Nel processo tributario il giudizio di ottemperanza è regolato dall’articolo 70 del decreto legislativo n. 546 del 1992 (codice di procedura tributaria) il quale dispone che “1. La parte che vi ha interesse, puo’ richiedere l’ottemperanza agli obblighi derivanti dalla sentenza della corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado passata in giudicato mediante ricorso da depositare in doppio originale alla segreteria della corte di giustizia tributaria di primo grado, qualora la sentenza passata in giudicato sia stata da essa pronunciata, e in ogni altro caso alla segreteria della corte di giustizia tributaria di secondo grado.
2. Il ricorso e’ proponibile solo dopo la scadenza del termine entro il quale e’ prescritto dalla legge l’adempimento a carico dell’ente impositore, dell’agente della riscossione o del soggetto iscritto nell’albo di cui all’articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, degli obblighi derivanti dalla sentenza o, in mancanza di tale termine, dopo trenta giorni dalla loro messa in mora a mezzo di ufficiale giudiziario e fino a quando l’obbligo non sia estinto.
3. Il ricorso indirizzato al presidente della commissione deve contenere la sommaria esposizione dei fatti che ne giustificano la proposizione con la precisa indicazione, a pena di inammissibilita’, della sentenza passata in giudicato di cui si chiede l’ottemperanza, che deve essere prodotta in copia unitamente all’originale o copia autentica dell’atto di messa in mora notificato a norma del comma precedente, se necessario.
4. Uno dei due originali del ricorso e’ comunicato a cura della segreteria della commissione ai soggetti di cui al comma 2 obbligati a provvedere.
5. Entro venti giorni dalla comunicazione l’ufficio puo’ trasmettere le proprie osservazioni alla corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado, allegando la documentazione dell’eventuale adempimento.
6. Il presidente della corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado, scaduto il termine di cui al comma precedente, assegna il ricorso alla sezione che ha pronunciato la sentenza. Il presidente della sezione fissa il giorno per la trattazione del ricorso in camera di consiglio non oltre novanta giorni dal deposito del ricorso e ne viene data comunicazione alle parti almeno dieci giorni liberi prima a cura della segreteria.
7. Il collegio, sentite le parti in contraddittorio ed acquisita la documentazione necessaria, adotta con sentenza i provvedimenti indispensabili per l’ottemperanza in luogo dell’ufficio che li ha omessi e nelle forme amministrative per essi prescritti dalla legge, attenendosi agli obblighi risultanti espressamente dal dispositivo della sentenza e tenuto conto della relativa motivazione. Il collegio, se lo ritiene opportuno, puo’ delegare un proprio componente o nominare un commissario al quale fissa un termine congruo per i necessari provvedimenti attuativi e determina il compenso a lui spettante secondo le disposizioni del Titolo VII del Capo IV del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115.
8. Il collegio, eseguiti i provvedimenti di cui al comma precedente e preso atto di quelli emanati ed eseguiti dal componente delegato o dal commissario nominato, dichiara chiuso il procedimento con ordinanza.
9. Tutti i provvedimenti di cui al presente articolo sono immediatamente esecutivi.
10. Contro la sentenza di cui al comma 7 e’ ammesso soltanto ricorso in cassazione per inosservanza delle norme sul procedimento.
10-bis. Per il pagamento di somme dell’importo fino a ventimila euro e comunque per il pagamento delle spese di giudizio, il ricorso e’ deciso dalla Commissione in composizione monocratica. “
Pertanto i presupposti ricorrere all’istituto del giudizio di ottemperanza sono:
- il decorrere del del termine entro il quale è prescritto dalla legge l’adempimento o, in mancanza, il decorso di trenta giorni dalla messa in mora a mezzo di ufficiale giudiziario;
- una specifica attività non posta in essere dall’ufficio soccombente disposta dalla sentenza (es.: rimborso, riconoscimento di un beneficio, correzione delle risultanze catastali).
Il ricorso per ottemperanza può essere esperito anche nelle ipotesi di sentenze non definitive, per il combinato disposto degli artt. 67, 68 e 69 del D. Lgs. n° 546/1992.
Come previsto dal comma 1 dell’art. 70 cit. il giudice competente per il giudizio di ottemperanza è la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado che ha pronunciato la sentenza, se rimasta inappellata o il cui appello si sia concluso con una dichiarazione di inammissibilità, di improcedibilità o di estinzione del giudizio stesso. Negli altri casi la competenza è attribuita alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado.
Il ricorso, ai sensi del comma 3 dell’art. 70 cit., va indirizzato al presidente della Corte competente. Nel ricorso deve contenere la sommaria esposizione dei fatti che ne giustificano la proposizione con la precisa indicazione, a pena di inammissibilità, della sentenza passata in giudicato di cui si chiede l’ottemperanza, prodotta in copia unitamente all’originale o copia autentica dell’atto di messa in mora notificato.
Ai sensi dell’articolo 12 del D.Lgs. n. 546/1992 il ricorso, sottoscritto dal difensore tecnico abilitato deve essere depositato, in doppio originale, alla segreteria della Corte competente.
Il D.Lgs. n° 156/2015, che a modificato il D.Lgs. n. 546/1992, ha eliminando il riferimento all’applicabilità in via sussidiaria delle disposizioni del codice di procedura civile, per cui l’art. 70 del D. Lgs. n° 546/1992, quale unico rimedio esperibile in materia di esecuzione coattiva delle sentenze tributarie, ancorché non definitive.
Il Supremo consesso ha ribadito che “(cfr. Cass. nn. 31856 del 2021, 20202 del 2010, 15176 del 2010), in tema di contenzioso tributario il giudizio di ottemperanza, ammissibile ogni qualvolta debba farsi valere l’inerzia dell’Amministrazione rispetto al giudicato o la difformità specifica dell’atto posto in essere dalla stessa rispetto all’obbligo processuale di attenersi all’accertamento contenuto nella sentenza da eseguire, si differenzia dal concorrente giudizio esecutivo civile, perché il suo scopo non è quello di ottenere l’esecuzione coattiva del comando contenuto nel giudicato, ma di rendere effettivo quel comando, anche e specialmente se privo dei caratteri di puntualità e precisione tipici del titolo esecutivo;“ (Cass., Sez. V, ordinanza n. 27253 del 2024)
Per gli Ermellini ” nel processo tributario, il giudizio di ottemperanza ha natura di giudizio misto o sui generis, caratterizzato da un misto di poteri cognitori ed esecutivi, nel quale il giudice dell’ottemperanza deve preliminarmente verificare il dispositivo della sentenza rimasta inapplicata per individuare gli obblighi ivi prescritti, valutare la portata del dispositivo unitamente alla motivazione, per poi svolgere la tipica attività di merito dell’ottemperanza, che è quella dell’adozione di provvedimenti in luogo dell’Amministrazione finanziaria inadempiente, finalizzati al ripristino dell’integrità della posizione del ricorrente, sostituendosi all’attività amministrativa che l’Ufficio avrebbe dovuto svolgere e non ha svolto, o ha svolto in maniera difforme dal giudicato (cfr. Cass. n. 16569 del 2019);
(…) il ricorso per ottemperanza alle decisioni delle Commissioni tributarie (attuali Corti di giustizia tributaria) è ammissibile, dunque, ogni qual volta debba farsi valere l’inerzia della P.A. rispetto al giudicato, ovvero la difformità specifica dell’atto da essa posto in essere rispetto all’obbligo processuale di attenersi all’accertamento contenuto nella sentenza da eseguire, al fine non di ottenere l’esecuzione coattiva del comando contenuto nel giudicato (come avviene nel complementare giudizio esecutivo civile), ma di rendere effettivo quel comando, con la conseguenza che il rimedio è ammissibile anche – e tanto più – quando la decisione contenga un comando privo dei caratteri della puntualità e precisione tipici del titolo esecutivo, rientrando nella discrezionalità del giudice dell’ottemperanza l’individuazione dei mezzi idonei ad assicurare l’esecuzione del giudicato (cfr. Cass. nn. 646 del 2012; 20202 del 2010; 4126 del 2004); ” (Cass., Sez. V, ordinanza n. 27253 del 2024)
Dissesto finanziario degli enti locali ed effetti sul giudizio di ottemperanza
L’applicazione dell’art. 248, comma 2, TUEL nell’ipotesi di dissesto finanziario dell’ente locale comporta la preclusione dalla data della dichiarazione di dissesto e sino all’approvazione del rendiconto di cui all’articolo 256 ad intraprendere o proseguite azioni esecutive nei confronti dell’ente per i debiti che rientrano nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione. Con le suddette norme sono assoggetta a procedura liquidatoria tutte le obbligazioni derivanti da fatti o atti intervenuti prima della dichiarazione di dissesto, anche se tali obbligazioni siano state liquidate in via definitiva solo successivamente.
Per cui “dalla data della deliberazione di dissesto e sino all’approvazione del rendiconto di cui all’articolo 256 TUEL i debiti insoluti a tale data e le somme dovute per anticipazioni di cassa, e già erogate, non producono più interessi né sono soggetti a rivalutazione monetaria, ed uguale disciplina si applica ai crediti nei confronti dell’ente che rientrano nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione a decorrere dal momento della loro liquidita ed esigibilità;
(…) pertanto, la suddetta disposizione impedisce dalla data di dichiarazione di dissesto:
a) ai singoli creditori, di intraprendere o proseguire azioni esecutive per i debiti rientranti nella competenza dell’organo straordinario;
b) ai debiti insoluti, di produrre rivalutazione monetaria ed interessi di qualsivoglia natura;
(…) una, parziale, deroga a tale divieto può essere ravvisata unicamente tenendo conto che la speciale disciplina normativa per gli enti dissestati, inibendo le azioni esecutive “pure”, ammette quelle aventi un sostanziale contenuto di cognizione perché rivolte, ad esempio, a quantificare le somme effettivamente dovute in base ad un giudicato che si sia limitato a fissare criteri generali;
(…) in tal caso il Giudice dell’ottemperanza, anche mediante un proprio commissario, può liquidare le somme effettivamente dovute, segnalando l’esistenza e l’importo del credito all’organo straordinario di gestione (cfr. in tal senso Consiglio di Stato, Ad. Pl. n. 8363 del 2010);
(…) in altri termini, con riguardo all’applicazione dell’art. 248, comma 2, TUEL il giudizio di ottemperanza sarebbe precluso solo per le sentenze che condannano l’Amministrazione finanziaria al pagamento di somme, rimanendo ammissibile con riguardo alle sentenze che comportino obblighi di fare o comunque non contengano pronunce di condanna al pagamento di somme determinate (ad esempio ricalcolare l’imposta dovuta, provvedere a nuovo classamento catastale con attribuzione delle relative rendite, e così via);” (Cass., Sez. V, ordinanza n. 27253 del 2024)
Giudizio di ottemperanza: procedure concorsuali e dissesto finanziario
I giudici di legittimità ganno costantemente affermato che ” il diritto della parte vittoriosa, all’esito d’una lite giudiziaria, ad ottenere la rifusione delle spese sostenute per partecipare al giudizio sorga soltanto con la sentenza che pronunci la relativa condanna a carico della parte soccombente, e prima di tale sentenza il diritto non esista (così Cass. nn. 9609 del 2023; 5787 del 2014; 4694 del 1980), al contempo è d’uopo richiamare il risalente (ma mai contrastato) insegnamento di questa Corte, che il Collegio condivide appieno, in materia di procedure concorsuali (a cui è assimilabile la procedura concorsuale di liquidazione di cui all’art. 248, comma 2, TUEL cit.), secondo cui il divieto posto dall’art. 168 L.Fall., comma 1, ante riforma (“Dalla data della presentazione del ricorso e fino al passaggio in giudicato della sentenza di omologazione del concordato, i creditori per titolo o causa anteriore al decreto non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore”) all’esercizio delle azioni esecutive non è circoscritto ai creditori muniti di titolo giudiziale o negoziale anteriore al decreto di ammissione, ma riguarda anche coloro che vantano crediti derivati da fatti anteriori al decreto medesimo, ancorché accertati in epoca successiva, principio che ha trovato applicazione per i crediti di imposta, per i quali rileva che il presupposto dell’obbligazione tributaria si sia verificato anteriormente al decreto di ammissione alla procedura, pur se l’accertamento e l’iscrizione nei ruoli siano posteriori (cfr. Cass. SS.UU. n. 4779 del 1987; cfr. Cass. nn. 14165 del 2009 in motiv.; 8118 del 2001; 3800 del 1998; 9201 del 1990; 5772 del 1990; 697 del 1972), e che deve estendersi, oltre al credito accertato in sede giudiziaria, anche alle spese del relativo giudizio conclusosi con la relativa sentenza, che ne sono accessorio (cfr. Cass. n. 16426 del 2007 in motiv.);
(…) il fondamento dell’obbligo del rimborso delle spese processuali deve essere, infatti, ricercato, più che nella soccombenza, nel principio di causalità, del quale la soccombenza è solo uno degli indici rivelatori, poiché è evidente che la parte soccombente si identifica con quella che, lasciando insoddisfatta una pretesa riconosciuta fondata o azionando una pretesa accertata come infondata, ha dato causa al processo (cfr. Cass. n. 14165 del 2009 cit.);
(…) è stato, quindi, affermato che dopo la presentazione della proposta di concordato preventivo e fino al passaggio in giudicato della sentenza di omologazione, non può essere iniziata o proseguita l’azione esecutiva individuale, nei confronti del debitore che abbia proposto il concordato, per il recupero delle spese processuali liquidate in una sentenza emessa in un processo instaurato anteriormente alla data del decreto di apertura della procedura di concordato, ancorché conclusosi dopo tale data (cfr. Cass. n. 697 del 1972);
(…) pertanto, a risultare rilevante è la collocazione nel tempo, piuttosto che della fonte finale, dell’obbligazione del fatto che l’ha determinata (cfr. Cass. nn. 17637 del 2007, 16426 del 2007 cit.) ” (Cass., Sez. V, ordinanza n. 27253 del 2024)