “periodo di gestione”, a partire dal quale, come sopra precisato, decorre anche l’holding period.
Pertanto, ad esempio, qualora la sottoscrizione delle quote del Fondo risalga al 1° giugno 2018 e il periodo di gestione inizi il 1° luglio 2019, l’holding period si considera maturato alla data del 1° luglio 2024, ossia dopo cinque anni dall’inizio del periodo di gestione.
Resta fermo che il regime di esenzione non potrà applicarsi ai proventi distribuiti nel corso “periodo di investimento” mentre troverà applicazione ai proventi distribuiti nel corso del periodo di grazia solo qualora i quotisti abbiano maturato il requisito del possesso all’inizio di tale periodo.
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