La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 45189 depositata il 8 novembre 2013 intervenendo in tema di reati fiscali ha affermato che qualora il contribuente paga il tributo che gli viene contestato per un reato fiscale non può essere sottoposto a confisca per equivalente, in quanto la misura si tradurrebbe in un’ingiustificata sanzione.
La vicenda ha riguardato un contribuente imputato di omessa presentazione della dichiarazione (articolo 5 Dlgs 74/2000) che aveva patteggiato la pena di un anno e 14 giorni di reclusione ed il Tribunale nell’occasione aveva disposto la restituzione dei beni precedentemente sequestrati.
Il PM proponeva ricorso per cassazione della decisione alla Corte Suprema lamentando l’errata restituzione di tali beni in violazione alla normativa sulla confisca per equivalente per i reati tributari.
Gli Ermellini respingono il ricorso fornendo alcune interessanti precisazioni in ordine all’ istituto della confisca.
Per i giudici di legittimità l’istituto della confisca per equivalente esplica una funzione sostanzialmente punitiva, al pari di una forma di prelievo pubblico a compensazione di quanto sottratto illecitamente dal soggetto.
Infatti l’istituto realizza l’eliminazione dell’ingiustificato arricchimento derivante dalla commissione del reato, impedendo che il colpevole possa assicurarsi quel vantaggio economico oggetto del disegno criminoso.
I giudici del Palazzaccio in considerazione di quanto precedentemente affermato, nella sentenza in esame, hanno puntualizzato che il pagamento del tributo contestato al contribuente determina il venir meno dei presupposti fondanti la misura sanzionatoria.
Il profitto suscettibile di confisca corrisponde infatti all’ammontare dell’imposta evasa e pertanto con il versamento risulta impossibile che il colpevole possa conseguire qualche vantaggio, perché si sottrae autonomamente di quel denaro.
Alla natura sanzionatoria della confisca per equivalente non deve conseguire un’automatica applicazione della misura, senza tenere conto se la violazione tributaria a base del reato sia stata sanata.
A conclusioni opposte, il colpevole che ha, seppur tardivamente, adempiuto al suo debito verso l’amministrazione, è privato ingiustamente anche di beni equivalenti.
La Suprema Corte in passato ha evidenziato la necessità che l’estinzione del debito tributario avvenga integralmente, al fine di poter conseguire dei benefici a favore del trasgressore.
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