AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 21 ottobre 2020, n. 491
Regime fiscale dei contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro e dal lavoratore, anche in quiescenza, ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale. Articolo 51, comma 2, lett. a), Tuir
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
ALFA S.p.A., capofila dell’omonimo gruppo di società italiane ed estere, è una società residente fiscalmente in Italia, quotata in Borsa, operante nell’ambito della consulenza, system integration e application management.
ALFA S.p.A., come peraltro le proprie società controllate italiane, regola il rapporto di lavoro con i propri dirigenti applicando le disposizioni del Contratto Collettivo Nazionale di settore.
La Società, in relazione ai propri dirigenti in servizio, effettua periodicamente il versamento dei contributi di assistenza sanitaria al FASI, il Fondo che fornisce servizi di assistenza sanitaria integrativa in forma diretta (tramite convenzioni con strutture sanitarie) ovvero indiretta (tramite rimborso).
In sintesi, la Società provvede a versare i seguenti contributi:
– contributo delle aziende per i dirigenti in servizio: trattasi del contributo, a carico delle aziende, che deve essere versato per ciascun dirigente in servizio e iscritto al Fondo (articolo F del Regolamento FASI);
– contributo delle aziende per i dirigenti pensionati, trattasi del contributo, a carico delle aziende, che deve essere versato per i dirigenti pensionati iscritti al Fondo. Il contributo è parametrato al numero dei dirigenti in servizio, indipendentemente dall’iscrizione al Fondo dei medesimi (articolo G del Regolamento FASI – in seguito, anche “Contributi G”);
– contributo individuale dei dirigenti: trattasi della quota di contributo, a carico del dirigente iscritto al Fondo, trattenuto dalla retribuzione e versato dal datore di lavoro unitamente ai contributi a proprio carico (articolo H del Regolamento FASI).
Con l’istanza di interpello in esame, si chiede di conoscere il corretto trattamento fiscale da riservare ai fini Irpef ai “Contributi G” versati dalla Società; in particolare, se questi concorrano a formare il reddito di lavoro dipendente imponibile per i dirigenti in servizio della Società.
Qualora si ritenessero tali contributi non imponibili, si chiede quali siano le modalità di rimborso delle relative ritenute Irpef effettuate e versate dalla Società in annualità pregresse.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
La società istante ritiene che i “Contributi G” non concorrano alla formazione del reddito di lavoro dipendente dei dirigenti in servizio, in relazione ai quali viene unicamente parametrato l’obbligo di versamento del contributo a carico dell’azienda.
ALFA ritiene che il recupero presso l’Erario delle ritenute Irpef versate, e non dovute, possa avvenire ai sensi dell’articolo 38, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1972, n. 602, tramite presentazione della relativa istanza di rimborso da parte della Società, in qualità di sostituto.
Al fine di istruire l’istanza di rimborso, la Società potrà considerare come dies a quo, al fine del computo del termine dei 48 mesi, la data di materiale versamento delle ritenute Irpef operate sui “Contributi G”, e non già quello riferito alle operazioni di conguaglio.
ALFA ritiene altresì che, ai fini del rimborso ai sensi del citato articolo 38, comma 1, del d.P.R. n. 602 del 1973, risulti indifferente la circostanza che i dirigenti, cui si riferiscono le ritenute oggetto di istanza di rimborso, abbiano presentato, per i periodi di imposta interessati, dichiarazione dei redditi (modello Unico/Redditi PF o modello 730), ovvero non abbiano presentato dichiarazione essendone esonerati, ai sensi dell’articolo 1, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (cfr. risoluzione 30 gennaio 2008, n. 25/E).
A seguito della presentazione dell’istanza di rimborso, ed in attesa della relativa erogazione, la Società potrà anticipare finanziariamente ai dirigenti interessati la restituzione dell’importo pari alle ritenute non dovute, oggetto dell’istanza di rimborso medesima.
La suddetta anticipazione sarà restituita, dal dirigente alla Società, al momento dell’incasso del rimborso da parte dell’Erario, tramite compensazione finanziaria delle rispettive posizioni creditorie/debitorie.
La Società ritiene che la suddetta anticipazione nei confronti dei propri dirigenti, nelle more della materiale erogazione del rimborso da parte dell’Erario alla Società, non assuma rilevanza reddituale in quanto destinata unicamente ad anticipare finanziariamente gli effetti del ripristino della indebita diminuzione patrimoniale subita dai dirigenti.
Parere dell’Agenzia delle entrate
In deroga al principio di onnicomprensività, sancito dal comma 1 dell’articolo 51 Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1987, n. 917 (Tuir), in applicazione del quale tutte le somme e i valori in genere che il lavoratore percepisce in relazione al rapporto di lavoro costituiscono reddito imponibile per quest’ultimo, il successivo comma 2 lettera a) del medesimo articolo 51 dispone, tra l’altro, che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente «i contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, che operino negli ambiti di intervento stabiliti con il decreto del Ministro della salute di cui all’articolo 10, comma 1, lettera e-ter), per un importo non superiore complessivamente ad euro 3.615,20. Ai fini del calcolo delpredetto limite si tiene conto anche dei contributi di assistenza sanitaria versati ai sensi dell’articolo 10, comma 1, lettera e-ter)».
In relazione al trattamento fiscale dei contributi di assistenza sanitaria, anche con riferimento a quelli versati dalle aziende al FASI, la scrivente è intervenuta più volte con distinti documenti di prassi (cfr., tra l’altro, circolari 4 marzo 1999, n. 55, 19 giugno 2002, n. 54/E e 10 giugno 2004, n. 24/E, risoluzioni 23 maggio 2003, n. 114/E e 28 maggio 2004, n. 78/E).
In particolare, con la risoluzione n. 78/E del 2004, la scrivente ha chiarito il regime fiscale applicabile ai contributi di assistenza sanitaria versati al FASI, in favore dei dirigenti in pensione.
In tale documento di prassi è stato infatti precisato, tra l’altro, che affinché la riportata lettera a) possa trovare applicazione nei confronti dei dirigenti in pensione è necessario che non solo il contributo versato dal percettore di reddito, ma anche quello a carico del datore di lavoro, sia riferibile alla posizione del singolo dipendente pensionato, ovvero sia possibile rinvenire un collegamento diretto tra il versamento contributivo effettuato dal datore di lavoro e la posizione di ogni singolo pensionato.
Al riguardo, la società istante rappresenta che i “Contributi G”, versati per i dirigenti pensionati iscritti al Fondo, sono parametrati al numero dei dirigenti in servizio, indipendentemente dall’iscrizione al Fondo dei medesimi.
La circostanza che XIstante versi al fondo un contributo cumulativo e indifferenziato, porta ad escludere la reperibilità di un collegamento diretto tra il contributo datoriale e ciascun singolo pensionato.
Ciò implica, sulla base dei principi sopra richiamati, che i dirigenti in quiescenza, a differenza di quelli in servizio, non possono beneficiare, in relazione ai contributi FASI, tanto a loro carico, quanto a carico delle aziende, della previsione di cui all’art. 51, comma 2, lettera a), del Tuir.
Resta inteso che l’assenza di una imputazione diretta al pensionato del contributo posto a carico dell’impresa non consente di ravvisare in tale contribuzione una componente reddituale.
Sulla base di tali conclusioni, in relazione alla fattispecie rappresentata, risulta ancor più evidente che i contributi di assistenza sanitaria versati in favore dei pensionati non possano generare materia imponibile nei confronti dei dirigenti in servizio che, come rappresentato anche dall’astante, costituiscono esclusivamente il parametro in base al quale determinare l’importo dei contributi da versare al FASI per gli ex dirigenti ora in quiescenza.
In relazione alla presentazione dell’istanza di rimborso ai sensi dell’articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, si osserva quanto segue.
L’articolo 38 stabilisce al primo comma che «il soggetto che ha effettuato il versamento diretto può presentare […] istanza di rimborso, entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento stesso, nel caso di errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento».
Il successivo secondo comma dispone che «L’istanza di cui al primo comma può essere presentata anche dal percipiente delle somme assoggettate a ritenuta entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data in cui la ritenuta è stata operata»
Il rimborso delle maggiori imposte versate può, dunque, essere richiesto sia dal soggetto che ha effettuato il versamento (cd. “sostituto d’imposta”), sia dal percipiente delle somme erroneamente assoggettate a ritenuta (cd. “sostituito”).
Quanto al dies a quo da cui far decorrere il termine di decadenza di quarantotto mesi per la presentazione delle istanze di rimborso, si osserva che il richiamato articolo 38 individua due termini distinti in funzione del soggetto richiedente.
In particolare, se il richiedente è il sostituto, il termine decorre dall’errato versamento della ritenuta.
Al riguardo, secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, “il principio affermato in giurisprudenza (cfr. Cass. n. 8199 del 17 aprile/29 agosto 1997 e n. 8606 del 23 maggio 1996) secondo cui è dal momento del pagamento del saldo d’imposta che inizia a decorrere il termine di rimborso di tributi non dovuti si riferisce, come esplicitamente chiarito, ai casi di eccedenze di versamenti in acconto o di pagamenti aventi carattere di provvisorietà, cui non corrisponda successivamente la determinazione di quello stesso obbligo in via definitiva. L’acconto d’imposta in tali casi deve ritenersi versato in forza di un titolo ancora precario e provvisorio, sicché solo dalla chiusura del periodo d’imposta il contribuente può avere conoscenza dell’importo esatto da versare. Allorché, invece, l’obbligazione tributaria sia inesistente sin dal momento del versamento, avvenuto per errore materiale, duplicazione d’imposta o originaria inesistenza totale o parziale della pretesa impositiva, è dalla data del versamento stesso, anche se avvenuto a titolo di acconto, che inizia a decorrere il termine entro cui va proposta l’istanza di rimborso, come espressamente disposto dall’art. 38, primo comma, del D.P.R. n. 602/1973. ” (Così Cass., sez. V, 7 luglio 2000, n. 9156, ed in senso conforme sentenze: 10 gennaio 2004, n. 198, 20 settembre 2005, n. 18522, 15 settembre 2006, n. 20057e da ultimo 20 dicembre 2007, n. 26863).
Ne consegue che, “al fine di individuare il dies a quo da cui inizia a decorrere il termine previsto a pena di decadenza per presentare istanza di rimborso occorre stabilire se l’obbligazione tributaria esisteva o meno al momento del pagamento. Nel caso in cui il pagamento è stato effettuato in totale assenza del presupposto, il termine inizia a decorrere dalla data del pagamento stesso, mentre, nel caso in cui la richiesta di restituzione riguardi eccedenze di versamenti in acconto o di pagamenti aventi carattere di provvisorietà, cui non corrisponda successivamente la determinazione di quello stesso obbligo in via definitiva, il termine decorre dal momento del versamento del saldo. ” (cfr. risoluzione n. 459/E del 2 dicembre 2008).
Se, invece, il richiedente è il sostituito il termine di cui all’articolo 38 del dPR n. 602 del 1973, decorre dal momento in cui la ritenuta è stata erroneamente operata.
Tanto premesso, nel caso prospettato, nel presupposto che sia la Società istante a presentare la domanda di rimborso, il termine decorre dal momento dell’erroneo versamento delle ritenute. Si ricorda a tal fine che il rimborso è, in genere, erogato direttamente al soggetto richiedente (Società) e non anche ad un terzo (nel caso di specie il singolo dirigente).
Infine, non si concorda con la società istante in relazione all’irrilevanza reddituale dell’anticipazione erogata da quest’ultima in favore dei dirigenti in servizio per un importo pari alle ritenute non dovute e oggetto dell’istanza di rimborso.
Come rilevato precedentemente, il comma 2 dell’articolo 51 del Tuir elenca tassativamente le somme e i valori che, in deroga al principio di onnicomprensività, non concorrono, o concorrono solo parzialmente, al reddito di lavoro dipendente. La suddetta anticipazione, non rientrando tra le ipotesi previste dal citato comma 2, pertanto, qualora erogata, concorrerà alla formazione del reddito di lavoro dipendente del dirigente, in servizio presso la società istante, ai sensi dell’articolo 51, comma 1, del Tuir.
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