In tema di potere del giudice tributario il comma 3 dell’articolo 2 del codice di procedura tributario (D. Lgs. n. 546 del 1992) statuisce che  Il giudice tributario risolve in via incidentale ogni questione da cui dipende la decisione delle controversie rientranti nella propria giurisdizione, fatta eccezione per le questioni in materia di querela di falso e sullo stato o la capacità delle persone, diversa dalla capacità di stare in giudizio.”

Sul punto Il Supremo consesso (sez. tributaria ordinanza n. 21090 del 2024) ha chiarito che “… in linea generale il potere-dovere in capo al giudice (ex multis, v. Cass. n.5253 del 26.2.2021) di dare una qualificazione giuridica ai fatti e ai rapporti dedotti in lite nonché all’azione esercitata in causa, ricercando, a tal fine, le norme giuridiche applicabili alla vicenda descritta in giudizio e ponendo a fondamento della sua decisione disposizioni e principi di diritto eventualmente anche diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti (cfr., da ultimo, n.29334 del 28.12.2023), con il solo limite dell’immutazione della fattispecie.

Il potere del giudice tributario (v. già Cass. n.4535 del 22.2.2013) di qualificare correttamente il rapporto impositivo, sotto il profilo giuridico, si risolve nella esatta applicazione della legge, sicché non tollera limitazioni, così come non deve essere specificamente previsto, proprio perché è un connotato dell’esercizio della giurisdizione. Il giudice tributario è dunque investito dal potere – dovere di qualificare il rapporto dedotto in giudizio, eventualmente anche in modo diverso rispetto a quanto prospettato dalle parti, entro il perimetro della domanda, ossia purché non introduca nel tema controverso nuovi elementi di fatto, lasci inalterati il petitum e la causa petendi ed eserciti tale potere – dovere nell’ambito delle questioni. …”

Anche la Corte di Giustizia UE (cfr. ad es. 11 dicembre 2014 nella causa C-590/13) costantemente affermato che “…  il diritto alla detrazione deve poggiare su requisiti di carattere sostanziale, da verificarsi nel caso concreto tramite il sindacato del giudice. Con specifico riferimento alla legittimità del trattamento IVA del distacco di personale secondo la legislazione italiana, sollevata dalla Corte di cassazione con l’ordinanza interlocutoria n.2385/2019, la Corte di Giustizia (sentenza 11 marzo 2020 in causa C-94/19, San Domenico Vetraria) ha affermato che il punto cruciale è l’interpretazione della causa, per definire se prestazione e pagamento si condizionino reciprocamente. …”

La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 21090 del 2024 ha precisato che “… L’interpretazione qui accolta sul piano sostanziale è anche pienamente coerente, sul piano processuale, con la previsione dell’art.2 comma 3 del D.Lgs. n.546/1992 specificamente dettata per il processo tributario, il quale dispone che il giudice deve risolvere in via incidentale ogni questione da cui dipende la decisione delle controversie rientranti nella propria giurisdizione, fatta la sola eccezione in favore dell’AGO per le questioni in materia di querela di falso e sullo stato o la capacità delle persone, diversa dalla capacità distare in giudizio. Questa previsione non comporta l’abrogazione implicita, né l’inefficacia della previsione della certificazione sopra descritta, dal momento che la certificazione del contratto resta valida ed efficace sul piano civile, né si limita ad opera sul piano processuale anziché sostanziale, poiché investe il potere – dovere del giudice tributario di pronunciarsi sul rapporto qualificandolo.

Al tempo stesso, l’interpretazione fatta propria dal Collegio rispetta i limiti che l’art.2 comma 3 del D.Lgs. n.546/1992 traccia ai poteri del giudice tributario e al suo rapporto con il giudice ordinario.  …”

I giudici di legittimità nell’ordinanza n. 21090 del 2024 hanno affermato il principio di diritto secondo cui “… L’esercizio del potere – dovere del giudice tributario di qualificare l’operazione economica sottostante il contratto, anche sulla base dell’esecuzione dello stesso, e di pronunciarsi sull’obbligazione tributaria instauratasi al verificatesi di un atto o fatto rilevatore di capacità contributiva ex art.53 Cost. , non è precluso dalla certificazione del contratto di cui agli artt.75 e ss. del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 e dalla mancata impugnazione di tale certificazione davanti al giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro. …”

Pertanto hanno ritenuto in funzione dell’interpretazione del comma 3 dell’art. 2 del D.Lgs. n. 546/92, nell’ordinanza n. 21090 del 2024, che “… Non decisiva è dunque la giurisprudenza giuslavoristica (sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila, sez. Lavoro, n.1018/2022, sentenza del Tribunale di Firenze, sez. Lavoro, n.831/2017) citata nella memoria illustrativa della società, in quanto riguarda la qualificazione del contratto civilistico e la sua efficacia verso terzi, comprese le autorità pubbliche, ma non l’operazione economica sottostante, né la certificazione impedisce al giudice tributario di pronunciarsi sull’obbligazione tributaria intesa quale rapporto giuridico instauratosi al verificarsi di un atto o un fatto rivelatore di capacità contributiva ex at.53 Cost. secondo la legge applicabile in materia. …”