La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 30604 depositata il 25 luglio 2024, intervenendo in tema di responsabilità amministrativa degli enti di cui al decreto legislativo del 08/06/2001 n. 23 e di patteggiamento, ha statuito che “… in caso di patteggiamento, l’accordo deve riguardare tutte le sanzioni conseguenti all’illecito, in tal modo evitando che l’ente – dopo aver concordato le sanzioni pecuniarie e interdittive -si veda esposto all’applicazione di una confisca avente connotati particolarmente afflittivi e in relazione alla quale non ha avuto alcuna possibilità concreta di interlocuzione.
(…) l’accordo sulla pena, concluso senza la determinazione – nell’an e nel quantum – della confisca del profitto dell’illecito commesso dall’ente, non poteva essere recepito dal giudice mediante l’unilaterale determinazione della confisca. …”
La vicenda ha riguardato il legale rappresentante di una società accusato del reato di cui all’art. 316-ter cod. pen. per aver ottenuto un finanziamento, accedendo dal Fondo di garanzia per le PMI, finalizzato ad avere liquidità per il pagamento di fornitori e dipendenti, così come previsto dalla normativa emergenziale introdotta dal d.l. n. 23 del 2020. Il finanziamento dell’importo di € 30.000, erogato da un istituto di credito e assistito dalla predetta garanzia, veniva utilizzato per l’acquisto di un immobile. Nei confronti della società veniva emessa sentenza di applicazione della pena, in relazione all’illecito amministrativo previsto dall’art. 24 d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231. Il Giudice dell’udienza preliminare, oltre a recepire l’accordo sulla pena, disponeva anche la confisca del profitto del reato ai sensi dell’art. 19 d.lgs. n. 231 del 2001. La società, avverso la decisione del GUP, proponeva ricorso in cassazione fondato su due motivi per violazione dell’art. art. 19 d.lgs. n. 231 del 2001.
I giudici di legittimità annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al GIP.
Per gli Ermellini ” … Nel caso della confisca ex artt. 9 e 19 d.lgs. n. 231 del 2001, in considerazione della natura obbligatoria, le parti non potranno concordarne l’esclusione, se non nei casi in cui si ritenga che l’illecito non ha prodotto alcun profitto per l’ente, mentre dovrà sempre rientrare nell’oggetto dell’accordo la quantificazione della misura ablatoria, sia essa diretta o per equivalente.
In buona sostanza, l’accordo sulla “sanzione” e, quindi, anche su quella particolare figura costituita dalla confisca, consente alle parti di sottoporre al giudice una proposta che copra l’intero trattamento sanzionatorio previsto dall’art. 9 cit.
Qualora il giudice ritenga che le parti sono addivenute all’erronea esclusione della confisca, individuando l’esistenza di un profitto derivante dall’illecito, ovvero nel caso in cui ritenga incongrua la quantificazione della confisca, dovrà rigettare l’accordo sulla pena.
Viceversa, deve escludersi la possibilità che le parti non si accordino sulla confisca, rimettendone la determinazione al giudice, proprio perché in tal modo il patteggiamento risulterebbe parziale, non comprendendo tutte le sanzioni normativamente previste per l’illecito dell’ente.
(…) La soluzione sopra recepita, oltre a trovare fondamento nella ratio sottesa al sistema punitivo dettato per gli illeciti dell’ente, risulta conforme all’interpretazione letterale dell’art. 63 lgs. n. 231 del 2001 che, fin dalla rubrica, richiama in maniera omnicomprensiva l’applicazione della “sanzione” su richiesta, non introducendo alcuna distinzione tra le diverse tipologie di sanzioni applicabili.
(…) Tuttavia, la delimitazione della riduzione alle sole sanzioni pecuniarie e interdittive non è incompatibile con l’inserimento della confisca nell’accordo raggiunto dalle parti, che deve necessariamente coprire tutte le sanzioni irrogabili in relazione al tipo di illecito oggetto della definizione con rito alternativo, bensì dà la misura del diverso trattamento riservato a ciascuna delle sanzioni contemplate, a seconda della loro natura e funzione, nell’ambito del complessivo patteggiamento sulla “pena”.…”
Per cui per il Supremo consesso “… i profili della obbligatorietà della confisca-sanzione, non vanno confusi con quelli relativi al necessario accertamento in concreto dell’esistenza di un profitto confiscabile e della sua quantificazione.
Ne consegue che, nel caso di definizione del giudizio con l’applicazione della pena, le parti dovranno ricomprendere nell’accordo non solo la sanzione pecuniaria e, se prevista, quella interdittiva, in relazione alle quali dovrà anche applicarsi la riduzione premiale per il rito, ma anche la determinazione, nell’an e nel quantum, della confisca, trattandosi di sanzione principale, in relazione alla quale non è prevista alcuna espressa esclusione dall’accordo sulla base dell’art. 63 d.lgs. n. 231 del 2001.
Una volta raggiunto l’accordo, spetterà al giudice verificare non solo l’adeguatezza delle sanzioni pecuniarie e interdittive, ma anche la corrispondenza della confisca concordata al profitto dell’illecito effettivamente conseguito, al netto delle eventuali restituzioni in favore del danneggiato, come previsto dall’art. 19, comma 1, d.lgs. n. 231 del 2001. Qualora il giudice ritenga non corretto l’accordo in ordine alla confisca, dovrà rigettare in toto la richiesta di patteggiamento (in senso analogo, con riferimento al patteggiamento ordinario, si veda Sez. U, n. 21368 del 26/9/2019, dep. 2020, Savin, R. 279348-02).
(…) si ritiene che la specificità del sistema punitivo dettato dal d.lgs. 231 del 2001, nonchè l’espressa qualificazione della confisca quale sanzione principale e la necessità di favorire il ricorso a riti deflattivi, consentono di affermare che, in caso di patteggiamento, l’accordo deve riguardare tutte le sanzioni conseguenti all’illecito, in tal modo evitando che l’ente – dopo aver concordato le sanzioni pecuniarie e interdittive – si veda esposto all’applicazione di una confisca avente connotati particolarmente afflittivi e in relazione alla quale non ha avuto alcuna possibilità concreta di interlocuzione. …”