AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 23 settembre 2021, n. 622
Qualificazione dei proventi attribuiti attraverso i c.d. carried interest ex art. 60 del decreto legge n.50 del 2017
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La Società Istante nel corso del 2016 è stata oggetto di acquisizione da parte di due fondi di investimento internazionali di private equity.
L’operazione di acquisizione ha previsto dapprima la costituzione da parte dei suddetti fondi della società Beta (di seguito, per brevità la “Holding”), la quale ha costituito la Società veicolo Alfa partecipata per il 79,4% dalla stessa Holding e per il restante 20,6% dalla famiglia. Attraverso la Società veicolo è stato poi acquisito l’intero capitale sociale della Società istante, il 90 per cento della società Gamma ed il 5 per cento della società Delta. Completata l’acquisizione, la Società Alfa è stata incorporata dalla Società istante mediante fusione inversa.
L’operazione sopradescritta è avvenuta attraverso l’apporto di capitale (equity) nella Società veicolo in misura pari a circa euro 41,7 milioni ed un finanziamento concesso da un pool di banche per un massimo di euro 60,2 milioni.
Tuttavia, nel corso del 2017 e del 2018, si sono verificati degli eventi imprevedibili che hanno determinato un forte calo nel fatturato che, a sua volta, ha generato forti perdite nel corso degli anni dal 2017 al 2019.
Tutto ciò ha comportato la totale erosione del capitale sociale e delle riserve andando a determinare un patrimonio netto negativo al 1° settembre 2020 di euro 6.051.513.
Di conseguenza, in data 2 settembre 2020, la Società ha depositato presso il Tribunale di Brescia un ricorso ai sensi articolo 161, comma 6, del Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare), un piano di risanamento industriale che prevedeva in estrema sintesi una ricapitalizzazione della società attraverso:
– una delibera di un aumento di capitale pari ad euro 2.400.000, offerto in opzione ai soci (Holding e Famiglia);
– la conversione di una parte del debito bancario residuo per euro 13.000.000 (pari al 38,79% del debito residuo di euro 33.513.625) in strumenti finanziari partecipativi (nel seguito, per brevità, “SFP”) convertibili in azioni al verificarsi di alcune condizioni (sostanzialmente riferibili ad una situazione di nuovo default);
– la rimodulazione del debito finanziario a medio-lungo termine con gli istituti bancari.
In esito a tale piano di risanamento, attualmente il capitale sociale della Società, pari ad euro 1.522.322 è ripartito in 1.522.322 azioni prive di valore nominale (azioni ordinarie di categoria A) e risulta detenuto per l’80,85 per cento dalla Holding e per il 19,15 per cento dalla famiglia.
Contestualmente al piano di risanamento posto in essere dalla Società, è stato previsto un piano di incentivazione che soddisfi le condizioni dell’articolo 60 del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50 destinato all’Amministratore delegato, due dirigenti e due quadri (di seguito i “manager”).
Tale piano di incentivazione prevede l’acquisto di n. 41.103 “Azioni di Categoria B” (mediante la cessione di un corrispondente numero di azioni di categoria A e la loro trasformazione con rapporto di 1:1 in azioni di categoria B) destinate ai manager, prive di diritti amministrativi, ma dotate dei diritti patrimoniali rafforzati per un corrispettivo pari ad euro 180.000 (importo corrispondente al 7,5 per cento del capitale sociale e sovrapprezzo di euro 2.400.000,00). Al riguardo, viene precisato dall’Istante che farà redigere da parte di un professionista qualificato una perizia valutativa, con data non antecedente a 30 giorni rispetto all’implementazione del piano di incentivazione, volta ad accertare il valore del patrimonio netto corrente della Società ai fini della verifica dell’investimento minimo.
Il piano prevede che i diritti patrimoniali rafforzati siano subordinati ad un c.d. ” trigger event” rappresentato dalla cosiddetta “Uscita Qualificata”, vale a dire ” qualsiasi negozio giuridico in forza del quale si realizzi, in via diretta o indiretta, uno dei seguenti risultati: (i) vendita da parte del socio di maggioranza di una propria partecipazione nel capitale sociale della società che determini un cambio di controllo;
(ii) cessione da parte della società di tutta, o sostanzialmente tutta, l’azienda di titolarità della società (o, nel caso in cui la Società diventi una mera holding di partecipazioni, la vendita di tutte o sostanzialmente tutte le partecipazioni possedute dalla società. Resta inteso che non costituisce Uscita Qualificata il cambio di controllo dovuto alla conversione degli SFP da parte dei rispettivi titolari”.
In aggiunta al verificarsi del trigger event, i soci ordinari dovranno aver realizzato un ritorno pari a X volte l’investimento iniziale (c.d. hurdle rate minimo) definito come rapporto tra i proventi netti e l’investimento dei soci titolari di azioni A.
In caso di cessazione anticipata, rispetto al trigger event, del rapporto di amministrazione o di lavoro tra uno dei manager e la Società, viene riconosciuto il diritto di riscattare le “Azioni di categoria B ” detenute da quel soggetto, corrispondendo:
– nel caso di good leaver, il valore delle azioni determinato sulla base del loro fair market value alla data di cessazione del rapporto di lavoro con la Società;
– nel caso di bad leaver, il valore delle azioni pari al minore tra: il corrispettivo pagato dal manager per l’acquisto delle azioni e il valore che gli verrebbe riconosciuto in caso di recesso, senza tenere conto dei diritti patrimoniali.
Viene, infine, rappresentato che alla data di presentazione della presente istanza i soci, la Società e i manager hanno condiviso e definito il testo del nuovo statuto che regolerà il piano di incentivazione e, quindi, i diritti e le relative condizioni legate alle “Azioni di categoria B” poste a servizio dello stesso, anche se l’adozione del piano stesso è subordinata alla risposta all’istanza di interpello.
Tanto premesso, la Società istante chiede se il piano di incentivazione in esame soddisfi i requisiti di cui all’articolo 60 del decreto legge n. 50 del 2017 e, conseguentemente se i redditi derivanti dalle “Azioni di categoria B” costituiscano redditi di natura finanziaria.
In subordine, qualora non si ritenessero soddisfatti tali requisiti, viene chiesto se gli elementi del piano di incentivazione sopra evidenziati siano idonei a garantire la qualificazione dei proventi (eventualmente attribuiti ai beneficiari) come redditi di natura finanziaria.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’Istante ritiene che i proventi derivanti dalle “azioni di categoria B”, detenute dai manager della Società, costituiscano redditi natura finanziaria, in quanto ritiene che, nel caso di specie, sussistano i requisiti previsti dall’articolo 60 del decreto legge n. 50 del 2017.
Quanto al requisito di cui alla lettera a) del comma 1 del citato articolo 60, ossia all’investimento minimo da parte dei manager, la Società evidenzia che in sede di implementazione del piano di incentivazione gli stessi investiranno euro 180.000.
Tale investimento è ritenuto rilevante sia in valore assoluto sia se rapportato alla recente ricostituzione del capitale sociale della Società per complessivi euro 2.400.000 e, rappresentando il 7,5 per cento di quanto versato dai soci in sede di ricostituzione del capitale sociale, consentirebbe di integrare il requisito di soglia minima di investimento previsto dalla norma (1 per cento).
Quanto al requisito di cui alla successiva lettera b), dall’Istante evidenzia che l’articolo 12 dello Statuto rubricato “Diritti patrimoniali rafforzati delle Azioni B” stabilisce che al verificarsi del trigger event, i soci ordinari oltre ad ottenere la restituzione di quanto investito, debbano realizzare un ritorno pari a X volte l’investimento iniziale (c.d. hurdle rate).
Viene infatti stabilito che i soci abbiano realizzato l'”hurdle rate minimo”, definito come “Multiplo dell’investimento almeno pari a X”; ove per “Multiplo dell’investimento” si intende “il rapporto tra al numeratore (A) i Proventi Netti e al denominatore (B) l’Investimento Soci A”. Ai fini della determinazione di tale rapporto per “Investimento Soci A” si intende “(i) l’Aumento di Capitale, (ii) qualsiasi ulteriore versamento che sarà effettuato dai Soci A, successivamente alla data di adozione del presente Statuto e fino al verificarsi dell’uscita Qualificata”.
In sostanza, il Multiplo dell’Investimento rappresenta il rapporto tra quanto investito dai soci in sede di ricapitalizzazione, eventualmente incrementato da altri versamenti futuri da parte dei soci medesimi (“Investimento Soci A”) e quanto ricavato dalla cessione in sede di change of control (“Proventi netti”).
A parere dell’Istante risulta, quindi, rispettato il requisito della postergazione, essendo il carried interest eventuale dei manager calcolato in termini percentuali sulla differenza tra i proventi incassati e l’investimento dei soci, laddove per proventi incassati si intendono “tutte le somme effettivamente incassate dai Soci per effetto del loro investimento nella Società fino alla data dell’Uscita Qualificata”.
In ordine al quantum da considerare per calcolare il capitale investito da ciascun socio ad avviso della Società istante, il capitale investito da prendere a riferimento per valutare il c.d. hurdle rate minimo di soci investitori è solo quello di Euro 2.400.000 non anche quanto precedentemente investito dagli stessi (euro 41,7 milioni) in quanto, l’equity immesso dai due fondi di investimento e dalla stessa famiglia nella Società Alfa è andato sostanzialmente perduto per effetto delle consistenti perdite economiche registrate dalla Società (patrimonio netto negativo di oltre 6 milioni di euro alla data del 1° settembre 2020).
Quanto al requisito di cui alla lettera c) del comma 1 del citato articolo 60 (c.d. holding period), viene fatto osservare che per quanto lo stesso non possa essere verificato al momento dell’avvio del piano di incentivazione, dovendosi guardare al momento della dismissione delle azioni da parte dei manager, nel caso di specie i trigger event previsti dal medesimo piano di incentivazione, lo rendono automaticamente verificato, in quanto i diritti patrimoniali rafforzati dei manager richiedono comunque il verificarsi del c.d. change of control.
Parere dell’Agenzia delle entrate
L’articolo 60 del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50 stabilisce al comma 1 che «i proventi derivanti dalla partecipazione, diretta o indiretta, a società, enti o organismi di investimento collettivo del risparmio percepiti da dipendenti e amministratori di tali società, enti od organismi di investimento collettivo del risparmio ovvero di soggetti ad essi legati da un rapporto diretto o indiretto di controllo o gestione, se relativi ad azioni, quote o altri strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali rafforzati» si considerano, al ricorrere di determinati requisiti, «in ogni caso redditi di capitale o redditi diversi».
La presunzione in questione, operante ope legis, è, tuttavia, applicabile in presenza delle condizioni individuate dal medesimo articolo, comma 1, lettere a), b) e c), ovvero:
«a) l’impegno di investimento complessivo di tutti i dipendenti e gli amministratori di cui al presente comma, comporta un esborso effettivo pari ad almeno l’1 per cento dell’investimento complessivo effettuato dall’organismo di investimento collettivo del risparmio o del patrimonio netto nel caso di società o enti;
b) i proventi delle azioni, quote o strumenti finanziari che danno i suindicati diritti patrimoniali rafforzati maturano solo dopo che tutti i soci o partecipanti all’organismo di investimento collettivo del risparmio abbiano percepito un ammontare pari al capitale investito e ad un rendimento minimo previsto nello statuto o nel regolamento ovvero, nel caso di cambio di controllo, alla condizione che gli altri soci o partecipanti dell’investimento abbiano realizzato con la cessione un prezzo di vendita almeno pari al capitale investito e al predetto rendimento minimo;
c) le azioni, le quote o gli strumenti finanziari aventi i suindicati diritti patrimoniali rafforzati sono detenuti dai dipendenti e amministratori di cui al presente comma, e, in caso di decesso, dai loro eredi, per un periodo non inferiore a cinque anni o, se precedente al decorso di tale periodo quinquennale, fino alla data di cambio di controllo o di sostituzione del soggetto incaricato della gestione».
Come chiarito dalla relazione illustrativa al citato decreto legge n. 50 del 2017, la sussistenza dei richiamati requisiti è garanzia di un allineamento fra i manager e gli altri investitori in termini di interesse alla remunerazione dell’investimento e di rischio di perdita del capitale investito, ciò che costituisce la ratio dell’assimilazione dei proventi in argomento ai redditi di natura finanziaria.
La disposizione è diretta ad evitare le incertezze nella qualificazione reddituale dei proventi in discorso come redditi derivanti da attività lavorativa piuttosto che come redditi di natura finanziaria, incertezze derivanti dal duplice ruolo rivestito dai manager, al contempo amministratori o dipendenti ed azionisti/quotisti delle società, degli enti o degli OICR richiamati dalla stessa norma.
Al riguardo, infatti, la circolare 16 ottobre 2017, n. 25/E ha chiarito che la carenza di uno o più presupposti stabiliti dalla norma in esame non determina l’automatica qualificazione dei proventi come redditi collegati alla prestazione lavorativa, ma richiede lo svolgimento di un’analisi volta a verificare, caso per caso, l’idoneità dell’investimento a determinare quell’allineamento citato che consente di attribuire alle somme in argomento natura finanziaria.
Con riferimento alla ricorrenza nel caso di specie delle condizioni cui è subordinata l’applicazione della disposizione contenuta nel citato articolo 60 del decreto legge n. 50 del 2017, si osserva quanto segue.
Con riferimento al rispetto del requisito di cui alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 60, ovvero all’impegno di investimento minimo da parte dei titolari di azioni con diritti patrimoniali rafforzati, si ritiene che, attesa la perizia valutativa che l’Istante si è impegnato a far redigere da parte di un professionista qualificato, con data non antecedente a 30 giorni rispetto all’implementazione del piano di incentivazione, tale requisito possa considerarsi integrato a condizione che l’ammontare dell’investimento dei manager raggiunga la soglia minima dell’1 per cento del patrimonio netto della società emittente alla data di sottoscrizione delle azioni B.
Come chiarito, infatti, con la circolare n. 25/E del 2017 con la nozione di “patrimonio netto effettivo della società” il legislatore ha inteso riferirsi ai valori correnti determinabili sulla base di apposite perizie di stima, tenendo conto anche dell’investimento effettuato dai manager; tale valore rileva sia nel caso in cui l’investimento avvenga mediante sottoscrizione di azioni, quote o altri strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali rafforzati in sede di aumento di capitale sociale sia nel caso di acquisto di tali titoli o strumenti da altri soggetti che li hanno sottoscritti o acquistati in precedenza. Ai fini della verifica del raggiungimento della soglia dell’1 per cento, rileva l’investimento collettivo effettuato da tutti i potenziali beneficiari del regime in oggetto determinato al momento della sottoscrizione dei titoli in sede di aumento di capitale sociale ovvero alla data del loro acquisto.
Per quanto concerne il requisito previsto dalla successiva lettera b) relativo al differimento della distribuzione dell’extra-rendimento, si concorda con la soluzione interpretativa formulata dall’istante. Nelle ipotesi di riduzione del capitale o addirittura il suo annullamento e ricostituzione come nel caso in esame, assume rilievo per stabilire quale sia l’investimento del quale i soci ordinari devono rientrare e sul quale va calcolato il rendimento minimo (c.d. hurdle rate) che deve essere incassato dagli stessi, prima che ai beneficiari del piano di incentivazione venga attribuito l’extrarendimento (eventuale), il valore dell’investimento dei soci post ricapitalizzazione così come risultante dal bilancio, dallo statuto, dalla visura allegate. Ciò premesso, nel caso in esame il riconoscimento dell’extra-rendimento è subordinato alla circostanza che i soci ordinari realizzino in occasione di uno dei c.d. trigger event un ritorno pari a X volte l’investimento iniziale definito come rapporto tra proventi netti al numeratore e l’investimento dei soci titolari di azioni A al denominatore.
Relativamente al requisito temporale (c.d. holding period) previsto dall’articolo 60, comma 1, lettera c), che richiede che lo strumento finanziario con diritti patrimoniali rafforzati sia detenuto dai soggetti beneficiari per almeno cinque anni, ovvero fino ad un eventuale cambio di controllo, l’effettivo rispetto di tale condizione può essere verificato solo a posteriori.
Tuttavia, nel caso di specie, i trigger event previsti dal piano di incentivazione rendono tale requisito automaticamente verificato, in quanto i diritti patrimoniali rafforzati dei manager richiedono comunque il verificarsi del c.d. change of control.
Pertanto, in base a quanto riportato nell’istanza e da quanto emerso dalla documentazione allegata, si ritiene che eventuali redditi derivanti dalle “Azioni di Categoria B”, prive di diritti amministrativi ma dotate dei diritti patrimoniali rafforzati, possano essere qualificati come redditi aventi natura finanziaria.
Il presente parere viene reso esclusivamente in relazione al quesito formulato, sulla base degli elementi rappresentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, ed esula da ogni valutazione circa fatti e/o circostanze non rappresentate nell’istanza e riscontrabili solo in eventuale sede di accertamento anche sotto il profilo dell’abuso del diritto ai sensi dell’articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212.
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