AGENZIA delle ENTRATE – Risposta n. 223 del 22 febbraio 2023
Proroga regime speciale per i lavoratori impatriati – Omesso versamento ex art. 5, comma 2-bis, del d.l. n. 34 del 2019 – Inapplicabilità dell’istituto della remissione in bonis ex art. 2, c.1, del d.l. n. 16 del 2012
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
ALFA (di seguito istante), pone un quesito qui sinteticamente riportato in merito alle condizioni per ottenere l’estensione, per un ulteriore quinquennio, della fruizione del regime speciale per lavoratori impatriati disposto dall’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 (di seguito decreto ”Internazionalizzazione”).
In particolare, l’istante fa presente di essere residente fiscalmente in Polonia e di essere iscritto all’Anagrafe Italiani Residenti all’Estero (AIRE) dal 27 gennaio 2012, e che dal mese di settembre 2016, è rientrato in Italia insieme a tutto il suo nucleo familiare (composto, oltre che dall’istante, dalla moglie e dal figlio), dopo aver assunto rapporti di lavoro dipendente anche in altri Stati.
L’istante riferisce, inoltre, di avere , «[…] beneficiato, a partire dal periodo di imposta 2017, delle disposizioni di cui all’art. 16 del Decreto Legislativo del 14/09/2015 n. 147 (nel testo vigente pro-tempore) che disciplina il c.d. ”regime degli impatriati” (avendo maturato i requisiti sia di quanto disposto dal comma 1 che di quanto disposto dal comma 2 della norma richiamata), facendo così concorrere il reddito di lavoro dipendente alla formazione del reddito complessivo limitatamente al cinquanta per cento del suo ammontare (di seguito anche il ”Regime degli impatriati”).
Successivamente al rimpatrio dell’istante, l’articolo 5, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (convertito nella legge 28 giugno 2019, n. 58, di seguito ”Decreto Crescita”) ha modificato alcuni dei requisiti soggettivi ed oggettivi del Regime degli impatriati, incrementato le percentuali di riduzione dell’imponibile fiscale dei redditi agevolabili e previsto, al verificarsi di determinate condizioni, l’estensione per un ulteriore quinquennio del periodo agevolabile».
Detta previsione era originariamente applicabile ai soli soggetti che avessero trasferito la residenza fiscale nel territorio dello Stato a decorrere dal 30 aprile 2019.
In seguito «[…], l’articolo 1, comma 50, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (”Legge di Bilancio 2021”) ha inserito nel citato articolo 5 del Decreto Crescita, il comma 2bis, al fine di consentire l’applicazione della misura di cui al comma 1, lett. c) (estensione per un ulteriore quinquennio della fruizione del regime speciale per lavoratori impatriati), anche […]» agli iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero e ai cittadini di Stati membri dell’Unione europea che avevano trasferito la residenza prima dell’anno 2020 e alla data del 3 dicembre 2019 risultano beneficiari del regime previsto dall’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147; l’opzione per la proroga richiede il versamento di un importo pari al 10, ovvero al 5 per cento, dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo agevolabili prodotti in Italia, relativi al periodo d’imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione, in funzione delle condizioni indicate, rispettivamente, alle lettere a) e b) del medesimo comma 2-bis.
Tanto premesso, l’istante afferma che, pur avendo i requisiti per esercitare l’opzione per la proroga del Regime degli impatriati per un ulteriore quinquennio, tuttavia, «a causa di un mero errore materiale (dimenticanza) […] non ha provveduto al versamento entro il 30 giugno 2022 dell’importo (nella fattispecie, pari al 10 per cento dei redditi di lavoro dipendente prodotti in Italia oggetto dell’agevolazione di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, relativi al periodo d’imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione) di cui al comma 2bis dell’articolo 5 del decreto Crescita».
L’istante chiede, pertanto, di chiarire se possa fare ricorso all’istituto della remissione in bonis di cui all’articolo 2, comma 1 del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, per sanare il mancato versamento del citato importo, propedeutico all’accesso alla proroga quinquennale di cui sopra.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
In sintesi, l’istante, nel presupposto di possedere tutti i requisiti sostanziali per accedere alla proroga quinquennale del regime opzionale degli impatriati, ritiene di poter usufruire dell’istituto della remissione in bonis di cui al comma 1 dell’art. 2 del decreto-legge n. 16 del 2012, al fine di sanare il mancato versamento entro il 30 giugno 2022 della somma dovuta per esercitare detta opzione, ai sensi del comma 2bis dell’articolo 5 del Decreto Crescita.
Parere dell’Agenzia delle Entrate
Si rileva preliminarmente che esula dalle competenze della Scrivente ogni accertamento di fatto inerente alla sussistenza dei requisiti di accesso al beneficio invocato, trattandosi di profili fattuali riscontrabili dall’amministrazione finanziaria in sede di controllo.
Ciò detto, l’articolo 5, comma 1, lett. c), del decreto ”Crescita”, ha inserito nell’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 (di seguito decreto ”Internazionalizzazione”) il comma 3bis, ai sensi del quale le disposizioni relative al regime speciale per lavoratori ”impatriati” ivi disciplinato «si applicano per ulteriori cinque periodi di imposta ai lavoratori con almeno un figlio minorenne o a carico, anche in affido preadottivo. Le disposizioni (…) si applicano per ulteriori cinque periodi di imposta anche nel caso in cui i lavoratori diventino proprietari di almeno un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia, successivamente al trasferimento in Italia o nei dodici mesi precedenti al trasferimento; l’unità immobiliare può essere acquistata direttamente dal lavoratore oppure dal coniuge, dal convivente o dai figli, anche in comproprietà. In entrambi i casi, i redditi di cui al comma 1 [redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e i redditi di lavoro autonomo prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato], negli ulteriori cinque periodi di imposta, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50 per cento del loro ammontare. Per i lavoratori che abbiano almeno tre figli minorenni o a carico, anche in affido preadottivo, i redditi di cui al comma 1, negli ulteriori cinque periodi di imposta, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 10 per cento del loro ammontare».
Con riferimento a tale disposizione, applicabile ai sensi del comma 2 del citato articolo 5, del medesimo decreto ”Crescita” ai soggetti che trasferiscono la residenza fiscale nel territorio dello Stato dal 30 aprile 2019, sono stati forniti chiarimenti interpretativi con la circolare n. 33/E del 28 dicembre 2020, cui si rinvia per gli eventuali approfondimenti.
In particolare, con la richiamata circolare, è stato precisato che tale disposizione introduce un’estensione temporale del beneficio fiscale ad ulteriori cinque periodi d’imposta, con tassazione nella misura del 50 per cento del reddito imponibile, in presenza degli specifici requisiti ivi indicati e con l’ulteriore riduzione al 10 per cento della percentuale di tassazione dei redditi agevolabili prodotti nel territorio dello Stato negli ulteriori cinque periodi d’imposta, se il soggetto ha almeno tre figli minorenni o a carico.
Successivamente, l’articolo 1, comma 50, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (di seguito ”Legge di Bilancio 2021”) ha inserito, a decorrere dal 1° gennaio 2021, nel predetto articolo 5 del decreto ”Crescita”, il comma 2bis, ai sensi del quale coloro «che siano stati iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero o che siano cittadini di Stati membri dell’Unione europea, che hanno già trasferito la residenza prima dell’anno 2020 e che alla data del 31 dicembre 2019 risultano beneficiari del regime previsto dall’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147» possono optare per l’estensione del regime speciale per i lavoratori ”impatriati” per ulteriori cinque periodi d’imposta, previo versamento di un importo pari al 10 ovvero al 5 per cento dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo agevolabili prodotti in Italia, relativi al periodo d’imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione, in funzione delle condizioni indicate, rispettivamente, alle lettere a) e b) del medesimo comma 2-bis.
Con provvedimento direttoriale dell’Agenzia delle entrate del 3 marzo 2021, prot. n. 60353 (di seguito il Provvedimento), sono state definite le modalità di esercizio dell’opzione. In particolare, come già anticipato,
«1.2 L’opzione di cui al punto 1.1 è esercitata mediante il versamento in un’unica soluzione di:
a) un importo pari al 10 per cento dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia, oggetto dell’agevolazione di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, relativi al periodo d’imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione, se il soggetto al momento dell’esercizio dell’opzione ha almeno un figlio minorenne, anche in affido preadottivo, o è diventato proprietario di almeno un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia, successivamente al trasferimento in Italia o nei dodici mesi precedenti al trasferimento, ovvero ne diviene proprietario entro diciotto mesi dalla data di effettuazione del versamento, pena la restituzione del beneficio addizionale fruito senza l’applicazione di sanzioni. L’unità immobiliare può essere acquistata direttamente dal lavoratore oppure dal coniuge, dal convivente o dai figli, anche in comproprietà;
b) un importo pari al 5 per cento dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia oggetto dell’agevolazione di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, relativi al periodo d’imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione, se il soggetto al momento dell’esercizio dell’opzione ha almeno tre figli minorenni, anche in affido preadottivo, e diventa o è diventato proprietario di almeno un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia, successivamente al trasferimento in Italia o nei dodici mesi precedenti al trasferimento, ovvero ne diviene proprietario entro diciotto mesi dalla data di effettuazione del versamento, pena la restituzione del beneficio addizionale fruito senza l’applicazione di sanzioni. L’unità immobiliare può essere acquistata direttamente dal lavoratore oppure dal coniuge, dal convivente o dai figli, anche in comproprietà.
1.3 L’importo di cui al punto 1.2 è versato mediante il modello di pagamento F24, senza la possibilità di avvalersi della compensazione prevista dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Con successiva risoluzione è istituito il codice tributo da indicare in fase di versamento e sono impartite le istruzioni per la compilazione del modello F24.
1.4 L’importo di cui al punto 1.2 è versato entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello di conclusione del primo periodo di fruizione dell’agevolazione di cui all’articolo 16 del decreto legislativo n. 147 del 2015. I soggetti per cui tale periodo si è concluso il 31 dicembre 2020, effettuano il versamento entro 180 giorni dalla pubblicazione del presente provvedimento. I termini che scadono di sabato o in un giorno festivo sono prorogati al primo giorno feriale successivo».
Con la risoluzione n. 27/E del 15 aprile 2021 sono stati istituiti i codici tributo ”1860” ”Importo dovuto (10 per cento) per l’adesione al regime agevolato di cui all’articolo 5, co. 2bis, lett. a), del decreto-legge n. 34 del 2019”) e ”1861” ”Importo dovuto (5 per cento) per l’adesione al regime agevolato di cui all’art. 5, co. 2bis, lett. b), del decreto-legge n. 34 del 2019”.
Inoltre, ai sensi del punto 2 del citato Provvedimento, «2.1 Ai fini dell’applicazione dei benefici di cui all’articolo 16 del decreto legislativo n. 147 del 2015, i lavoratori dipendenti presentano al datore di lavoro una richiesta scritta entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello di conclusione del primo periodo di fruizione dell’agevolazione e, per i lavoratori per cui tale periodo si è concluso il 31 dicembre 2020, entro 180 giorni dalla data di pubblicazione del presente provvedimento. I termini che scadono di sabato o in un giorno festivo sono prorogati al primo giorno feriale successivo».
Il Provvedimento, infine, dispone che i sostituti di imposta devono operare le ritenute del 50% o del 10% del reddito imponibile sulle somme e i valori imponibili corrisposti dal periodo di paga successivo al ricevimento della richiesta scritta.
I soggetti che esercitano un’attività di lavoro autonomo, invece, comunicano l’opzione nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel quale hanno effettuato il versamento degli importi sopra richiamati del 10 o del 5 per cento.
Tanto premesso, come già chiarito con la risposta ad interpello n. 383 pubblicata sul sito internet della scrivente il 18 luglio 2022, «considerato che, ai sensi del citato comma 2bis dell’articolo 5 del decreto Crescita l’estensione per un ulteriore quinquennio del regime speciale disciplinato dall’articolo 16 del decreto Internazionalizzazione è subordinato all’esercizio dell’opzione previo versamento degli importi dovuti entro il termine indicato al punto 1.4 del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 3 marzo 2021, prot. n. 60353, si ritiene che laddove il versamento degli importi dovuti sia omesso o carente il mancato adempimento preclude l’applicazione del beneficio in commento».
Pertanto, considerato che nel caso di specie l’istante che ha già usufruito del regime speciale di cui al citato articolo 16 del decreto ”Internazionalizzazione”, dal 2016 al 2020 non ha effettuato il versamento di quanto dovuto entro il 30 giugno 2022, lo stesso non può beneficiare dell’estensione del predetto regime per un ulteriore quinquennio, non potendo ricorrere né all’istituto del ravvedimento operoso di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 (cfr le risposte ad interpello nn. 371, 372 e 383 pubblicate sul sito internet della scrivente rispettivamente il 12 luglio 2022 e il 18 luglio 2022) né, come ipotizzato dall’istante, all’istituto della remissione in bonis di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 16 del 2012. Detto articolo dispone che «La fruizione di benefici di natura fiscale o l’accesso a regimi fiscali opzionali, subordinati all’obbligo di preventiva comunicazione ovvero ad adempimento di natura formale tempestivamente eseguiti, non è preclusa, sempre che la violazione non sia stata constatata o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore dell’inadempimento abbia avuto formale conoscenza, laddove il contribuente:
a) abbia i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento;
b) effettui la comunicazione ovvero esegua l’adempimento richiesto entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile;
c) versi contestualmente l’importo pari alla misura minima della sanzione stabilita dall’articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471,
secondo le modalità stabilite dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, esclusa la compensazione ivi prevista».
L’omesso versamento delle somme dovute entro il termine del 30 giugno 2022 non è evidentemente riconducibile ad un adempimento ”formale”, cui fa riferimento la norma appena citata, con la conseguenza che lo stesso non può essere regolarizzato mediante l’istituto in parola.
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