AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 29 dicembre 2020, n. 628
Regime fiscale dei servizi di consulenza resi dall’Adviser a favore di una società autorizzata alla gestione di fondi di investimento alternativi – art. 10 comma 1, n.1 del d.P,R. n. 633 del 1972
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
ALFA (di seguito anche l’istante) è una società autorizzata alla gestione di fondi di investimento alternativi (c.d. FIA), in conformità al d.Lgs. 4 marzo 2014, n. 44, di recepimento della direttiva 2011/61/UE (c.d. Direttiva AIFM). Più precisamente, l’istante gestisce FIA chiusi mobiliari – riservati ad investitori internazionali qualificati (i.e. fondi pensione, imprese di assicurazione e banche) – aventi una politica di investimento dedicata al settore …
Nel corso del —, l’istante ha stipulato con la propria controllata estera BETA (di seguito anche “Advisor “) un contratto di consulenza (Advisory Agreement ), successivamente modificato con accordo integrativo del — (Amendment Agreement of the Advisory Agreement), in forza del quale l’Advisor è tenuto ad individuare – in nome e per conto dell’istante – nuove opportunità di investimento e/o disinvestimento in vari paesi europei. In particolare, i servizi prestati dall’Advisor consistono in:
– organizzare incontri con operatori selezionati al fine di generare un adeguato flusso di potenziali operazioni di investimento nelle aree geografiche di interesse;
– individuare, valutare e strutturare i processi di investimento in potenziali società target operanti nel settore ambientale di riferimento, nonché curare la successiva fase di implementazione degli investimenti stessi;
– individuare, valutare e strutturare eventuali processi di disinvestimento nelle aree geografiche di interesse;
– identificare un elenco di consulenti esterni e di fornitori dei servizi necessari alla specifica strategia di investimento.
Il Contratto prevede, inoltre, che, per ogni potenziale operazione individuata dall’ Advisor, quest’ultimo rediga e trasmetta ad ALFA un report inclusivo di un business plan e di una relazione di sintesi sulla società target, nonché qualsiasi documento utile a supportare la decisione finale in ordine alla effettuazione/dismissione dell’investimento, assunta in piena autonomia dalla SGR.
Tanto premesso, l’istante chiede se sia corretto ricondurre i servizi prestati dall’ Advisor nell’ambito applicativo dell’articolo 10, primo comma, n. 1), del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, che esenta da IVA, tra l’altro, “la gestione di fondi comuni di investimento”. Trattandosi di servizi territorialmente rilevanti in Italia (rapporti B2B), l’individuazione del regime in concreto applicabile (i.e. esenzione/imponibilità) risulta funzionale non solo alla individuazione degli adempimenti cui è tenuta la società istante/committente, in qualità di debitore di imposta, ma anche al corretto adempimento da parte dell’Advisor, in qualità di prestatore, degli obblighi relativi alla compilazione degli elenchi riepilogativi Intrastat che, in conformità all’articolo 262, par. 1, lett. c) della direttiva IVA, non ricomprendono i servizi territorialmente rilevanti nel paese del committente destinatario del servizio assoggettati al regime di esenzione.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
La società istante ritiene che l’attività di consulenza resa dall’Advisor possa beneficiare del regime di esenzione previsto dall’articolo 10, primo comma, n. 1), del d.P.R. n. 633 del 1972, sostanziandosi in un complesso di servizi relativi (rectius intrinsecamente connessi) alla “gestione di fondi comuni di investimento”.
A supporto della propria tesi, l’interpellante rinvia alle sentenze della Corte di giustizia europea (di seguito, in breve, CGE) e agli indirizzi di prassi in materia (cfr., ex multis, causa 4 maggio 2006, C-169/04; causa 7 marzo 2013, C-275/11, nonché risoluzioni nn. 75/E del 20 aprile 2007; 97/E del 17 dicembre 2013 e 61/E dell’8 agosto 2018).
Parere dell’agenzia delle entrate
L’articolo 10, primo comma, n. 1), del d.P.R. n. 633 del 1972 esenta da IVA, inter alia, le prestazioni di servizi relative alla “gestione di fondi comuni di investimento”.
La previsione in esame assume valenza oggettiva, rendendosi applicabile a tutte le operazioni che “attengono specificamente all’attività degli organismi di investimento collettivo”, a nulla rilevando la qualifica soggettiva del prestatore dei servizi che può, pertanto, essere un soggetto terzo rispetto alla società di gestione (SGR). In particolare, secondo la CGE, il regime di esenzione può trovare applicazione a condizione che i servizi prestati dal terzo formino “un insieme distinto, valutato globalmente, che abbia l’effetto di adempiere le funzioni specifiche ed essenziali” del servizio di gestione di un fondo comune di investimento (cfr. sentenza del 4 maggio 2006, causa C-169/04, Abbey National; sentenza del 19 luglio 2012, causa C-44/11, Deutsche Bank; sentenza del 13 marzo 2014, causa C-464/12, ATP PensioneService A/S). In tal senso, si è espressa anche la prassi amministrativa interna, che ha sostanzialmente recepito gli orientamenti giurisprudenziali sopra richiamati (cfr. risoluzione n. 75/E del 2007; n. 97/E del 2013 e n. 61/E dell’8 agosto 2018).
Ai fini dell’applicabilità del regime in esame, la CGE ha chiarito, altresì, che sono ricompresi nella nozione di fondi comuni di investimento gli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (c.d. OICVM, disciplinati dalla direttiva 85/61/CEE), che hanno per oggetto esclusivo “l’investimento collettivo in valori mobiliari dei capitali raccolti presso il pubblico, il cui funzionamento è soggetto al principio della ripartizione dei rischi, e le cui quote sono, su richiesta dei portatori, riacquistate o rimborsate, direttamente o indirettamente, a carico del patrimonio dei suddetti organismi”.
Inoltre, secondo il giudice comunitario, si qualificano come fondi comuni di investimento quelli che, pur non costituendo OICVM, “presentano caratteristiche identiche a questi ultimi ed effettuano, quindi, le stesse operazioni, o quanto meno, presentano tratti comparabili a tal punto da porsi in rapporto di concorrenza con essi ” (in tal senso, cfr. sentenza 28 giugno 2007, causa C-363/05; sentenza 19 luglio 2012, C-44/11; sentenza 7 marzo 2013, C-424/11; sentenza del 13 marzo 2014, causa C-464/12 e sentenza 9 dicembre 2015, causa C-595/13).
In particolare, ai fini della comparabilità di un fondo ad un OICVM, occorre che lo stesso oltre ad essere sottoposto a “vigilanza statale specifica” sia partecipato da più investitori che abbiano diritto ai benefici o sopportino il rischio connesso alla relativa gestione. Inoltre, il rendimento dell’investimento realizzato deve dipendere esclusivamente dai risultati della gestione del fondo medesimo (cfr. paragrafi 51 e 52 ult. sent. citata).
Alla luce degli indirizzi giurisprudenziali richiamati, si ritiene, pertanto, che i fondi di investimento alternativi (FIA) possano beneficiare del regime di esenzione, ai sensi dell’articolo 10, primo comma, n. 1) del d.P.R. n. 633 del 1972, ove sussistano le condizioni declinate dalla CGE.
Tale interpretazione appare coerente con gli obiettivi perseguiti a livello comunitario diretti a garantire la neutralità del sistema comune dell’IVA in ordine alla scelta tra l’investimento diretto in titoli e quello mediante organismi di investimento collettivo (OICVM) – paragrafo 34 sentenza 595/2013).
Ne consegue che i servizi resi dall’Advisor, quali prestazioni “intrinsecamente connesse” e complessivamente funzionali alla attività di gestione propria della SGR, possono beneficiare del regime di esenzione in parola nella misura in cui i FIA in questione rientrino tra i fondi equiparabili agli OICVM, ai sensi della disciplina in esame, alla luce dei principi interpretativi espressi dalla giurisprudenza comunitaria, sopra richiamati.
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