Gli Ermellini accolgono il ricorso e riaffermano il principio di diritto, statuito con la sentenza n. 1294/2007 della Corte Sprema, secondo cui “in tema di accertamento delle imposte sul reddito, il riferimento al possesso di autovetture da parte del contribuente, contenuto nei c.d. redditometri, deve intendersi esteso anche alle auto storiche, non rinvenendosi in dette disposizioni alcuna precisazione o restrizione al riguardo, e rappresentando tale circostanza un idoneo indice di capacità contributiva, dal quale possono correttamente desumersi elementi di valutazione, nell’ambito dell’apprezzamento riservato al Giudice di merito, come fatto al quale notoriamente si ricollegano spese a volte anche ingenti: non appare, infatti, estraneo alla cultura dell’uomo medio il fatto che le predette autovetture formano oggetto di ricerca e collezionismo fra gli appassionati di tali beni, che per gli stessi esiste un particolare mercato e che secondo l’id quod plerumque accidit, la manutenzione di veicoli ormai da tempo fuori produzione comporta rilevanti costi, in ragione della necessità di riparazione e sostituzione dei componenti soggetti ad usura.”
Pertanto, per i giudici della Suprema Corte, le auto storiche sono un “elementi indicatori di capacità contributiva” il cui possesso è previsto dalle disposizioni tributarie quale indice di capacità contributiva.
Per cui, continuano i giudici del palazzaccio nella sentenza in commento, che: “appare evidente l’errore in diritto commesso dalla Commissione regionale nell’avere attribuito alle autovetture storiche di proprietà del ricorrente un diverso valore rispetto a quello determinato nell’avviso di accertamento ai sensi dei detti D.M., sulla base della mera constatazione che detti beni non sono, per le loro particolari caratteristiche e per le limitazioni particolari cui sono soggetti, equiparabili alle autovetture di normale utilizzo, senza, peraltro, svolgere nessun accertamento in ordine alle eventuali prove di segno contrario (ed idonee a vincere la presunzione legale di cui si è detto sopra) allegate dal contribuente.”
In ordine alla natura delle presunzioni derivanti dal cd. accertamento sintetico si rammentano alcune, tra le tante, massime la sentenza n. 23554 del 20 dicembre 2012, secondo cui “(…) l’accertamento sintetico disciplinato dal d.P.R. n. 600 del 1973 , art. 38, già nella formulazione anteriore a quella successivamente modificata dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 22, convertito in L. n. 122 del 2010, tende a determinare, attraverso l’utilizzo di presunzioni semplici, il reddito complessivo presunto del contribuente mediante i c.d. elementi indicativi di capacità contributiva stabiliti dai decreti ministeriali con periodicità biennale”, nonché l’ordinanza n. 2806 del 6 febbraio 2013, laddove è affermato che “La determinazione sintetica del reddito si basa su presunzioni semplici in virtù delle quali (articolo 2727 del Codice civile) l’ufficio finanziario è legittimato a risalire da un fatto noto (nella specie, l’esborso rilevante di somme di denaro per l’acquisto di quote sociali) e quello ignorato (sussistenza di un certo reddito e, quindi, di capacità contributiva)”.
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