Durante il convegno tenutosi il 2 febbraio 2017 l’Agenzia delle Entrate, sollecitata sul tema, ha fornito chiarimenti in ordine all’emissione della nota di variazione IVA qualora il cessionario o committente venga assoggettato a una procedura concorsuale. Si rammenta che con la legge di Bilancio 2017 (legge 232/2016) sono state apportate modifiche con ripristino della norma antecedente alle modifiche introdotte dall’art. 1 comma 126 della L. 208/2015 che aveva riformulato l’art. 26 del DPR 633/72, stabilendo, tra l’altro, che – con riferimento alla procedure concorsuali aperte dopo il 31 dicembre 2016 – la nota di variazione IVA si sarebbe potuta emettere dalla data di assoggettamento del debitore alle stesse.
Con l’approvazione della legge 232/2016 l’art. 1 comma 567 ha modificato il comma 2 dell’art. 26 del DPR 633/72, subordinando l’emissione del documento di rettifica alla sussistenza del requisito dell’infruttuosità anche per le procedure concorsuali aperte dal 1° gennaio 2017.
Il chiarimento più rilevante fornito dall’Agenzia delle Entrate ha riguardato l’individuazione del momento a partire dal quale è possibile emettere la nota di variazione nell’ipotesi di assoggettamento del debitore alla procedura di concordato preventivo, senza entrare nel merito della natura dello stesso, ovvero liquidatorio o con continuità aziendale (art. 186-bis del RD 267/42). L’Agenzia ha confermato quanto già espresso con la C.M. n. 77/2000. Infatti per l’Amministrazione finanziaria la nota di variazione IVA può essere emessa soltanto quando è definitivamente accertata l’infruttuosità della procedura concorsuale non risultando sufficiente riferirsi al solo decreto di omologazione – che, a norma dell’art. 181 L. fall., che chiude formalmente la procedura – essendo, invece, necessario considerare anche il momento in cui risultano adempiuti, da parte degli debitore, gli obblighi assunti nel concordato preventivo.
Per cui quando venga dichiarato il fallimento del debitore, in caso di mancato adempimento ovvero per effetto di comportamenti dolosi, la rettifica in diminuzione può essere effettuata soltanto dopo che il piano di ripartizione finale dell’attivo sia divenuto definitivo o, in assenza dello stesso, a chiusura della procedura fallimentare.
In termini simili, si era, peraltro, espressa, seppur implicitamente, la risoluzione n. 161/2001, sostenendo che “la nota di variazione viene emessa al fine di adeguare l’imposta al corrispettivo effettivamente incassato”.
L’Agenzia ha dato risposta al quesito in tema di effetti procedurali per il curatore fallimentare dopo l’abrogazione, avvenuta dall’art. 1 comma 567 lett. d) della L. 232/2016, del comma 5, secondo periodo dell’art. 26 del DPR 633/72, che era stato introdotto dalla L. 208/2015, il quale precedeva l’esonero dal generale obbligo di registrazione dalla nota di variazione IVA ricevuta, qualora la stessa fosse stata emessa a seguito dell’assoggettamento a procedura concorsuale del cessionario o committente.
Nel rispondere, l’Agenzia, ha confermato quanto già riportato nella ris. n. 155/2001:
– gli organi della procedura sono tenuti ad annotare nel registro IVA la corrispondente variazione in aumento;
– tale adempimento non determina, tuttavia, l’inclusione del relativo credito IVA vantato dall’Agenzia delle Entrate nel piano di ripartizione finale, ormai definitivo, ma consente di evidenziare il credito eventualmente esigibile nei confronti del fallito tornato in bonis;
– il curatore fallimentare non è, pertanto, tenuto a ulteriori adempimenti (liquidazione periodica, versamento e dichiarazione annuale).
Anche con la risoluzione n. 161/2001 si giungeva alle medesime conclusioni in merito alle note di variazione emesse a seguito dell’esecuzione dell’omologata proposta di concordato preventivo: in tale occasione, l’Amministrazione finanziaria aveva osservato che questa rettifica è afferente all’IVA non riscossa dal creditore, per un debito sorto prima dell’avvio della procedura concorsuale, con l’effetto che l’annotazione della stessa nel registro dell’originario cessionario o committente non comporta, per il debitore, l’obbligo di rispondere verso l’Erario di una passività sulla quale si sono già prodotti gli effetti estintivi del concordato preventivo.
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