AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 28 marzo 2022, n. 159
Interpello articolo 11, comma 1, lettera a), legge 27 luglio 2000, n. 212 – Regime speciale per lavoratori impatriati – articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 – attività lavorativa prestata all’estero in posizione di distacco
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La Alfa S.a.s. Italian Branch (di seguito, la Branch o Società o Istante), in qualità di sostituto d’imposta, chiede di sapere se un suo dipendente (di seguito, il dipendente) possa fruire, a partire dal 1° gennaio 2021 e per i quattro anni successivi, del regime fiscale agevolativo previsto dall’articolo 16, comma 2, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 (regime speciale per lavoratori impatriati).
Al riguardo, l’Istante precisa che il dipendente è un cittadino italiano, coniugato, in possesso di un titolo di laurea in Economia.
Il dipendente ha lavorato presso Beta S.p.A., società facente parte del Gruppo, dal 1° agosto 2012 al 31 dicembre 2017, con inquadramento di impiegato di 7° livello e mansioni di Global Sales Planning and Performance Manager.
A partire dal 1° gennaio 2018, il contratto di lavoro del dipendente è stato ceduto a Alfa Group Italia, società facente parte sempre del Gruppo, e contestualmente è stato distaccato presso la consociata francese Alfa FR (poi assorbita da Alfa SASU), con sede di lavoro a Parigi.
Nel periodo del distacco la Società istante, e più in generale il Gruppo, ha vissuto una radicale riorganizzazione:
– tanto sul versante societario, in quanto la società Alfa Group Italia S.r.l. a partire dalla fine del 2019 ha assunto una forma giuridica di società Societé par Action Simplifiee Unipersonnelle (SASU), sottoposta alla legge francese, mantenendo in Italia esclusivamente una sede secondaria (branch) denominata Alfa Group Italian Branch;
– quanto sul versante organizzativo, con il trasferimento della capogruppo del Gruppo dall’Italia alla Francia, e quindi con la variazione del datore di lavoro che diventa la società francese per il tramite della branch italiana.
Il 1° gennaio 2021, il dipendente è rientrato in Italia, presso la Branch. Il nuovo ruolo rivestito a seguito del rientro in Italia prevede l’inquadramento come Quadro.
Detto ruolo è stato assegnato al dipendente in virtù dell’esperienza maturata nel corso dell’assegnazione internazionale, che il Gruppo ha ritenuto di voler valorizzare richiamando in Italia il dipendente e portando alla Branch italiana le maggiori competenze acquisite.
Riguardo al requisito soggettivo della residenza fiscale di cui all’articolo 2, comma 2, del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir), il dipendente non rispettava il requisito dell’iscrizione anagrafica, in quanto iscritto all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE) dal 15 maggio 2018, né i requisiti del domicilio e della residenza ai sensi del Codice civile.
Tale condizione di non residenza fiscale in Italia, risulta congruamente indicata anche nelle dichiarazioni dei redditi presentate in Italia predisposte dal dipendente in relazione agli anni d’imposta 2018, 2019 e 2020.
Il dipendente ha provveduto a riscriversi all’Anagrafe della popolazione residente presso il Comune di Vicenza in data 28 dicembre 2020.
A partire dall’anno d’imposta 2021 ha, quindi, trasferito la propria residenza fiscale in Italia, con l’intenzione di rimanere fiscalmente residente in Italia per i prossimi anni. Rappresentato quanto sopra, la Società chiede chiarimenti circa l’interpretazione del citato articolo 16 riguardo alla limitazione posta nella circolare 23 maggio 2017, n. 17/E, Parte II, paragrafo 3.1, laddove si escludono dall’accesso all’agevolazione in esame i lavoratori che rientrano in Italia da distacchi all’estero, in considerazione del fatto che il loro rientro, avvenendo in esecuzione delle clausole del preesistente contratto di lavoro, si pone in sostanziale continuità con la precedente posizione di lavoratori residenti in Italia e, pertanto, non soddisfa la finalità attrattiva della norma.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’ Istante ritiene che il dipendente possieda tutti i requisiti richiesti dall’articolo 16, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 147 del 2015 in quanto:
– non è stato residente in Italia nei due periodi d’imposta precedenti l’impatrio;
– ha trasferito la residenza fiscale in Italia ai sensi dell’articolo 2 del Tuir a partire dall’anno d’imposta 2021;
– si impegna a restare in Italia e a ivi mantenere la residenza fiscale per almeno due anni;
– presta la sua attività lavorativa in misura prevalente nel territorio dello Stato;
– possiede un titolo di laurea e ha svolto attività di lavoro dipendente all’estero per almeno 24 mesi.
Le circostanze evidenziate nell’istanza inducono, inoltre, a ritenere che il rientro in Italia del contribuente non si ponga in ” continuità” con la precedente posizione lavorativa, atteso che:
– il dipendente ” aveva una posizione lavorativa presso un’altra azienda del Gruppo, ovvero Beta S.p.A., ed era inquadrato come impiegato di 7° livello”;
– ” al suo rientro in Italia, la società datrice di lavoro non è la medesima di quella pre-partenza, ma trattasi di altra società, ovvero Alfa Group Italian Branch.
Infatti, la società/Gruppo Alfa, dalla cessione del contratto di lavoro da Beta S.p.A. e quindi dal distacco in Francia, al rientro in Italia” del dipendente, ” è stata interessata (…) a significativa riorganizzazione societario-organizzativo-funzionale”;
– il dipendente dal 2021 ha un ruolo di più elevata responsabilità, che si è concretizzato con un avanzamento di carriera, essendo oggi inquadrato come quadro;
– il periodo di permanenza all’estero ha determinato un affievolimento dei legami con il territorio italiano ed un effettivo radicamento del dipendente all’estero (risultando in quest’ultimo Stato estero fiscalmente residente per gli anni 2018, 2019 e 2020).
Inoltre, il suo rientro in Italia il 1° gennaio 2021 a seguito di distacco non si pone in sostanziale continuità con la precedente posizione di lavoratore residente in Italia, ma, è stato determinato da altri elementi funzionali alla ratio della norma agevolativi in oggetto, stante anche l’intervenuta riorganizzazione societaria e organizzativa sopra evidenziata.L’ Istante ritiene, pertanto, che il proprio dipendente, rientrando su ruolo italiano il 1° gennaio 2021, possa beneficiare dell’agevolazione fiscale di cui all’articolo 16 del d.lgs. n. 147 del 2015, nella sua formulazione attualmente in vigore, per il 2021 e per i quattro anni successivi, a nulla rilevando la circostanza che nel periodo precedente al rientro in Italia il rapporto di lavoro fosse disciplinato da un contratto stipulato con una società italiana.
Parere dell’Agenzia delle entrate
L’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, ha introdotto il «regime speciale per lavoratori impatriati». La citata disposizione è stata oggetto di modifiche normative, operate dall’articolo 5 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (convertito dalla legge 28 giugno 2019, n. 58), in vigore dal 1° maggio 2019, che trovano applicazione, ai sensi del comma 2 del citato articolo 5 del d.l. n. 34 del 2019, come modificato dall’articolo 13-ter, comma 1, del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157, «a partire dal periodo d’imposta in corso, ai soggetti che a decorrere dal 30 aprile 2019 trasferiscono la residenza in Italia ai sensi dell’articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e risultano beneficiari del regime previsto dall’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147».
Il regime in esame si applica, ai sensi dell’articolo 16, comma 1, del d.lgs. n. 147 del 2015, al lavoratore che:
a) trasferisca la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 2 del Tuir;
b) non sia stato residente in Italia nei due periodi d’imposta antecedenti al trasferimento e si impegni a risiedere in Italia per almeno 2 anni;
c) svolga l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.
In base al successivo comma 2, il cui contenuto è rimasto immutato rispetto alla versione dell’articolo 16 in vigore fino al 30 aprile 2019, sono destinatari del beneficio fiscale in esame anche i cittadini dell’Unione europea o di uno Stato extra UE con il quale risulti in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale che:
a) siano in possesso di un titolo di laurea e abbiano svolto “continuativamente” un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più, ovvero
b) abbiano svolto “continuativamente” un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post-lauream.
Per accedere al regime agevolativo, il citato articolo 16 presuppone, inoltre, che i contribuenti non siano stati residenti in Italia per due periodi d’imposta precedenti il rientro (cfr. risoluzione 7 luglio 2018, n. 51/E e circolare 28 dicembre 2020, n. 33/E, paragrafo 1).
Detti soggetti possono accedere all’agevolazione a condizione che trasferiscano la residenza fiscale in Italia e si impegnino a permanervi per almeno due anni a pena di decadenza dall’agevolazione (cfr. articolo 3, decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 26 maggio 2016).
Al ricorrere, alternativamente, delle condizioni di cui al comma 1 ovvero al comma 2 del citato articolo 16, i redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, i redditi di lavoro autonomo e i redditi d’impresa prodotti dai soggetti identificati dal comma 1 o dal comma 2 concorrono alla formazione dell’imponibile complessivo nella misura del 30 per cento.
Il regime agevolativo in esame, in base a quanto previsto dal comma 3 del citato articolo 16, si applica per un quinquennio, a decorrere dal periodo d’imposta in cui i contribuenti trasferiscono la residenza fiscale in Italia, ai sensi dell’articolo 2 del Tuir, e per i quattro periodi d’imposta successivi.
Detto articolo 16 non disciplina esplicitamente la posizione del soggetto distaccato all’estero che rientra in Italia; ciò a differenza di quanto previsto dall’articolo 3, comma 4, della legge 30 dicembre 2010, n. 238, concernente il regime di favore per i c.d. ” controesodati”, la quale escludeva espressamente dal beneficio ogni forma di distacco.
Sul punto, la circolare 23 maggio 2017, n. 17/E, Parte II, paragrafo 3.1, ha chiarito, tuttavia, che i soggetti che rientrano in Italia dopo essere stati in distacco all’estero “non” possono fruire del beneficio di cui al citato articolo 16 in considerazione della situazione di continuità con la precedente posizione lavorativa in Italia.
Con risoluzione 5 ottobre 2018, n. 76/E, è stato poi precisato che la posizione restrittiva adottata nella circolare n. 17/E del 2017, finalizzata ad evitare un uso strumentale dell’agevolazione in esame, non in linea con la vis attrattiva della norma, non preclude, comunque, la possibilità di valutare specifiche ipotesi in cui il rientro in Italia non sia conseguenza della naturale scadenza del distacco ma sia determinato da altri elementi funzionali alla ratio della norma agevolativa.
Ciò si può verificare, ad esempio, nelle ipotesi in cui:
– il distacco sia più volte prorogato e, la sua durata nel tempo, determini quindi un affievolimento dei legami con il territorio italiano e un effettivo radicamento del dipendente nel territorio estero;
– il rientro in Italia del dipendente non si ponga in ” continuità” con la precedente posizione lavorativa in Italia; il dipendente, pertanto, al rientro assume un ruolo aziendale differente rispetto a quello originario in ragione delle maggiori competenze ed esperienze professionali maturate all’estero.
In tali ipotesi, in presenza di tutti gli elementi richiesti dall’articolo 16 del decreto legislativo n. 147 del 2015, si ritiene, infatti, che le peculiari condizioni di rientro dall’estero del dipendente, rispondendo alla ratio della norma, non precludano al lavoratore in posizione di distacco l’accesso al beneficio previsto dal citato articolo 16.
Ad integrazione di quanto chiarito sopra, con circolare 28 dicembre 2020, n. 33/E, paragrafo 7.1, è stato precisato che il beneficio fiscale in esame non spetta nell’ipotesi di distacco all’estero con successivo rientro, in presenza del medesimo contratto e presso il medesimo datore di lavoro.
Diversamente, nell’ipotesi in cui l’attività lavorativa svolta dall’impatriato costituisca una “nuova” attività lavorativa, in virtù della sottoscrizione di un nuovo contratto di lavoro, diverso dal contratto in essere in Italia prima del distacco, e quindi l’impatriato assuma un ruolo aziendale differente rispetto a quello originario, lo stesso potrà accedere al beneficio a decorrere dal periodo di imposta in cui ha trasferito la residenza fiscale in Italia.
La predetta circolare chiarisce, inoltre, che l’agevolazione non è applicabile nelle ipotesi in cui il soggetto, pur in presenza di un nuovo contratto per l’assunzione di un nuovo ruolo aziendale al momento dell’impatrio, rientri in una situazione di “continuità” con la precedente posizione lavorativa svolta nel territorio dello Stato prima dell’espatrio.
Ciò accade, ad esempio, quando i termini e le condizioni contrattuali, indipendentemente dal nuovo ruolo aziendale e della relativa retribuzione, rimangono di fatto immutati al rientro presso il datore di lavoro in virtù di intese di varia natura, quali clausole inserite nelle lettere di distacco ovvero negli accordi con cui viene conferito un nuovo incarico aziendale, dalle quali si evince che, sotto un profilo sostanziale, continuano ad applicarsi le originarie condizioni contrattuali in essere prima dell’espatrio.
A titolo meramente esemplificativo, costituiscono indice di una situazione di continuità sostanziale:
– il riconoscimento di ferie maturate prima del nuovo accordo aziendale;
– il riconoscimento dell’anzianità dalla data di prima assunzione;
– l’assenza del periodo di prova;
– clausole volte a non liquidare i ratei di tredicesima (ed eventuale quattordicesima) maturati nonché il trattamento di fine rapporto al momento della sottoscrizione del nuovo accordo;
– clausole in cui si prevede che alla fine del distacco, il distaccato sarà reinserito nell’ambito dell’organizzazione della Società distaccante e torneranno ad applicarsi i termini e le condizioni di lavoro presso la società di appartenenza in vigore prima del distacco.
Diversamente, laddove le condizioni oggettive del nuovo contratto (prestazione di lavoro, termine, retribuzione) richiedano un nuovo rapporto obbligatorio in sostituzione di quello precedente, con nuove ed autonome situazioni giuridiche cui segua un mutamento sostanziale dell’oggetto della prestazione e del titolo del rapporto, l’impatriato potrà accedere al beneficio fiscale in esame.
Con riferimento al caso di specie, in cui l’ Istante dichiara che il dipendente è stato fiscalmente residente all’estero per gli anni di imposta 2018, 2019 e 2020, si osserva, in via preliminare, che il rientro sembra realizzarsi al termine naturale del periodo di distacco disposto a partire dal 1° gennaio 2018, dalla Branch (all’epoca Alfa Group Italia S.r.l.) a favore della consociata francese (Alfa FR poi assorbita da Alfa SASU).
Dalla lettera di cessione del contratto di lavoro del dipendente tra le due società Gruppo, inoltre, e contestuale distacco temporaneo presso la consociata francese, risulta, tra l’altro, che:
– ” con effetto dal 1° gennaio 2018 […] il nuovo datore di lavoro del Dipendente sarà Alfa Group Srl ed il rapporto di lavoro proseguirà tra queste parti senza soluzione di continuità, con riconoscimento dell’anzianità lavorativa già maturata presso la Società cedente ed ogni altro istituto contrattuale collegato e commisurato all’anzianità di servizio”;
– “dalla data di efficacia della cessione, di cui sopra, viene confermata la qualifica di impiegato di 7^ livello, CCNL […]”;
– “per tutta la durata del distacco – ove previsto dalla normativa comunitaria e/o locale – il Dipendente continuerà ad essere assicurato al sistema pubblico sociale e previdenziale italiano”;
– “durante il periodo di distacco continueranno ad essere riconosciuti i giorni di ferie previsti dal CCNL. […] I giorni di assenza per festività/ferie/malattia ed infortuno andranno comunicati dal Dipendente a Alfa France e alla Società datore di lavoro”;
– “qualora le leggi francesi locali richiedano che Alfa France instauri un rapporto di lavoro con il Dipendente, l’eventuale assunzione da parte di Alfa France non sarà una causa di sospensione dal lavoro con la Società, né un motivo di interruzione degli obblighi relativi o degli accordi qui riportati”;
– “le parti tutte si danno atto che, non essendo in presenza di risoluzione del rapporto di lavoro, ma trattandosi invece della diversa ipotesi di cessione del contratto individuale di lavoro, ex art. 1406 ss. cod. civ., il Dipendente, nel passaggio dal datore di lavoro attuale, ossia la Società cedente, a quello nuovo, ossia la Società cessionaria, non acquisisce, al momento della cessione, alcun diritto connesso alla cessazione del rapporto di lavoro, come – a titolo esemplificativo ma non esaustivo – quelli all’indennità sostitutiva del preavviso, alla liquidazione del trattamento di fine rapporto, alla monetizzazione delle ferie maturate e non godute, ecc. In particolare, ogni obbligazione in essere alla data della cessione e correlata al rapporto tra il Dipendente e la Società cedente viene assunto dalla Società cessionaria, con piena liberazione quindi della Società cedente in ordine ai connessi adempimenti”.
La successiva ” lettera di rimpatrio”, nel confermare il termine del distacco temporaneo presso Alfa France, stabilito per il 31 dicembre 2020, prevede che, a partire dal 1° gennaio 2021, sarà riconosciuto al dipendente un nuovo ruolo presso la società Alfa S.a.s. Italian branch (nell’istanza è precisato che il dipendente sarà inquadrato come Quadro), con conseguente aumento della remunerazione e dell’incentivo annuale personale, e che allo stesso saranno assegnate delle somme a ristoro degli oneri sostenuti per la riallocazione personale e familiare presso la sede di lavoro.
Alla luce di quanto riportato sopra, risulta evidente che, indipendentemente dal nuovo ruolo assunto dal dipendente al rientro in Italia, conferito anche in ragione delle maggiori competenze ed esperienze professionali maturate all’estero, e dalla revisione della retribuzione, i termini e le condizioni contrattuali, così come il datore di lavoro, rimangono di fatto immutati.
La circostanza che continuino ad applicarsi le originarie condizioni contrattuali in essere prima dell’espatrio, porta a considerare che la posizione lavorativa assunta al rientro del dipendente sia in ” continuità” con la precedente posizione lavorativa, continuando ad applicarsi le medesime condizioni contrattuali.
Nel caso di specie, pertanto, non sembra potersi ravvisare il requisito della ” discontinuità lavorativa”, in assenza del quale l’accesso al regime fiscale agevolativo in commento deve considerarsi precluso.
Resta fermo che la verifica della sussistenza dei presupposti per stabilire l’effettiva residenza fiscale di un soggetto riguarda elementi di fatto che, come precisato con circolare n. 9/E del 1° aprile 2016, non possono essere oggetto di istanza di interpello ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 212 del 2000.
Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto.
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