La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 32088 depositata il 25 luglio 2023, intervenendo in tema di reato di dichiarazione fraudolente mediante utilizzo di altri documenti, ha affermato che “… l’art. 1, lettera a), d.lgs. n. 74 del 2000 è una norma definitoria diretta anche a circoscrivere i documenti “innominati” penalmente rilevanti ai fini della configurazione dei reati di cui agli artt. 2 e 8 del citato decreto, includendo una parte di essi (quelli cioè che hanno, sulla base di norme tributarie, rilievo probatorio analogo alla fattura) ed escludendo gli altri.
Va soltanto precisato che nel novero degli «altri documenti», di cui all’art. 1, lettera a), d.lgs. n. 74 del 2000 vanno ricompresi non solo quelli cui la legge o un atto avente forza di legge attribuisce rilevanza probatoria analoga alla fattura ma anche quelli che siano indicati da una normativa fiscale di carattere secondario, tanto in considerazione dell’ampiezza del rinvio contenuto nella disposizione laddove essa si riferisce, genericamente, a norme tributarie e dovendosi ritenere, anche sulla base della giurisprudenza costituzionale, che la precisa determinazione del contenuto di singoli «elementi normativi» della fattispecie penalmente rilevante possa essere operata anche da fonti extra legislative senza che ciò comporti violazione del principio di riserva assoluta di legge. …”
La vicenda ha riguardato l’amministratore di una società di capitale il quale veniva rinviato a giudizio per il reato di dichiarazione fraudolente, in quanto indicava in dichiarazione elementi passivi inesistenti mediante utilizzo di documenti per operazioni inesistenti, di cui all’articolo 2, comma 1, del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74. L’imputato veniva, dal Tribunale, condannato per il reato ascrittogli. Avverso la decisione del giudice di primo grado veniva proposto appello. La Corte Territoriale confermava la decisione impugnata in merito al reato di dichiarazione fraudolente. L’imputato impugnava la decisione delle Corte di Appello con ricorso in cassazione fondato su due motivi.
Gli Ermellini accolgono il ricorso senza rinvio perché il fatto non sussiste.
I giudici di legittimità hanno chiarito che “… l’art. 1 d.lgs. n. 74 del 2000, al primo comma, lettera a), definisce il concetto di «fatture o altri documenti per operazioni inesistenti» e stabilisce che “per «fatture o altri documenti per operazioni inesistenti» si intendono le fatture o gli altri documenti aventi rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie (…)”.
Per quanto riguarda la fattura – che è un documento fiscale, contenente una dichiarazione di scienza inquadrabile tra gli atti unilaterali ricettizi, ossia fra gli atti giuridici a contenuto partecipativo, consistendo nella dichiarazione di fatti concernenti un rapporto già costituito – la disciplina giuridica è dettata dall’art. 21, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
Con riferimento agli «altri documenti» il legislatore, invece, si è limitato ad individuare il tratto identificativo nell’analogo rilievo probatorio che la normativa tributaria attribuisce a tali documenti.
Ciò posto, l’art. 21 d.P.R. 633 del 1972, al secondo comma, indica analiticamente i requisiti che deve contenere la fattura mentre al primo comma chiarisce che essa può assumere anche la forma di «nota, conto, parcella e simili». Pertanto, tali documenti, per poter assumere rilievo probatorio analogo a quello della fattura vera e propria, dovranno essere essi stessi “fattura” la quale, infatti, può essere emessa, come recita la norma, «anche sotto forma di nota, conto, parcella e simili» (ex art. 21, comma 1, cit.) e, quindi, detti documenti devono possedere un contenuto alla medesima equipollente …”
Per i giudici di piazza Cavour il legislatore, avendo voluto espressamente circoscrivere i documenti penalmente rilevanti a quelli con efficacia probatoria equiparabile alle fatture in base alle norme tributarie, non ha ritenuto che tutti i documenti fiscali rientrino nel novero di quelli che possono costituire l’oggetto materiale della condotta di frode fiscale (ex artt. 2 e 8 d.lgs. n. 74 del 2000), salvo che essi, come in precedenza precisato, siano equiparabili alle fatture per avere, sulla base di un’espressa previsione normativa, un rilievo probatorio analogo.
Per cui per i giudici della Suprema Corte la “… definizione di «altri documenti» ai sensi dell’art. 1, comma 1, lettera a), d.lgs. n, 74 del 2000, la giurisprudenza di legittimità ha ammonito l’interprete, ritenendo, sulla base di quanto disposto dal d.lgs. n. 74 del 2000, art. 1, comma 1, lettera a), ancora attuale il pensiero della dottrina formatasi durante la vigenza della L. n. 516 del 1982, art. 4, lett. d), secondo la quale, nel caso di documenti atipici cioè diversi dalla fattura, “non può trattarsi di qualsivoglia documento di carattere fiscale, poiché altrimenti si rischia di violare il principio di tassatività della previsione normativa” (Sez. 3, n. 50628 del 15/10/2014, Rizzo, in motivazione).
[…]
Ne consegue che il fatto che un documento attesti con certezza un costo, e cioè un componente negativo del reddito, non vale, di per sé, ad attribuire a tale documento un rilievo probatorio analogo alla fattura in base alle norme tributarie.
Perciò, avuto riguardo ai principi in precedenza espressi, osserva la Corte che i documenti innominati, diversi dalla fattura, per essere penalmente rilevanti ai fini della configurabilità dei delitti ex artt. 2 e 8 d.lgs. n. 74 del 2000, devono essere tali da poter sostituire, integrare, od ampliare la funzione della fattura, ma pur sempre nel rispetto delle norme tributarie di riferimento.
In definitiva, l’art. 1, lettera a), d.lgs. n. 74 del 2000 richiede che una norma tributaria (primaria o secondaria) attribuisca al documento innominato lo stesso valore probatorio della fattura, con la conseguenza che, in assenza di un tale criterio di collegamento, necessario per porre la norma penale incriminatrice al riparo da rilievi di costituzionalità per violazione dei principi di determinatezza e di tassatività, non appare giuridicamente praticabile il ricorso a un criterio di equiparazione (degli “altri documenti” alla fattura) che, eludendo il criterio di collegamento normativo, faccia leva sul criterio esclusivamente funzionale, inteso come canone di natura sostanziale, svincolato perciò dalla sua necessaria riconducibilità in una “norma tributaria” che equipari, ai fini probatori, il documento innominato alla fattura.
Il che non significa escludere la rilevanza penale di documenti falsi, diversi dalla fattura o da quelli ad essa equiparati, di cui l’agente si avvalga per evadere le imposte, in quanto proprio sulla distinzione tra fatture o documenti equipollenti alle fatture, da un lato, e altri documenti che non sono assimilabili ad essa, dall’altro, è possibile scorgere il discrimen, sebbene non l’unico, tra le fattispecie di cui agli artt. 2 e 3 del d.lgs. n. 74 del 2000, a maggior ragione dopo la novella di cui al d.lgs. n. 158 del 2015 che ha inserito nel modello legale di reato ex art. 3 d.lgs. n. 74 del 2000 il riferimento testuale ai “documenti falsi”. …”
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 32088 depositata il 25 luglio 2023 - Ai fini del reato di dichiarazione fraudolente di cui all'art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 74/2000, il riferimento ad "altri documenti" non rientrano tutti i documenti…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 03 maggio 2022, n. 13984 - La violazione dell'art. 116 c.p.c. è, poi, configurabile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato - in assenza di…
- CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 40046 depositata l' 8 novembre 2021 - Il reato di emissione di fatture od altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall'art. 8 del d.lgs. n. 74 del 2000, pacificamente configurabile anche in…
- CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 30032 depositata il 2 agosto 2021 - Anche ai reati di cui all'art. 10-quater del d.lgs. n. 74 del 2000 è configurabile il concorso tra il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 10 febbraio 2022, n. 4317 - La doglianza per violazione dell'art. 116 cod.proc.civ. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato - in…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 08 novembre 2022, n. 32820 - In tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell'art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Gli amministratori deleganti sono responsabili, ne
La Corte di Cassazione, sezione I, con l’ordinanza n 10739 depositata il…
- La prescrizione quinquennale, di cui all’art. 2949
La Corte di Cassazione, sezione I, con l’ordinanza n. 8553 depositata il 2…
- La presunzione legale relativa, di cui all’a
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 10075 depos…
- Determinazione del compenso del legale nelle ipote
La Corte di Cassazione, sezione III, con l’ordinanza n.10367 del 17 aprile…
- L’agevolazione del c.d. Ecobonus del d.l. n.
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza n. 7657 depositata il 21 ma…