La Corte di Cassazione sez. tributaria con la sentenza n. 21994 depositata il 25 settembre 2013 intervenendo in materia di accertamenti ha ritenuto illegittimo l’accertamento sintetico (redditometro) basato su un alto tenore di vita se il contribuente dimostra che è dovuto ai risparmi accumulati nel tempo.
La vicenda ha avuto come protagonisti una coppia nei cui confronti era iniziato un accertamento e durante il contraddittorio aveva spiegato che quel genere di vita era frutto dei risparmi di una intera vita, oltre un milione di euro risparmiati negli anni. L’Amministrazione ha completamente ignorato questo dato, piuttosto significativo, ed abbia messo in atto lo stesso un controllo che non pare giustificabile.
L’Agenzia delle Entrate notificava un avviso di accertamento per il recupero di Irpef. Avverso tale atto impositivo i contribuenti ricorrevano alla Commissione Tributaria Provinciale che respingeva il ricorso. Contro la decisione dei giudici di prime cure i contribuenti ricorrevano inanzi alla Commissione Tributaria Regionale che ha confermato la validità dell’accertamento sintetico per IRPEF e ILOR emesso nei confronti di due coniugi. L’elevato tenore di vita tenuto dai contribuenti ha indotto il giudice regionale a ritenere legittima la rettifica del reddito operata dall’Ufficio finanziario, “anche perché i ricorrenti non erano riusciti a fornire alcuna idonea prova contraria”.
I contribuenti proposero ricorso inanzi alla Corte Suprema per la cassazione della sentenza dei giudici di merito basandolo su due motivi.
Gli Ermellini nel ritenere fondati i motivi dei ricorrenti hanno ribaltato totalmente la decisione; “non può negarsi, infatti, che il giudice di merito, a fronte della documentazione fornita dai contribuenti, analiticamente indicata nel ricorso in ossequio al principio di autosufficienza, dalla quale, in tesi, sarebbe derivata la prova che il maggior reddito accertato per l’anno 1992 sulla base di indici di capacità contributiva rilevati dall’Ufficio era giustificato dalla disponibilità di capitale accumulato in anni precedenti, si è limitato a negare la produzione di qualsiasi idonea prova contraria, senza supportare tale apodittica statuizione con sufficienti argomentazioni”.
Pertanto, alla luce di quanto sopra, la Corte di Cassazione ha ritenuto che le motivazione della sentenza siano insufficienti e che vi sia stat violazione dell’articolo 38 del D.P.R. n. 600 del 1973, per non avere la CTR adeguatamente esaminato la documentazione esibita fin dal primo grado di giudizio, dalla quale, tra l’altro, sarebbe emerso il notevole accumulo di ricchezza conseguito nel quinquennio precedente l’anno oggetto di contestazione, tale da giustificare il “tenore di vita elevato” rilevato dal Fisco.
La sentenza della Corte di legittimità ha messo in discussione il metodo di accertamento. Inoltre un’ulteriore sentenza emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Campobasso, sentenza n.117 di luglio 2013, ha affermato la nullità dell’accertamento fiscale fondato sul redditometro approvato con dm 65.648/2012, in quanto regolamento “illegittimo” che, basandosi esclusivamente sull’attività Istat, non considera i dati oggettivi per stabilire il reddito delle famiglie italiane. Altra Commissione Tributaria Provinciale, quella di Bari, con la sentenza n. 146/2013, ha affermato che l’ufficio non può emettere l’atto impositivo basato sui parametri senza personalizzare la pretesa fiscale sulle indicazioni date dal contribuente durante il contraddittorio. Si tratta, infatti, di presunzioni semplici e l’onere della prova rimane a carico dell’ufficio.
In tale ipotesi i giudici hanno spiegato che l’accertamento da redditometro ricade nella categoria dei c.d. accertamenti standardizzati e tende a determinare mediante l’impiego delle presunzioni semplici, il reddito complessivo del contribuente. Questo determina che l’Ufficio debba adeguare la propria attività alla reale situazione del contribuente.
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