L’articolo 321 c.p.p. dispone che “1. Quando vi è pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati, a richiesta del pubblico ministero il giudice competente a pronunciarsi nel merito ne dispone il sequestro con decreto motivato. Prima dell’esercizio dell’azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari.
2. Il giudice può altresì disporre il sequestro delle cose di cui è consentita la confisca.
2-bis. Nel corso del procedimento penale relativo a delitti previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale il giudice dispone il sequestro dei beni di cui è consentita la confisca.
3. Il sequestro è immediatamente revocato a richiesta del pubblico ministero o dell’interessato quando risultano mancanti, anche per fatti sopravvenuti, le condizioni di applicabilità previste dal comma 1. Nel corso delle indagini preliminari provvede il pubblico ministero con decreto motivato, che è notificato a coloro che hanno diritto di proporre impugnazione. Se vi è richiesta di revoca dell’interessato, il pubblico ministero, quando ritiene che essa vada anche in parte respinta, la trasmette al giudice, cui presenta richieste specifiche nonché gli elementi sui quali fonda le sue valutazioni. La richiesta è trasmessa non oltre il giorno successivo a quello del deposito nella segreteria.
3-bis. Nel corso delle indagini preliminari, quando non è possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del giudice, il sequestro è disposto con decreto motivato dal pubblico ministero. Negli stessi casi, prima dell’intervento del pubblico ministero, al sequestro procedono ufficiali di polizia giudiziaria, i quali, nelle quarantotto ore successive, trasmettono il verbale al pubblico ministero del luogo in cui il sequestro è stato eseguito. Questi, se non dispone la restituzione delle cose sequestrate, richiede al giudice la convalida e l’emissione del decreto previsto dal comma 1 entro quarantotto ore dal sequestro, se disposto dallo stesso pubblico ministero, o dalla ricezione del verbale, se il sequestro è stato eseguito di iniziativa dalla polizia giudiziaria.
3-ter. Il sequestro perde efficacia se non sono osservati i termini previsti dal comma 3-bis ovvero se il giudice non emette l’ordinanza di convalida entro dieci giorni dalla ricezione della richiesta. Copia dell’ordinanza è immediatamente notificata alla persona alla quale le cose sono state sequestrate.”
Il provvedimento di sequestro preventivo deve essere rispettoso dei requisiti e presupposti stabiliti dalle norme che di seguito si riportano:
- il fumus boni iuris
- il periculum in mora
- la motivazione
- quando vi sia il rischio che la libera disponibilità di una cosa possa aggravare o protrarre le conseguenze di un reato, o agevolare la commissione di nuovi reati
Il provvedimento che autorizza il sequestro perde efficacia, se non è eseguito entro il termine di trenta giorni dalla pronuncia
Sussistenza delle ragioni cautelari
I giudici di piazza Cavour(vedasi anche Cass., sezione penale, sentenza n. 8901 del 2025) hanno fissato i criteri di riferimento per ravvisare la sussistenza delle esigenze cautelari necessarie per il mantenimento del sequestro preventivo a fini di confisca, in particolare sul denaro.
Sul punto le Sezioni Unite hanno precisato che “il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 cod. pen., deve contenere la concisa motivazione anche del “periculum in mora”, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio, ad eccezione delle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, per le quali è sufficiente la mera indicazione della appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili “ex lege” (Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848).
Tanto in modo da garantire coerenza con criteri di proporzionalità, adeguatezza e gradualità della misura cautelare reale, evitando appunto un’indebita compressione di diritti costituzionalmente e convenzionalmente garantiti, quali il diritto di proprietà o la libertà di iniziativa economica, e la trasformazione della misura cautelare in uno strumento, in parte o in tutto, inutilmente vessatorio. Ed è stato conseguentemente aggiunto come l’indicazione che la definizione del giudizio non possa essere attesa, posto che, diversamente, la confisca rischierebbe di divenire, successivamente, impraticabile, comporti una diversa modulazione del contenuto motivazionale del provvedimento coercitivo, dove «è il parametro della “esigenza anticipatoria” della confisca a dovere fungere da criterio generale cui rapportare il contenuto motivazionale del provvedimento, con la conseguenza che, ogniqualvolta la confisca sia dalla legge condizionata alla sentenza di condc1nna o di applicazione della pena, il giudice sarà tenuto a spiegare, in termini che, naturalmente, potranno essere diversamente modulati a seconda delle caratteristiche del bene da sottrarre, e che in ogni caso non potranno non tenere conto dello stato interlocutorio del provvedimento, e, dunque, della sufficienza di elementi di plausibile indicazione del periculum, le ragioni della impossibilità di attendere il provvedimento definitorio del giudizio» (Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, cit., in motivazione).
E la sussistenza del periculum in mora può essere desunta, in linea con quanto affermato sul punto dalla Corte di cassazione civile in materia di sequestro conservativo (ex multis, Sez. 3, n. 2081 del 13/02/2002, Rv. 552250 – 01), sia da elementi oggettivi, attinenti alla consistenza quantitativa (in ragione cioè dell’entità del profitto determinante il quantum sequestrabile e successivamente confiscabile, che, nel caso di specie, è pari alla rilevante cifra di euro 767.306,00) o alla natura e composizione qualitativa dei beni attinti dal vincolo, sia da elementi soggettivi, relativi al comportamento dell’onerato, che lascino fondatamente temere il compimento di atti dispositivi comportanti il depauperamento del suo patrimonio, senza che gli stessi elementi (oggettivi e soggettivi) debbano necessariamente concorrere, essendo tra di loro alternativi per fondare la giustificazione del sequestro (Sez. 3, n. 44874 dell’11/10/2022, Fricano, Rv. 283769). “
Principio di sussidiarietà e profitto del reato
La sentenza n. 8901 depositata il 4 marzo 2025 ha chiarito che ” il sequestro non viola il principio di sussidiarietà del sequestro di valore, dal momento che il dispositivo del provvedimento adottato dal G.I.P. prevede il sequestro preventivo finalizzato alla confisca, anche per equivalente, dei beni intestati e/o nella disponibilità degli indagati, mentre l’ordinanza impugnata ha chiarito, conformemente al consolidato orientamento affermato dalla Corte di legittimità nella sua più autorevole composizione (Sez. U, n. 10561 del 30/01/2014, Gubert, Rv. 258646), che il denaro rinvenuto al momento dell’esecuzione del sequestro, che ne costituisce il profitto, formerà oggetto di sequestro diretto nei confronti della persona giuridica e dei suoi organi, mentre, solo subordinatamente, potrà procedersi al sequestro per equivalente nei confronti degli organi e, ove la persona giuridica costituisca uno schermo fittizio, anche nei confronti della persona giuridica stessa (pagina 27 della ordinanza impugnata).
Quanto al profitto, contrariamente a quanto sostenuto in ricorso, esso è cristallizzato – nella incolpazione provvisoria – nella evasione dell’accisa e dell’IVA, quale conseguenza dell’agevolazione fiscale indebitamente goduta, attraverso artifici e raggiri costituiti dalla indicazione di dati informativi falsi sulla documentazione semplificata di accompagnamento (DAS) necessaria per la movimentazione di prodotti soggetti ad accisa. E nel concetto di profitto del reato, definito dalla giurisprudenza quale “vantaggio economico ricavato in via immediata e diretta dal reato” (Sez. F, n. 44315 del 12/09/2013, Rv. 258636), è stato ricompreso anche il c.d. “risparmio di spesa”, avendo le Sezioni Unite della Cassazione affermato che “in tema di reati tributari (…) il profitto (… ) è costituito da qualsivoglia vantaggio patrimoniale direttamente conseguito alla consumazione del reato e può, dunque, consistere anche in un risparmio di spesa, come quello derivante dal mancato pagamento del tributo” (Sez. U, n.18374 del 31/01/2013, Adami, Rv. 255036; sulla confiscabilità del risparmio di spesa conseguente al mancato versamento delle imposte, cfr., da ult., Sez. 3, n. 50320 del 10/11/2023, Alborghetti, Rv. 285624).”
Preclusione processuale
Per gli Ermellini (Cass., sez. penale, sentenza n. 8901 del 2025) “la preclusione processuale determinata dal cosiddetto “giudicato cautelare” opera solo nel caso in cui via sia stato un effettivo apprezzamento, in fatto o in diritto, del materiale probatorio e dell’imputazione provvisoria, non conseguendo, invece, tale effetto alle decisioni che definiscono l’incidente cautelare in relazione ad aspetti meramente procedurali (Sez. 3, n. 8669 del 25/01/2024, Di Donato, Rv. 285962; Sez. 6, n. 43123 del 27/10/2020, Riviezzi, Rv. 248804)).”
Inoltre per Il Supremo Consesso “non sussiste alcuna preclusione alla reiterazione del provvedimento di sequestro preventivo fondato sugli stessi presupposti del precedente, se quest’ultimo sia stato dichiarato inefficace solo per vizio meramente formale, in quanto il principio del ne bis in idem è ostativo alla reiterazione della misura medesima solo quando il giudice sia chiamato a riesaminare nel merito quegli stessi elementi che già siano stati ritenuti insussistenti o insufficienti e non anche quando tali elementi non siano stati valutati nel merito dal giudice del riesame (cfr. Sez. 3, n. 33988 del 16/06/2023, Fabiano, Rv. 285206; Sez. 3, n. 37706 del 22/09/2006, Ciuti, Rv. 235249-01, nonché, per identiche conclusioni con riferimento al sequestro probatorio, Sez. 4, 13817 del 28/02/2023, Marchetta, Rv. 284562-01, e Sez. 3, n. 9972 del 05/11/2019, dep. 2020, Fattori, Rv. 278422-01).
(…) Allo stesso modo, si è precisato che, in materia di sequestro preventivo, l’annullamento del procedente provvedimento che dispone la misura ablativa non è di ostacolo all’emissione di una nuova misura, nei confronti della stessa persona e avente ad.oggetto i medesimi beni, laddove non via sia stata alcuna precedente valutazione di merito in ordine alla sussistenza dei presupposti richiesti per l’adozione della misura, tra cui, ai fini che qui rilevano, il periculum in mora (Sez. 3, n. 15125 del 28/03/2024, Rv. 286171).” (Cass., sez. penale, sentenza n. 8901 del 2025)
Ricorso in cassazione contro il provvedimento di sequestro
La giurisprudenza di legittimità afferma costantemente che “il ricorso per cassazione contro le ordinanze in materia di appello e di riesame di misure cautelari reali, ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., è ammesso per sola violazione di legge, in tale nozione dovendosi ricomprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (vedasi Sez. U, n. 25932 del 29/5/2008, Ivanov, Rv. 239692; conf. Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, Basi, Rv. 245093; Sez. 3, n. 4919 del 14/07/2016, Faiella, Rv. 269296; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Rv. 269656).
Ed è stato anche precisato che è ammissibile il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo, pur consentito solo per violazione di legge, quando la motivazione del provvedimento impugnato sia del tutto assente o meramente apparente, perché sprovvista dei requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e l”‘iter” logico seguito dal giudice nel provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 6589 del 10/1/2013, Gabriele, Rv. 254893). Di fronte all’assenza, formale o sostanziale, di una motivazione, atteso l’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, viene dunque a mancare un elemento essenziale dell’atto. ” (Cass., sez. penale, sentenza n. 8901 del 2025)