AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 02 agosto 2019, n. 328
Interpello articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n. 212 – Articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633
Con l’interpello specificato in oggetto è stato esposto il seguente
Quesito
[ALFA], nel prosieguo istante, fa presente quanto qui di seguito sinteticamente riportato.
Nel 2017 l’istante cedeva a [BETA] beni, regolarmente documentati tramite fatture, il cui corrispettivo veniva solo parzialmente versato dal cessionario.
Per gli importi dovuti l’istante otteneva (aprile 2018) apposito decreto ingiuntivo che, munito della relativa formula esecutiva (giugno 2018), consentiva, dopo il precetto di rito, la conseguente azione esecutiva (nello specifico pignoramento presso terzi).
Nell’ottobre 2018 il Tribunale competente, rilevato che solo la dichiarazione di uno dei terzi pignorati aveva avuto contenuto positivo, ordinava a tale soggetto di consegnare all’istante le somme dovute a [BETA] in conto del maggior credito vantato dal creditore procedente.
A fine gennaio 2019 veniva dichiarato il fallimento di [BETA].
L’istante, dopo aver presentato richiesta di ammissione al passivo fallimentare il 12 aprile 2019, in data 24 aprile 2019 emetteva, ai sensi dell’articolo 26, commi 2 e 12 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA), «nota di variazione per la sola imposta a fronte del “mancato pagamento in tutto o in parte a causa […] di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose”, al fine di esercitare il diritto di detrazione e procedeva alla registrazione della stessa ai sensi dell’art. 25 del DPR 633/1972 entro il termine per la presentazione della dichiarazione IVA 2019 […]. L’imposta è stata calcolata sull’ammontare del debito (quota capitale) che non ha trovato soddisfacimento a seguito della procedura esecutiva individuale esperita […] (al netto degli importi precedentemente già incassati)».
L’istante segnala, inoltre, che in via prudenziale «nella liquidazione IVA del mese di aprile, ha trasferito alla controllante un debito IVA maggiorato dell’ammontare dell’IVA relativa di cui alla nota di variazione emessa», fermo restando, «sulla base delle istruzioni alla compilazione del Modello IVA 2019», che «l’IVA recuperata attraverso l’emissione della nota di variazione concorrerà alla determinazione del saldo IVA della dichiarazione annuale IVA 2020 relativa all’anno 2019, posto che la nota di variazione è stata registrata in aprile 2019».
Alla luce degli eventi verificatisi, nonché del quadro normativo e di prassi in essere, l’istante chiede «Se il dies a quo a partire dal quale la Società, ai sensi dell’art. 26 co. 2 ultimo periodo DPR 633/1972, ha “il diritto di portare in detrazione ai sensi dell’articolo 19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’articolo 25” decorra dalla data nella quale il Giudice dell’esecuzione ha accertato che il pignoramento è stato parzialmente infruttuoso, ossia dall’11 ottobre 2018, oppure, se a seguito dell’intervenuto fallimento, sia necessario attendere il verificarsi degli eventi previsti dalla Circolare 77/E/2000».
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’istante ritiene che «verificatosi il presupposto dell’infruttuosità della procedura concorsuale [rectius individuale, ndr.] di cui al comma 12 dell’articolo 26 del DPR 633/1972, sia possibile emettere nota di variazione ed esercitare il diritto di detrazione ai sensi dell’art. 26 commi 2 e 5 del DPR 633/1972 nonostante l’intervenuto fallimento del debitore. L’imposta recuperata tramite la nota di variazione, inoltre, concorrerà alla determinazione del saldo IVA della dichiarazione dell’anno nel quale la nota di variazione è stata registrata».
Parere dell’agenzia delle entrate
L’articolo 26, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, stabilisce che «Se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile, […] per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose […], il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’articolo 19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’articolo 25».
La richiamata disposizione regola le variazioni c.d. “in diminuzione” dell’imponibile e dell’imposta il cui esercizio, diversamente dalle variazioni c.d. “in aumento” (di cui al precedente comma 1 del medesimo articolo), ha natura facoltativa (si veda già la circolare ministeriale n. 27 del 9 agosto 1975, ma anche, ex plurimis, Cassazione del 3 marzo 2017, n. 5403) ed è limitato ai casi espressamente previsti dal legislatore, tra i quali rientrano le ipotesi di procedure concorsuali od esecutive individuali rimaste infruttuose.
Sul punto, con diversi documenti di prassi (cfr., ad esempio, la circolare ministeriale n. 77 del 17 aprile 2000, nonché la risoluzione n. 195/E del 16 maggio 2008), l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che in tali ipotesi – caratterizzate dalla ragionevole certezza dell’incapienza del patrimonio del debitore – il diritto alla variazione presuppone che:
1) abbia avuto inizio una procedura, ovvero sia stato posto in essere, almeno, il primo atto tipico (rispettivamente, sentenza dichiarativa del fallimento o pignoramento) con il quale la stessa si instaura;
2) tale procedura si sia conclusa infruttuosamente, vale a dire:
a) per ciò che attiene al fallimento, che sia scaduto il termine per le osservazioni al piano di riparto stabilito con decreto dal giudice delegato (articolo 110 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, di seguito L.F.), ovvero, in assenza del piano di riparto, sia scaduto quello per il reclamo al decreto di chiusura del fallimento stesso (articolo 119 L.F.);
b) per quanto riguarda le procedure esecutive non concorsuali, quando il credito del cedente o prestatore del servizio non trova soddisfacimento attraverso la distribuzione delle somme ricavate dalla vendita dei beni dell’esecutato, ossia risulti accertata e documentata dagli organi della procedura l’insussistenza di beni da assoggettare all’esecuzione.
Alla luce del quadro normativo e di prassi succintamente tratteggiato, deve desumersi che la chiusura della procedura esecutiva individuale consente, in linea generale, l’emissione di una nota di variazione ex articolo 26, comma 2, del decreto IVA per la parte del credito rimasta insoddisfatta.
Tale previsione deve tuttavia coordinarsi con l’eventuale fallimento del creditore esecutato.
In proposito, nessun dubbio si pone laddove il fallimento – e la contestuale apertura della procedura collettiva che esso sottende – avvenga in un momento non solo successivo alla chiusura della procedura esecutiva individuale, ma anche all’emissione delle note di variazione in diminuzione con relative annotazioni nei registri IVA che la stessa consente.
In questo caso la variazione in diminuzione operata risulta corretta e l’insinuazione nel passivo fallimentare rileva, nei limiti di quanto eventualmente percepito in ragione della stessa, per successive variazioni in aumento ex articolo 26, comma 1, del decreto IVA.
Medesima conclusione non può trarsi qualora l’apertura del fallimento e l’insinuazione al passivo, come nel caso oggetto di odierno esame, siano avvenute prima dell’emissione delle note di variazione.
In tale eventualità, infatti, l’instaurarsi della procedura concorsuale che coinvolge l’intero patrimonio del cessionario debitore impone, al fine di valutare la sua fruttuosità, di attenderne l’esito – secondo quanto precisato sub a) ed indicato nei citati documenti di prassi: «Il legislatore fiscale ha […] inteso subordinare il diritto alla variazione IVA all’avvenuta insinuazione al passivo fallimentare se e nella misura in cui, all’esito della procedura, il relativo credito sia rimasto in tutto o in parte insoddisfatto» (così la risoluzione n. 195/E del 2008) – potendo, in ipotesi, la procedura collettiva risultare in tutto od in parte fruttuosa anche per il creditore individuale rimasto prima insoddisfatto.
Stante quanto sopra, non può condividersi la soluzione interpretativa prospettata dall’istante che, insinuatosi nel passivo fallimentare prima di effettuare la variazione di cui all’articolo 26 del decreto IVA, a quest’ultima non aveva diritto, dovendo, in conseguenza, porre in essere tutti i necessari comportamenti per correggere l’errore compiuto.
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