AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 06 novembre 2020, n. 532
Articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n. 212. Qualificazione ai fini dell’IVA dell’attività di affidamento di una struttura per anziani da parte di una Fondazione
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La Fondazione istante afferma di aver assunto la qualifica di ONLUS, ai sensi dell’articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, perseguendo scopi non lucrativi di utilità sociale, provvedendo, in particolare, a realizzare strutture per prevenire e rispondere al bisogno di persone anziane che vertono in situazioni personali effettivamente marginali e disagiate, anche sotto l’aspetto del bisogno economico.
A tal fine, l’istante ha sviluppato un progetto per la realizzazione e gestione diretta di minialloggi di edilizia residenziale da destinarsi ai richiedenti aventi determinati requisiti soggettivi di reddito e condizione familiare. Il progetto, tuttavia, si è rilevato essere complesso e difficile nella sua attuazione, in particolare, per la gestione diretta della struttura, che avrebbe richiesto competenze specifiche nonché l’osservanza e l’espletamento di numerosi adempimenti burocratici e regolamentari, in fase di avvio e nel corso della gestione.
Per tali ragioni, la Fondazione ha limitato il progetto alla sola realizzazione della struttura e, a tal fine, ha dato corso a un bando di gara per l’affidamento delle seguenti attività: “la progettazione definitiva-esecutiva, la costruzione e gestione (da parte dell’impresa affidataria) di una nuova struttura per anziani”.
Da quanto emerge dal predetto bando, la costruenda struttura sarà realizzata su un’area di proprietà della Fondazione e dal medesimo atto si evince che per il perseguimento dell’equilibrio economico-finanziario dell’operazione, è prevista l’erogazione di una somma da parte della stessa Fondazione corrispondente a euro (…), oltre l’IVA, così specificati:
– euro (…) nella disponibilità dell’ente istante;
– euro (…) erogati da Banca Alfa, a fronte di un mutuo dalla stessa deliberato in data (…) e il cui atto di erogazione verrà stipulato all’aggiudicazione del bando;
– euro (…) in beni immobili, mediante la cessione di un terreno edificabile di proprietà della Fondazione.
L’affidamento è avvenuto a favore di un’associazione temporanea d’impresa (ATI) costituita tra l’impresa esecutrice della struttura e l’impresa gestore della stessa.
Ai sensi dell’articolo 5 della convenzione disciplinante l’affidamento, la Fondazione verserà all’ATI un corrispettivo di euro (…) (oltre l’IVA) per la realizzazione della struttura, e percepirà dalla stessa, un canore, per l’affidamento della gestione della medesima struttura, della durata di 10 anni.
In base alla convenzione, alla Fondazione è riservata la supervisione generale e il controllo sulle attività della struttura con ampia facoltà di verifica e di controllo sulla qualità e quantità dei servizi erogati.
La gestione e lo sfruttamento economico della struttura saranno affidate, al concessionario e alla scadenza della concessione, “il concessionario dovrà consegnare alla stazione appaltante, senza alcun onere per la stessa, la struttura realizzata, comprensiva di arredi e dotazioni, in perfetto stato di manutenzione e funzionalità “(cfr. art. 23 della convenzione).
Come anticipato, l’istante riceva un canone annuo, indicizzato ai valori ISTAT di riferimento, corrispondente all’importo offerto in sede di gara (oltre l’IVA) e determinato sulla base del piano economico-finanziario e in funzione dell’equilibrio economico della gestione (cfr. articolo 25 della convenzione), corrisposto per la durata di dieci anni.
La struttura è attualmente in fase di realizzazione e, una volta terminata, verrà quindi concessa in gestione all’impresa assegnataria la quale, come previsto dal contratto di concessione, è obbligata nei prossimi 10 anni a eseguire i seguenti interventi:
– provvedere, a proprie cure e spese, alla gestione e allo sfruttamento economico della struttura attraverso lo svolgimento dei servizi sanitari, alberghieri e generali risultanti dalle linee guida dei servizi da erogare;
– prestare i servizi sanitari e sociali stabiliti nel medesimo contratto di concessione e applicare le rette concordate con la Fondazione;
– provvedere alle manutenzioni ordinarie e straordinarie della struttura che si rendessero necessarie per assicurare la corretta ed efficiente funzionalità della stessa;
– corrispondere alla Fondazione il canone di concessione pattuito, corrispondente all’importo offerto in sede di gara e determinato sulla base del piano economico-finanziario;
– riconsegnare alla Fondazione, alla scadenza della concessione, la struttura realizzata comprensiva di arredi e dotazioni in perfetto stato di manutenzione e funzionalità.
Ciò posto, l’istante chiede di conoscere:
1) ai fini IVA, se:
– in relazione alla descritta attività, assuma la qualifica di soggetto passivo e, conseguentemente, possa esercitare il diritto alla detrazione dell’imposta assolta sui servizi di costruzione della suddetta struttura;
– l’affidamento della gestione della struttura si qualifica come locazione di fabbricato strumentale per natura e, come tale, esente dall’IVA, ai sensi dell’articolo 10, n. 8), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, salvo opzione per l’imponibilità espressamente indicata dal locatore nel relativo atto;
– ai corrispettivi dei contratti di appalto per la costruzione della struttura, unitariamente considerata nella sua destinazione funzionale di casa di residenza per anziani, nonché all’eventuale acquisto di beni finiti destinati alla costruzione della stessa, si applica l’IVA nella misura ridotta del 10 per cento, ai sensi dei numeri 127- sexies) e 127-septies) della Tabella A, parte terza, allegata al citato d.P.R. n. 633 del 1972.
2) ai fini delle imposte dirette, come qualificare il canone che andrà a percepire, ossia se lo stesso debba essere tassato come reddito fondiario (rendita catastale) o da locazione di fabbricato o come reddito diverso (reddito di fare, non fare o permettere).
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’interpellante ritiene che l’attività posta in essere per la realizzazione della suddetta struttura assuma carattere di “attività d’impresa” rilevante ai fini dell’IVA, avendo comportato un’organizzazione di mezzi e risorse funzionali al raggiungimento dell’obiettivo prefissato (realizzazione di una struttura attrezzata per anziani) e concretizzandosi in uno sfruttamento di beni per ricavarne introiti stabili, ai sensi delle disposizioni contenute nella Direttiva n. 2006/112/CE, facendo conseguentemente sorge in capo alla Fondazione il presupposto soggettivo d’imposta, ai sensi dell’articolo 4 del suddetto d.P.R. n. 633 del 1972.
Il canone di affidamento, inoltre, costituisce, a parere della Fondazione, il corrispettivo per lo svolgimento di una prestazione avente per oggetto la messa a disposizione di un complesso immobiliare strumentale da assoggettare a IVA alla medesima aliquota ordinaria, previa opzione per l’imponibilità da esercitare dal locatore nel relativo atto. Conseguentemente, l’istante ritiene corretto esercitate il diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte sugli acquisti di beni e servizi afferenti la realizzazione della suddetta struttura. Infine, relativamente ai corrispettivi relativi alla costruzione della struttura e all’acquisto dei beni finiti impiegati nella stessa costruzione, la Fondazione è del parere che siano da assoggettare ad IVA, nella misura ridotta del 10 per cento.
Con riferimento alle imposte dirette, l’interpellante ritiene che, sussistendo la qualificazione di attività d’impresa, l’attività dovrà essere sottoposta a tassazione in base al risultato economico, costituito dalla differenza tra i ricavi da concessione e i costi di gestione (compensi contabili, oneri vari minuti di gestione, interessi sul mutuo, quote di ammortamento della struttura immobiliare realizzata, ecc.).
Parere dell’Agenzia delle entrate
Ai fini dell’IVA, l’articolo 4, comma 4, del d.P.R. n. 633 del 1972, che disciplina il presupposto soggettivo d’imposta, prevede, tra l’altro, che per gli enti pubblici e privati che non hanno per oggetto principale l’esercizio di un’attività commerciale (oltre che agricola) «si considerano effettuate nell’esercizio di imprese soltanto le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte nell’esercizio di attività commerciali o agricole».
Pertanto, per gli enti non commerciali, ai sensi della predetta disposizione, si considerano rese nell’esercizio di imprese soltanto le operazioni effettuate nell’esercizio di attività commerciali (oltre che agricole).
Per «esercizio di impresa» si intende – sia ai fini IVA ai sensi dell’articolo 4, comma 1, del d.P.R. n. 633 del 1972, sia ai fini IRES ai sensi dell’articolo 55 del TUIR «l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività commerciali o agricole di cui agli articoli 2135 e 2195 del Codice Civile, anche se non organizzate in forma di impresa, nonché l’esercizio di attività, organizzate in forma di impresa, dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell’articolo 2195 del Codice Civile».
Pertanto, nell’eventualità che un ente svolga un’attività riconducibile tra quelle elencate nell’articolo 2195 del Codice Civile, la natura commerciale della stessa si configura a prescindere dalla sussistenza di un’organizzazione d’impresa.
Un’attività è organizzata in forma d’impresa quando implica la predisposizione di un’apposita organizzazione di mezzi e di risorse funzionali all’ottenimento di un risultato economico ovvero l’impiego e il coordinamento del capitale per fini produttivi nell’ambito di un’operazione di rilevante entità economica (cfr. risoluzioni n. 286/E dell’11 ottobre 2007 e n. 169/E del 1 luglio 2009).
Conseguentemente, la commercialità dell’attività svolta sussiste qualora la stessa sia caratterizzata dai connotati tipici della professionalità, sistematicità e abitualità, ancorché non esclusiva.
In base all’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione [ sentenza n. 4407 del 10 maggio 1996] e ribadito, peraltro, dall’Agenzia delle entrate nelle risoluzioni n. 148/E, n. 202 e 273 del 2002 “l’abitualità, sistematicità e continuità dell’attività economica (.) vanno intese in senso non assoluto, ma relativo”, per cui la qualifica di imprenditore può configurarsi anche in conseguenza di un unico affare, in considerazione della sua rilevanza economica e della complessità delle operazioni in cui si articola e che implica una serie coordinata di atti economici.
Al riguardo, come precisato da una prassi consolidata (risoluzioni nn. 169/E del 2009, n. 148/E, 204/E e n. 273/E del 2002), richiamando la sentenza della Corte di Cassazione n. 8193 del 1997, “non è necessario (…) che la funzione organizzativa dell’imprenditore” costituisca “un apparato strumentale fisicamente percepibile, poiché quest’ultimo può ridursi al solo impiego dei mezzi finanziari, sicché la qualifica di imprenditore va attribuita a chi utilizzi e coordini un proprio capitale per fini produttivi” .
In merito alla qualifica di soggettivo d’imposta ai fini IVA occorre far riferimento all’articolo 9, della Direttiva n. 2006/112/CE che prevede che soggetto passivo è “chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività”.
Con riferimento alla nozione di “attività economica”, con la risoluzione n. 122/E del 6 maggio 2009, si è precisato che il suddetto articolo 9 stabilisce che essa deve essere intesa “come lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità” (cfr. sentenze della Corte di Giustizia 26 settembre 1996, causa C-230/94 e 27 gennaio 2000, causa C-23/98).
Al fine di verificare la predetta finalità, la giurisprudenza della stessa Corte di Giustizia UE ha affermato che è necessario considerare il complesso dei dati che caratterizzano il caso specifico e, in particolare, la natura del bene e, al riguardo lo stesso Organo ha precisato, tra l’altro, che “il fatto che un bene si presti ad uno sfruttamento esclusivamente economico basta, di regola, per far ammettere che il proprietario lo utilizza per esercitare attività economiche, e, quindi per realizzare introiti aventi un certo carattere di stabilità. (…)” (cfr. sentenza Corte di Giustizia CE causa n. 230/94 del 1996).
Nella fattispecie in esame, la Fondazione realizza un’articolata e complessa attività che si sostanzia nella realizzazione di una struttura destinata a svolgere attività assistenziali, alberghiere, e sanitarie oltre a tutte le altre attività risultanti dalle “linee guida dei servizi da erogare” allegato al disciplinare di gara (attività di riabilitazione, servizio domestico, incluso quello della pulizia dei locali, rifacimento letti, fornitura e preparazione e distribuzione del vitto, attività di animazione, eventuali altri servizi attinenti la gestione della struttura ecc.) (cfr. art. 23 della convenzione).
Tali attività, inoltre, non sono svolte direttamente dalla Fondazione ma oggetti di affidamento – mediante contratto di concessione – ad un ATI (scelta e selezionata previo apposito bando di gara), che si occuperà sia della realizzazione della struttura che della relativa gestione economica, a fronte del pagamento di un canone di concessione annuo di circa (…) euro (per i primi due anni pari a (…) euro corrispondente all’importo offerto in sede di gara e determinato sulla base del piano economico-finanziario e in funzione dell’equilibrio economico della gestione (cfr. articolo 25 della convenzione).
Al riguardo, si ritiene, coerentemente con la menzionata prassi e la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, che l’esercizio delle descritta attività configuri in capo alla Fondazione esercizio di un’attività economica effettuata con modalità imprenditoriali.
Assume rilevanza in proposito, la circostanza che la Fondazione nella realizzazione della predetta struttura utilizza un ingente capitale costituito in parte da denaro, anche tramite l’accensione di un mutuo e in parte da beni immobili (terreni edificabili) che verranno ceduti per incrementare l’apporto finanziario necessario al perseguimento dell’equilibrio economico-finanziario dell’operazione, provvede alla organizzazione di un bando di gara per l’individuazione dell’impresa affidataria a cui affidare non solo la realizzazione concreta della struttura ma anche la relativa gestione, stabilendo per contratto diritti economici espressi.
In particolare, relativamente alla attività gestione, l’ATI si impegna ad effettuare una serie di prestazioni, tra cui provvedere alle manutenzioni ordinarie e straordinarie della struttura necessarie per la corretta ed efficiente funzionalità della stessa, prestare i servizi sanitari e sociali stabiliti nel contratto di concessione.
Pertanto, esclusa la qualifica del contratto di locazione, si ritiene che la diversa e più complessa prestazione generica assume rilevanza ai fini IVA e, comporta che il relativo canone deve essere assoggetto all’imposta nella misura ordinaria.
Conseguentemente, si ritiene che la Fondazione possa esercitare il relativo diritto alla detrazione dell’imposta, ai sensi dell’articolo 19 del citato d.P.R. n. 633 del 1972, assolta sull’acquisto di beni e servizi afferenti relativamente alla costruzione della struttura.
In merito all’aliquota IVA da applicare ai corrispettivi previsti contrattualmente per la realizzazione della struttura, si è del parere che gli stessi debbano essere assoggettati all’imposta nella misura ridotta del 10 per cento, ai sensi del numero 127- septies), della tabella A, parte terza, allegata al suddetto d.P.R. n. 633, che dispone l’applicazione della predetta aliquota alle «prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto relativi alla costruzione delle opere, degli impianti e degli edifici di cui al n. 127-quinquies».
Il citato numero 127-quinquies) prevede, tra l’altro, l’applicazione dell’aliquota IVA del 10 per cento «alle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, elencate nell’art. 4 della Legge 29 settembre 1964, n. 847, integrato dall’art 44 della Legge 22 ottobre 1971, n. 865; (. ) edifici di cui all’articolo 1 della Legge 19 luglio 1961, n. 659, assimilati ai fabbricati di cui all’articolo 13 della Legge 2 luglio 1949, n. 408, e successive modificazioni».
Al riguardo, con riferimento all’identificazione degli edifici assimilati alle case di abitazione di cui all’ art. 13 della citata legge n. 408 del 1949, vi rientrano quelli previsti dall’art. 1 della legge n. 659 del 1961 ed indicati dall’articolo 2, comma 2, del R.d.l. 21 giugno 1938 n. 1094, convertito nella legge 5 gennaio 1939, n. 35 (scuole, caserme, ospedali, case di cura, ricoveri, colonie climatiche, collegi, educandati, asili infantili, orfanotrofi e simili); la locuzione «e simili» contenuta nella disposizione rende l’indicazione non tassativa. (cfr. circolare n. 1/E del 2 marzo 1994).
Infatti, con la predetta circolare n.1/E del 1994, è stato precisato che, per quanto attiene all’identificazione dei sopra menzionati edifici assimilati alle case di abitazione, con la circolare n. 14 del 17 aprile 1981, erano stati compresi nella categoria anche gli immobili diversi da quelli espressamente indicati nell’articolo 2 della citata legge n. 35 del 1939, ma aventi analoghe finalità e comunque destinati a ospitare collettività.
Nella medesima circolare n. 1/E l’Amministrazione finanziaria ha ritenuto di riconsiderare l’originario orientamento, riconoscendo che «il beneficio fiscale si rende applicabile anche a edifici che, pure se non sono precipuamente destinati a ospitare collettività, sono utilizzati per il perseguimento delle finalità di istruzione, cura, assistenza e beneficienza. Ciò anche sulla base dei principi enunciati dalla Corte di Cassazione con la sentenza 3503 del 5 dicembre 1972, nella quale si sottolinea la necessità di far riferimento, per l’applicazione dei benefici fiscali, alle finalità di interesse collettivo, perseguite attraverso l’attività svolta negli immobili».
Pertanto, alla luce di quanto sopra chiarito, si ritiene che la costruzione della struttura in argomento possa beneficiare dell’aliquota IVA del 10 per cento, in quanto struttura destinata al perseguimento di «finalità di interesse collettivo, perseguite attraverso l’attività svolta negli immobili».
Con riferimento all’aliquota IVA da applicare all’eventuale acquisto di beni finiti destinati alla costruzione della medesima struttura per anziani, si precisa che il numero 127-sexies) della menzionata tabella A, parte terza, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972, prevede l’applicazione dell’aliquota IVA ridotta del 10 per cento alle cessioni di «beni, escluse le materie prime e semilavorate, forniti per la costruzione delle opere, degli impianti e degli edifici di cui al numero 127-quinquies)», fermo restando che le caratteristiche strutturali e la destinazione/conduzione della struttura rispecchino effettivamente e in modo univoco (anche catastalmente), le descritte finalità, nel rispetto ovviamente della normativa di settore.
L’agevolazione riguarda unicamente i «beni finiti», che, secondo i chiarimenti forniti dall’Amministrazione finanziaria, si caratterizzano per la circostanza di conservare la propria individualità anche quando vengono incorporati nella costruenda opera, quali ad es. sanitari, ascensori, caldaie, termosifoni, tubazioni, interruttori, porte, finestre, ecc. (cfr. circolari n. 25 del 3 agosto 1979 e n. 17 del 14 aprile 1981). Al riguardo, non sono da considerarsi «beni finiti» quei beni che, pur rappresentando prodotti finiti per il cedente costituiscono materie prime o semilavorati per chi li utilizza, quali mattoni, piastrelle, calce, chiodi, ecc.
In ogni caso, l’applicazione dell’aliquota agevolata è subordinata al rilascio da parte dell’acquirente di una dichiarazione circa l’utilizzazione dei predetti beni considerati finiti, come sopra precisato, ossia che gli stessi siano stati effettivamente destinati alla realizzazione di un’opera agevolata.
Infine, in merito alla problematica inerente alla qualificazione del canone di concessione agli effetti delle imposte dirette, si formulano le seguenti osservazioni.
Ai fini della tassazione diretta, come chiarito dalla circolare del Ministero delle Finanze n. 168/E del 26 giugno 1998, in materia di imposte sui redditi, l’articolo 12 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, ha introdotto l’articolo 150 del TUIR al fine di prevedere che «Per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), ad eccezione delle società cooperative, non costituisce esercizio di attività commerciale lo svolgimento delle attività istituzionali nel perseguimento di esclusive finalità di solidarietà sociale. Iproventi derivanti dall’esercizio delle attività direttamente connesse non concorrono alla formazione del reddito imponibile». In proposito, si precisa che legislatore ha voluto operare una netta distinzione tra attività istituzionale, indicate al comma 1, lett. a), art. 10 del decreto legislativo n. 460 del 1997 intese all’esclusivo perseguimento di finalità di solidarietà sociale e attività connesse.
Le attività istituzionali, infatti, sono del tutte escluse dall’area della commercialità; conseguentemente tali attività sono completamente irrilevanti ai fini delle imposte sui redditi.
A differenza delle attività istituzionali, le attività connesse mantengono la natura di attività commerciali, ma non concorrono, per espressa previsione contenuta nel comma 2 dell’art. 150 del TUIR, alla formazione del reddito imponibile.
Con riferimento specifico all’attività di assistenza sociale e socio-sanitaria svolta dalle case di riposo (alla quale può essere, sostanzialmente, assimilata la struttura oggetto del presente interpello), con la circolare n. 48/E del 18 novembre 2004, è stato ulteriormente precisato che è riconducibile nell’attività istituzionale della casa di riposo-ONLUS l’attività di assistenza sociale e socio-sanitaria svolta nei confronti di soggetti che versano in condizioni personali disagiate anche sotto l’aspetto economico. Prosegue la stessa circolare precisando che ai sensi dell’articolo 10, comma 1, lettera c), del decreto legislativo n. 460 del 1997 le ONLUS non possono svolgere attività diverse da quelle istituzionali nei settori tassativamente individuati, ad eccezione di quelle direttamente connesse, come definite dalla norma e, che dette attività, come precisato dalla relazione illustrativa del citato d.lgs. n. 460 del 1997, sono finalizzate al reperimento di fondi necessari per finanziare le attività istituzionali dell’organizzazione.
Con la risoluzione n. 146/E del 21 dicembre 2006, è stato, altresì, precisato che sono riconducibili nell’attività istituzionale delle ONLUS che gestiscono case di riposo le seguenti prestazioni:
– prestazioni rese ad anziani che corrispondono una quota della retta inferiore al cinquanta per cento della retta stessa;
– prestazioni assistenziali e socio-sanitarie rese a soggetti anziani in condizione di non autosufficienza riconosciuta e documentata come grave.
In sostanza, da quanto emerge dalla citata prassi, una casa di riposo-ONLUS è tenuta necessariamente a svolgere in via primaria l’attività istituzionale nei confronti dei soggetti svantaggiati e, in via secondaria e non prevalente, quella direttamente accessoria rispettando le predette condizioni.
Infatti, come precisato dalla circolare n. 48/E del 2004, ai fini del giudizio di prevalenza (articolo 10, comma 1, lettera a) e, in particolare, del raffronto tra attività istituzionali e attività connesse, per il settore di attività di assistenza sociale e sociosanitaria svolta nell’ambito delle case di riposo-ONLUS assume particolare rilievo il numero degli ospiti assistiti in ciascun anno.
Il carattere “non prevalente” delle attività connesse è determinante per caratterizzare in senso “solidaristico” la struttura operativa e funzionale delle ONLUS, evitando che le stesse possano svolgere all’opposto, in “via esclusiva” o “principale” attività connesse. Il criterio della prevalenza comporta, quindi, l’esame di una pluralità di elementi rilevanti ai fini del confronto tra le “attività istituzionali” e quelle “direttamente connesse”, quali ad esempio gli investimenti, l’impiego delle risorse materiali ed umane e il numero delle prestazioni effettuate.
Con riferimento alla Fondazione istante, sulla base della documentazione trasmessa e di quanto rappresentato nella istanza, non sembra emergere che l’istante svolga un’attività istituzionale diretta nei confronti di soggetti in condizioni di svantaggio o di disagio considerato che “la struttura è in fase di realizzazione ed una volta terminata verrà quindi concessa in gestione all’impresa assegnataria che, come previsto nel contratto di concessione (rif. art. 23 e seg. del contratto di concessione – allegato 2), dovrà per i prossimi 10 anni: – provvedere a proprie cure e spese, alla gestione e allo sfruttamento economico (. .), effettuando lo svolgimento dei servizi sanitari, assistenziali, alberghieri e generali risultanti nelle “linee guida dei servizi da erogare” (..);-prestare i servizi sanitari e sociali stabiliti nel contratto di concessione (..)”.
Tali affermazioni, portano a ritenere che la Fondazione non gestisca direttamente la struttura per anziani e, conseguentemente, la stessa sembra svolgere un’attività in regime di impresa.
La concessione della gestione della struttura per anziani, infatti, non rientra tra le attività istituzionali che devono essere rese dell’ente, ai sensi dell’articolo 10 del citato d.lgs. n. 460 del 1997, direttamente nei confronti di soggetti svantaggiati, ma potrebbe, eventualmente, rientrare tra quelle direttamente “connesse” di cui al comma 2 del citato articolo 150 del TUIR, sempre che le stesse, come precisato dalla suddetta circolare n. 168/E del 1998, rispettino le seguenti condizioni:
a) non siano prevalenti rispetto all’attività istituzionale;
b) i proventi di dette attività direttamente connesse non superino il 66 per cento delle spese complessive dell’organizzazione.
Nel caso di specie, tali circostanze non appaiono integrate e, pertanto, comportano la difficoltà di riconosce la qualifica di ONLUS della Fondazione istante.
Ne consegue che, i proventi derivanti dalla concessione della gestione della struttura per anziani concorreranno alla formazione del reddito imponibile secondo le ordinarie disposizioni di cui all’art. 143 del Tuir.
La presente risposta viene fornita sulla base dei dati e fatti come rappresentati nell’istanza di interpello, fermo restando il potere di controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria circa la corretta qualificazione della Fondazione quale ONLUS, attività non esperibile in sede di interpello.
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