In rifermento alla sentenza in commento occorre precisare che la Corte Costituzionale, con la nota sentenza n.228 del 2014, aveva ritenuto che dovesse essere espunto il riferimento ai “compensi” e, quindi, l’estensione ai professionisti di tale disposizione legislativa (art. 32, co.1, n.2 D.P.R. 600/1973). Tale decisione viene recepito dal D.L. 193/2016
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 6947 del 17 marzo 2017 intervenendo in tema di accertamento basato su movimentazioni bancarie nei confronti di un professionista ha affermato, confermando il proprio indirizzo, secondo cui la riconducibilità dei versamenti effettuati dai lavoratori autonomi e dai professionisti sui propri conti correnti ai compensi dai medesimi percepiti è assistita dalla presunzione legale a favore dell’Erario. Pertanto l’accredito sul conto corrente si presume riferito a redditi imponibili e basta una presunzione semplice (non assistita dai requisiti di gravità, precisione e concordanza) per motivare un avviso di accertamento per maggiori imposte Irpef o Iva. Ne consegue un onere della prova contraria più gravoso per il professionista sotto la lente del Fisco.
La vicenda ha riguardato un geometra nei cui confronti veniva emesso un avviso di accertamento per maggiori ricavi emersi a seguito della verifica delle movimentazioni bancarie effettuate che il contribuente non era riuscito a giustificare. Avverso tale atto impositivo il contribuente proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale. I giudici aditi respingevano il ricorso del contribuente, il quale proponeva appello alla Commissione Tributaria Regionale che riformando la sentenza impugnata riteneva di accogliere le doglianze del ricorrente. I giudici di appella affermano che l’accertamento non era supportato da presunzioni gravi, precisi e concordanti in quanto non era stata messa in discussione la contabilità del contribuente.
Avverso tale decisione l’Amministrazione finanziaria proponeva ricorso in cassazione fondato su due motivi.
I giudici di legittimità, accolgono il ricorso del fisco, ed evidenziano che le presunzione, avendo fonte legale relativa, non ha necessità dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti per le presunzioni semplici ed è superabile soltanto dalla prova contraria fornita dal contribuente. Per cui il contribuente è tenuto a dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili, fornendo, a tal fine, una prova non generica, ma analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili.
Al fine di superare la presunzione legale relativa, in commento, il contribuente deve produrre una valida prova contraria e che detta prova sia valutata dal giudice in rapporto agli elementi risultanti dai suddetti conti, per verificare, attraverso i riscontri possibili (date, importi, tipo di operazione, soggetti coinvolti), se ed eventualmente a quali movimenti la documentazione fornita dal contribuente si riferisca, così da escludere dal calcolo dell’imponibile esclusivamente quanto risultante dai singoli movimenti bancari ritenuti riferibili alla produzione documentale del contribuente. (Cass. n. 6237 del 2015 e n. 9078 del 2016)
Conto corrente cointestato
Secondo la giurisprudenza maggioritaria, l’operatività della suddetta presunzione legale a carattere relativo, e la conseguente inversione dell’onere della prova, si applicano non solo in caso di cointestazione del conto corrente, ma addirittura nell’ipotesi di intestazione dei rapporti bancari a terzi che si ha motivo di ritenere connessi ed inerenti al reddito del contribuente. Ipotesi, quest’ultima, che la giurisprudenza più recente ha ravvisato nel rapporto familiare, affermando la riferibilità al contribuente medesimo, delle operazioni riscontrate su conti correnti bancari degli indicati soggetti, salva, ovviamente, la prova contraria da parte dello stesso (Cass. sentt. n. 16096/2011; n. 6232/2003 e n. 11145/2011).
Per la cassazione le somme movimentate sui conti intestati esclusivamente al coniuge del contribuente possono essere riferibili a quest’ultimo sulla base di elementi sintomatici come: il rapporto di stretta contiguità familiare, l’ingiustificata capacità reddituale dei prossimi congiunti nel periodo di imposta, l’infedeltà della dichiarazione e l’attività di impresa o professionale compatibile con la produzione di utili. In tali casi, incombe sul contribuente la prova che le somme rinvenute sui conti correnti dei familiari del contribuente non siano ad esso riferibili.
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