AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 28 dicembre 2018, n. 161
Redditi derivanti dal possesso di immobili situati in Francia – Riconoscimento del credito d’imposta – art. 165 del TUIR – Interpello articolo 11, comma 1, lettera a), legge 27 luglio 2000, n. 212
Quesito
Il contribuente istante, residente in Italia, rappresenta di possedere cinque fabbricati, situati in Francia, e di averli concessi in locazione per le annualità 2013, 2014, 2015, 2016 e 2017.
Tali fabbricati sono stati indicati del quadro RW dei modelli Unico 2014, Unico 2015, Unico 2016, Redditi 2017 e saranno presenti all’interno del quadro RW del modelli Redditi 2018 che sarà presentato entro il prossimo 31.10.2018.
I redditi di locazione, relativi agli anni dal 2014 a 2017, sono stati dichiarati in Francia, versando l’”impot sur le revenue”, nonché in Italia in quanto imponibili ai sensi dell’art. 67, co. 1), lettera f), del Tuir.
Per i periodi di imposta dal 2013 al 2017, l’istante in sede di presentazione, nel nostro Paese, della dichiarazione dei redditi ha compilato i quadri CR/CE per il riconoscimento del credito per le imposte pagate all’estero – “l’impot sur le revenue” -, così come previsto dall’art. 165 del Tuir.
Con l’istanza di interpello si fa presente che la repubblica francese sottopone i redditi fondiari, sia locativi sia da plusvalenze immobiliari prodotti da non residenti, anche al prélèvements sociaux.
Al pagamento di quest’ultimo tributo non corrisponde alcuna prestazione previdenziale/assistenziale a favore del contribuente, conseguentemente, tale tributo sembra avere la medesima natura delle imposte sui redditi poiché in tutto assimilabili a queste ultime, avendo quale presupposto la produzione di redditi imponibili in Francia.
Al riguardo, l’istante fa presente che il prélèvements sociaux è stato oggetto di un importante intervento giurisprudenziale e di una successiva modifica normativa ad opera della Repubblica francese.
La sentenza del 26 giugno 2016, Causa C-632/13 della Corte di Giustizia UE (Ministero delle Finanze contro Gerard de Ruyter, residente in Olanda) ha stabilito che i prelevamenti sociali sono veri e propri contributi previdenziali, come tali non dovuti da soggetti che siano iscritti a sistemi previdenziali di altri Paesi.
Pertanto, essi non godrebbero del requisito della Convenzionalità, non essendo “imposte sul reddito” ai fini del riconoscimento, nel Paese di residenza, del credito per le imposte pagate all’estero.
Allo stesso tempo, tuttavia, la sentenza in argomento ha stabilito che risulta incompatibile con il diritto comunitario l’assoggettamento dei redditi al prelievo di contributi sia nello Stato di residenza e/o di lavoro (ad esempio in Italia) sia in un Paese terzo (ad esempio il prelievo dallo Stato francese dei prélèvements sociaux sul reddito locativo e/o sulla plusvalenza realizzata su immobili siti in Francia).
E’ stato quindi consentito ai soggetti non residenti di richiedere il rimborso dei tributi in argomento versati.
Successivamente, al fine di mantenere inalterato il gettito derivante dai prélèvements sociaux sui redditi patrimoniali dei non residenti, la legge di finanziamento della sécurité sociale del 2016, all’articolo 24, ha modificato la qualificazione dei citati prelevamenti sociali in prestazioni non contributive (“prestations non contributives”).
Con l’istanza di interpello, l’istante chiede quale sia, ai fini dell’ordinamento domestico, il regime fiscale dei prélèvements sociaux relativi al possesso di immobili in Francia.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
Ad avviso dell’istante, in base a quanto previsto dalla Corte di Giustizia UE, i prélèvements sociaux rappresentano a tutti gli effetti imposte sui redditi. Pertanto, il versamento a titolo definitivo dei tributi in questione consentono l’applicazione dell’art. 165, comma 1, del Tuir.
Laddove ai prélèvements sociaux non dovesse essere riconosciuta la natura di imposte sul reddito, ma si volessero considerare come veri e propri contributi previdenziali, si osserva che i medesimi dovrebbero comunque poter essere dedotti dal reddito complessivo del contribuente ai sensi dell’art. 10 del TUIR.
Parere dell’agenzia delle entrate
L’art. 6 della Convenzione per evitare le doppie imposizioni stipulata tra l’Italia e la Francia il 5 ottobre 1989, ratificata con Legge n. 20 del 7 gennaio 1992, al paragrafo 1, prevede che “I redditi derivanti da beni immobili, compresi i redditi delle attività agricole o forestali, sono imponibili nello Stato in cui detti beni sono situati” e, al paragrafo 3, che “Le disposizioni del paragrafo 1 si applicano ai redditi derivanti dall’utilizzazione diretta, dalla locazione o dall’affitto, nonché da ogni altra forma di utilizzazione di beni immobili.”.
Tale disposizione riconosce una potestà concorrente sui redditi che un residente italiano produce, tra l’altro, in ragione del possesso e/o utilizzazione di beni immobili ubicati in Francia.
Al fine di evitare che un soggetto subisca sul medesimo reddito una doppia tassazione (nel Paese in cui è prodotto il reddito e nel Paese di residenza), il nostro ordinamento all’art. 165, comma 1, del Tuir prevede che “Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione.”.
Per ciò che concerne le imposte che danno diritto al credito per i redditi prodotti all’estero, con circolare n. 9/E del 5 marzo 2015, paragrafo 2.3, è stato precisato che l’operatività dell’istituto è limitata ai tributi stranieri che si sostanziano in un’imposta sul reddito o, quanto meno, in tributi con natura similare.
Al riguardo, il comma 3 dell’articolo 2 della citata Convenzione stabilisce che le “imposte cui si applica la Convenzione sono… per quanto concerne la Francia:
“I) l’imposta sul reddito (l’impot sur le revenu);
II) l’imposta sulle società (l’impot sur les societes);
III) l’imposta di solidarietà sul patrimonio (impot de solidaritè sur la fortune);
IV) le tasse applicate sull’ammontare globale dei salari (les taxes assises sur le montant global del salaires);
V) la tassa professionale (la taxe professionnelle)”.
Pertanto, nessun impedimento alla fruizione nel nostro Paese del credito d’imposta sorge in relazione al pagamento dell’impot sur le revenu sui redditi derivanti dal possesso e/o utilizzazione di immobili ubicati in Francia, dal momento che tale imposta è espressamente prevista dalla Convenzione stipulata dal nostro Paese con la Francia.
In relazione al prélèvements sociaux, ovvero ad una imposta non menzionata nella Convenzione in esame, nella medesima circolare n. 9/E del 2015 viene messa in rilievo la circostanza che onde evitare una nuova negoziazione della Convenzione ogni volta che si verifica una modifica normativa nell’ordinamento tributario di uno degli Stati contraenti, il paragrafo 4 dell’articolo 2 del Modello OCSE prevede l’applicazione del trattato anche alle imposte di natura identica o analoga istituite dopo la sua firma, in aggiunta o in sostituzione delle imposte esistenti.
Le medesime argomentazioni sono svolte al par. 6.1 della Circolare n. 35/E del 4 agosto 2016, ove, tra l’altro, allo scopo di evidenziare come non sempre le imposte sul reddito previste dalla specifica convenzione esauriscano il prelievo subìto dai medesimi redditi in un determinato Paese, è fatto espresso richiamo all’art. 15, comma 2, del D. Lgs. n. 147 del 14 settembre 2015, che, con una norma di interpretazione autentica, ha chiarito che “sono ammesse in detrazione sia le imposte estere oggetto di una convenzione contro le doppie imposizioni in vigore tra l’Italia e lo Stato estero in cui il reddito che concorre alla formazione dell’imponibile è prodotto sia le altre imposte o gli altri tributi sul reddito.”.
In sostanza, il fatto che le imposte pagate all’estero non siano menzionate nella specifica Convenzione non costituisce di per sé un elemento sufficiente per negare il riconoscimento del credito d’imposta ai sensi art. 165 del Tuir. In tal caso, infatti, sarà necessario indagare sulla natura del tributo locale pagato e, se questo effettivamente consista in un imposta sul reddito, sarà possibile fruire del rimedio previsto dal nostro ordinamento contro le doppie imposizioni (in presenza, naturalmente, di tutte i requisiti e le altre condizioni stabiliti dalla legge).
Con riferimento alla natura dei “prélèvements sociaux”, l’Amministrazione francese ha chiarito, sul suo sito www.service-public.fr, che fino al 31 dicembre 2015, tali prelievi avevano natura di contributo di solidarietà, e pertanto con riferimento ai periodi di imposta fino al 2015, si ritiene che i contributi sociali versati dall’istante a titolo di prélèvements sociaux in relazione ai redditi fondiari prodotti in Francia non siano assimilabili a nessuna delle imposte considerate dall’articolo 2 della Convenzione tra Italia e Francia per evitare le doppie imposizioni sul reddito e sul patrimonio, con la conseguenza che detti importi non possano essere oggetto, nel nostro Paese, del riconoscimento del credito d’imposta per rediti prodotti all’estero, così come previsto dall’art. 165 del Tuir.
Invero, a seguito ai principi enunciati dalla Corte di Giustizia Europea con la Sentenza “De Ruyter”, è stato consentito ai non residenti in Francia di presentare, per gli anni dal 2013 al 2015, istanza di rimborso dell’imposta versata a titolo di prélèvements sociaux.
Diversamente, dall’1 gennaio 2016, in adeguamento ai principi enunciati dalla citata sentenza, l’Amministrazione francese, con l’art. 26 della legge di finanziamento della “Sécurité sociale” per il 2016, ha modificato le finalità dei “prélèvements sociaux” da prelievi di contribuzione a prelievi destinati al finanziamento di prestazioni non contributive identiche a quelle finanziate con le altre imposte, ristabilendo la legittimità di tali prelievi sui redditi di locazione di fonte francese ritratti da soggetti non residenti in Francia.
A parere della scrivente, quindi, le imposte versate a titolo di prélèvements sociaux se riferite all’anno 2016 e successivi, configurandosi come vere e proprie imposte sul reddito e non essendo suscettibili di richiesta di rimborso, possono essere oggetto, nel nostro ordinamento, di un credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero nei limiti e condizioni previste dall’art. 165 del Tuir.
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