AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 09 giugno 2020, n. 169
Proventi derivanti da operazioni di peer to peer lending Articolo 1, comma 44, della legge 27 dicembre 2017, n. 205
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
Nel corso del 2018 l’istante si è iscritto in qualità di investitore alla piattaforma di prestiti per soggetti finanziatori non professionali gestita dalla società estera Alfa (di seguito “Piattaforma”).
Nello stesso anno, ha mantenuto sulla piattaforma un capitale inferiore ad euro 2.100 ed ha ricevuto dalla società una certificazione relativa ai proventi ottenuti tramite la piattaforma nell’arco dell’anno solare di riferimento ed alla consistenza dei capitali investiti con riferimento all’ultimo giorno dell’anno solare.
La Piattaforma estera non ha applicato la ritenuta alla fonte a titolo di imposta prevista dall’articolo 1, comma 44, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio 2018).
Tanto premesso, l’istante chiede chiarimenti in relazione agli obblighi dichiarativi dei proventi derivanti dal suddetto investimento, al monitoraggio fiscale ed all’imposta sul valore delle attività finanziare detenute all’estero (IVAFE).
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’istante ritiene di essere tenuto ad indicare i proventi derivanti da tali attività finanziarie nella propria dichiarazione annuale dei redditi. In particolare, l’istante ritiene corretto:
– esporre quanto certificato dalla società relativamente all’anno solare 2018 attraverso la compilazione del quadro RM, sezione V, rigo RM12, specificando, in colonna 1 la lettera “I” corrispondente a “altri redditi di capitale di fonte estera che non concorrono a formare il reddito complessivo del contribuente”;
– applicare su tali proventi l’aliquota del 26 per cento versando l’imposta dovuta mediante modello F24 con il codice tributo 1242.
Per quanto riguarda gli obblighi di monitoraggio fiscale dei capitali detenuti all’estero e dell’IVAFE, l’istante ritiene di dover compilare il quadro RW, indicando il valore nominale del capitale investito sulla Piattaforma, come rilevato al termine dell’anno solare di riferimento in base alla certificazione fornita dalla Piattaforma e conseguentemente calcolare l’IVAFE dovuta, pari allo 0,2 per cento di tale valore, rapportato al periodo di possesso.
L’istante intenderebbe versare l’ammontare calcolato dell’IVAFE secondo le modalità previste (modulo F24, codice tributo 4034), sempreché tale valore non risulti inferiori a euro 12. Analogamente non intenderebbe effettuare il versamento dell’acconto per valori inferiori ad euro 51,65.
L’istante dichiara, infine, di aver già presentato il Modello 730. Pertanto, ritiene corretto compilare i moduli RM e RW unitamente all’eventuale quadro RX e al frontespizio del modello REDDITI 2019, barrando la casella “Quadro RW”, mentre non ritiene necessario barrare sul frontespizio la casella “Dichiarazione integrativa”.
Parere dell’agenzia delle entrate
L’articolo 1, commi 43 e 44, della legge di bilancio 2018 ha introdotto alcune novità sulla disciplina fiscale relativa alle attività di raccolta ed erogazione fondi da parte di soggetti che svolgono l’attività del peer to peer lending (c.d. P2P Lending), con riferimento ad una specifica tipologia di finanziatori non professionali, ossia le persone fisiche non esercenti attività d’impresa.
In particolare, il comma 43 ha inserito la lettera d-bis) all’articolo 44, comma 1, del Tuir, disponendo che sono redditi di capitale “i proventi derivanti da prestiti erogati per il tramite di piattaforme di prestiti per soggetti finanziatori non professionali (piattaforme di Peer to Peer Lending) gestite da società iscritte all’albo degli intermediari finanziari di cui all’articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, o da istituti di pagamento rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 114 del decreto legislativo n. 385 del 1993 [n.d.r. TUB], autorizzati dalla Banca d’Italia”.
Il successivo comma 44, inoltre, ha stabilito che i predetti gestori “operano una ritenuta alla fonte a titolo di imposta sui redditi di capitale corrisposti a persone fisiche con l’aliquota prevista dall’articolo 26, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600”.
Detta ritenuta è attualmente stabilita nella misura del 26 per cento (cfr. articolo 3, comma 1, del decreto legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89).
Ai fini dell’applicazione della ritenuta a titolo d’imposta sui proventi derivanti da investimenti su piattaforme di P2P Lending rilevano, in sostanza, due condizioni: i) la natura del soggetto finanziatore, che deve essere esclusivamente una persona fisica al di fuori dell’esercizio di una attività d’impresa; ii) la qualifica del gestore della piattaforma, che deve essere un intermediario finanziario iscritto all’albo o un istituto di pagamento ai sensi della normativa prevista, rispettivamente, dagli articoli 106 e 114 del TUB, autorizzato dalla Banca d’Italia.
Alla luce del nuovo assetto normativo i proventi in esame, quindi, non concorrono più alla formazione del reddito complessivo del percettore persona fisica non imprenditore da assoggettare a tassazione IRPEF progressiva in quanto, qualora percepiti per il tramite di determinati soggetti gestori delle piattaforme che applicano sui medesimi la tassazione a titolo definitivo, sono esclusi dal reddito imponibile ai sensi dell’articolo 3, comma 3, del Tuir, con conseguente esonero dall’adempimento dichiarativo.
Si evidenzia che la ritenuta alla fonte di cui al comma 44 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2018 non si applica quando l’investimento è posto in essere da una società semplice o da un ente non commerciale, ancorché per tali soggetti i proventi possano costituire redditi di capitale, in quanto la disposizione fa espressamente riferimento alle “persone fisiche”.
Inoltre, la ritenuta in esame non si applica nei confronti delle persone fisiche che realizzano i suddetti proventi nell’esercizio dell’attività d’impresa e delle società ed enti commerciali. Per tali soggetti, infatti, il reddito percepito è considerato reddito d’impresa e non reddito di capitale, conformemente a quanto previsto dall’articolo 48 del Tuir.
Per quanto riguarda il soggetto tenuto all’applicazione della ritenuta, laddove gli investimenti in operazioni di P2P Lending vengano effettuati utilizzando piattaforme gestite da soggetti che non sono iscritti all’albo degli intermediari finanziari o che non assumono la qualifica di istituti di pagamento, ai sensi della normativa interna, occorre stabilire quali siano gli obblighi fiscali per il gestore della piattaforma on-line.
Al riguardo si fa presente che, ai fini delle imposte sui redditi, l’articolo 64 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, individua il sostituto di imposta nel soggetto che “in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri”.
In tema di soggetti tenuti ad applicare le ritenute e le imposte sostitutive, inoltre, si rileva che nei casi in cui il legislatore ha inteso imporre l’obbligo di operare la ritenuta a qualsiasi soggetto che interviene nella riscossione di un determinato provento lo ha stabilito chiaramente.
Con riferimento al caso di specie, sulla base di quanto rappresentato dall’istante, l’investimento è stato effettuato su una piattaforma di servizi P2P Lending operante in uno stato estero europeo che non è una società autorizzata dalla Banca d’Italia e, conseguentemente, ai proventi derivanti da detti investimenti corrisposti a soggetti italiani non è stata applicata la ritenuta alla fonte a titolo di imposta.
Con riferimento agli investimenti effettuati su piattaforme di P2P Lending gestite da società estere non rientranti tra i soggetti di cui alla citata lettera d-bis), si ritengono applicabili le disposizioni contenute nell’articolo 44, comma 1, lettera a), del Tuir, secondo cui sono redditi di capitale “gli interessi e altri proventi derivanti da mutui, depositi e conti correnti ” dal momento che l’esercizio dell’attività di finanziamento attraverso le piattaforme di P2P Lending risulta riconducibile, in generale, al contratto di mutuo così come definito dall’articolo 1813 del codice civile.
Ne consegue, pertanto, che l’istante è tenuto ad indicare nella dichiarazione annuale dei redditi i proventi derivanti dagli investimenti di P2P Lending effettuati sulla Piattaforma indicata al fine di farli concorrere alla formazione del reddito complessivo da assoggettare all’Imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF).
In particolare, tali redditi devono essere indicati nella Sezione I-A del Quadro RL del Modello REDDITI 2019 nel rigo RL2, indicando nella colonna 1, il codice “1”.
Pertanto, avendo già presentato il modello 730, l’istante deve presentare una dichiarazione integrativa.
Per quanto concerne la disciplina sul monitoraggio fiscale, l’articolo 4, comma 1, del decreto legge 28 giugno 1990, n. 167, prevede che “le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici ed equiparate ai sensi dell’articolo 5 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, residenti in Italia, che nel periodo d’imposta, detengono investimenti all’estero ovvero attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, devono indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi”. Per i chiarimenti in merito a tale disciplina si rinvia alla circolare 23 dicembre 2013 n. 38/E.
Nel caso di specie, pertanto, l’investimento detenuto dall’istante sulla Piattaforma estera di P2P Lending deve essere indicato nel quadro RW del modello Redditi Persone Fisiche utilizzando il codice “14” relativo ad “altre attività estere di
natura finanziaria”.
Con riferimento, infine, all’imposta sul valore delle attività finanziarie all’estero (IVAFE), si ricorda che la stessa è stata introdotta dai commi da 18 a 22 dell’articolo 19 decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, e trova applicazione in presenza di attività da cui derivano redditi di capitale o redditi diversi di natura finanziaria di fonte estera imponibili in Italia.
Sulla base delle modificazioni apportate dall’articolo 9 della legge 30 ottobre 2014, n. 161 (Legge europea-bis 2013), detta imposta è nell’attuale formulazione relativa al “valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all’estero dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato”.
Per poter giungere alla definizione dei “prodotti finanziari” utile all’applicazione dell’IVAFE, è necessario fare riferimento, pertanto, all’ambito oggettivo di applicazione dell’imposta di bollo di cui all’articolo 13, comma 2-bis, lettera a) e comma 2-ter), della Tariffa, Allegato A, Parte Prima, del decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972, n. 642.
Al riguardo, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto attuativo dei commi da 1 a 3 dell’articolo 19 del citato decreto legge n. 201 del 2011, del Ministero dell’Economia e delle finanze 24 maggio 2012, per “prodotti finanziari” si intendono quelli elencati all’articolo 1 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF), ivi compresi i depositi bancari e postali, anche se rappresentati da certificati (cfr. circolare 21 dicembre 2012, n. 48).
In particolare, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera u), del TUF rientrano nell’ambito dei prodotti finanziari “gli strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria (…)”.
La definizione di “strumenti finanziari” è contenuta nel comma 2 che, a sua volta, rinvia alla sezione C dell’Allegato I ove sono elencate, tra le altre, le seguenti tipologie: “1) valori mobiliari; 2) strumenti del mercato monetario; 3) quote di un organismo di investimento collettivo del risparmio; 4) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati (“future”), “swap”, accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati (…)”.
Sulla base di quanto chiarito dall’istante in sede di riscontro alla richiesta di documentazione integrativa, l’investimento sulla Piattaforma estera non può essere estinto anticipatamente dall’investitore fatta salva la facoltà dell’utente “di offrire la propria quota di partecipazione ad altri utenti della piattaforma (mercato secondario), per tentare di rientrare anticipatamente nella disponibilità del capitale investito”.
Tale ultima circostanza, che attribuisce di fatto all’investimento in esame il requisito della “negoziabilità” nel mercato dei capitali, consente di configurare l’investimento in oggetto quale “prodotto finanziario” sulla base di quanto stabilito dal citato articolo 1 del TUF, e conseguentemente – così come rappresentato dall’istante – sullo stesso è dovuta l’IVAFE con l’aliquota prevista nella misura del 2 per mille da applicare al valore rapportato alla quota di possesso ed al periodo di detenzione.
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