AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 12 febbraio 2019, n. 36
Regime speciale per lavoratori impatriati – Attività di lavoro e di studio all’estero – Periodo minimo di residenza fiscale all’estero – Durata e contestualità di maturazione dei requisiti – Articolo 16, comma 2, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 Interpello articolo 11, comma 1, lettera a), legge 27 luglio 2000, n. 212
Con l’interpello specificato in oggetto è stato esposto il seguente
Quesito
ALFA, cittadina italiana, residente nel Regno Unito, il 31 agosto 2012 si è iscritta alla … University per svolgere il corso di laurea specialistica (Master of science) in Marketing Communications, conseguita il 4 febbraio 2014.
Durante il corso ha sottoscritto con la società BETA, con sede nel Regno Unito, un contratto di stage (“intemship”) per il periodo 5 agosto 2013 – 7 febbraio 2014. Il 15 gennaio 2014 ha sottoscritto con la stessa società, senza soluzione di continuità con il contratto di stage dal 3 febbraio 2013 e in virtù del titolo accademico conseguito, un contratto di lavoro a tempo indeterminato.
L’interpellante, in considerazione della residenza abituale all’estero dal 2012, ha presentato domanda di iscrizione all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE), alla quale risulta regolarmente iscritta dal 14 ottobre 2015.
Successivamente, in data 3 ottobre 2017, ha risolto il contratto di lavoro a tempo indeterminato con la suddetta BETA e, dal 16 ottobre 2017, ha sottoscritto un nuovo contratto di lavoro a tempo indeterminato con la società GAMMA.
ALFA dichiara che nel corso dell’anno 2019 rientrerà in Italia con un contratto di lavoro dipendente, con conseguente termine dell’impegno lavorativo nel Regno Unito, assumendo la propria residenza nel territorio dello Stato e impegnandosi a mantenervela per i successivi anni.
L’istante sta valutando la possibilità di chiedere l’applicazione, con decorrenza dall’eventuale trasferimento in Italia della propria residenza, del regime speciale per lavoratori impatriati previsto dall’articolo 16, del D.Lgs 14 settembre 2015, n. 147.
Al proposito fa presente che il comma 1 del citato art. 16 dispone che “i redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al cinquanta per cento del suo ammontare …”. Il successivo comma 2 stabilisce che “il criterio di determinazione del reddito di cui al comma 2 si applica anche ai soggetti di cui all’articolo 2, comma 1, della legge 30 dicembre 2010, n. 238, le cui categorie vengono individuate tenendo conto delle specifiche esperienze e qualificazioni scientifiche e professionali con il decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze di cui al comma 3. Il criterio di determinazione del reddito di cui al comma 1 si applica anche ai cittadini di Stati diversi da quelli appartenenti all’Unione europea, con i quali sia in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito ovvero un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale, in possesso di un diploma di laurea, che hanno svolto continuativamente un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi ovvero hanno svolto continuativamente un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più, conseguendo un diploma di laurea o una specializzazione post lauream”.
Pertanto, come precisato nella circolare dell’Agenzia delle entrate n. 17/E del 23 maggio 2017, per potere beneficiare del regime fiscale di favore di cui all’art. 16, comma 1, del D.Lgs n. 147 del 2015, i soggetti di cui al comma 2 che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’art. 2, del TUIR, devono avere i seguenti requisiti:
a) essere in possesso di un titolo di laurea;
b) avere svolto continuativamente un’attività di lavoro o studio fuori dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più;
c) essere cittadini dell’Unione europea o di uno Stato extraeuropeo con il quale risulti in vigore una convenzione contro le doppie imposizioni ai fini delle imposte sui redditi ovvero un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale;
d) svolgere attività di lavoro autonomo o dipendente in Italia.
Resta, tuttavia, un margine di obiettiva incertezza relativamente al passaggio del richiamato comma 2, ribadito dalla detta circolare, dove si legge che il beneficio della tassazione del reddito limitatamente al 50 per cento del suo ammontare compete ai soggetti “che hanno svolto continuativamente un’attività … fuori dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi ovvero che hanno svolto continuativamente un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più, conseguendo un diploma di laurea”.
La circolare n. 17/E del 2017 specifica, inoltre, che “il requisito dello svolgimento dell’attività di lavoro o studio all’estero in modo continuativo negli ultimi ventiquattro mesi, non deve necessariamente far riferimento all’attività svolta nei due anni immediatamente precedenti il rientro, essendo sufficiente che l’interessato, prima di rientrare in Italia, abbia svolto tali attività all’estero per un periodo minimo ed ininterrotto di almeno ventiquattro mesi”.
Come sopra precisato, nel caso di specie, l’attività lavorativa svolta fino ad oggi nel Regno Unito è stata interrotta nel solo periodo intercorrente dal 3 al 16 ottobre 2017 in concomitanza con la risoluzione del contratto di lavoro dipendente con la società BETA e l’inizio del nuovo lavoro presso la GAMMA.
Inoltre, l’istante ha svolto effettivamente attività di studio e di lavoro dipendente fuori dall’Italia per 24 mesi continuativi (dal settembre 2012 al febbraio 2014 come studente; dall’agosto 2013 al 3 ottobre 2017 come dipendente della società BETA e dal 16 ottobre 2017 come dipendente della società GAMMA), ma è iscritta all’AIRE solo dal 14 ottobre 2015. Risulta, quindi, necessario capire se i due requisiti della residenza all’estero e del lavoro continuativo fuori dall’Italia debbano coesistere per tutto l’arco temporale dei ventiquattro mesi.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
Tenuto conto che la normativa istitutiva dell’agevolazione fiscale per lavoratori impatriati e la successiva prassi amministrativa nulla prescrive sia in merito al momento in cui debba intervenire l’iscrizione all’AIRE per usufruire dell’agevolazione che relativamente ad una continuità minima di sussistenza del requisito del tempo, sembra necessario dovere fare riferimento solamente al generale obbligo di iscrizione all’AIRE previsto per coloro che trasferiscono la propria residenza all’estero per periodi superiori ai 12 mesi.
Di conseguenza, non sembra che il requisito di iscrizione all’AIRE debba sussistere per tutto l’arco temporale di continuità di 24 mesi del lavoro o dello studio svolto all’estero.
L’istante ritiene, pertanto, che nel caso di specie risultino soddisfatti i requisiti richiesti dall’art. 16, comma 2, del d.lgs n. 147 del 2015.
Parere dell’agenzia delle entrate
L’art. 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, ha introdotto il “regime speciale per i lavoratori impatriati” al fine di incentivare il trasferimento in Italia di lavoratori con alte qualificazioni e specializzazioni e favorire lo sviluppo tecnologico, scientifico e culturale del nostro paese.
La disposizione prevede la concessione di incentivi fiscali, sotto forma di imponibilità del reddito prodotto in Italia nella misura del 50 per cento per cinque periodi d’imposta, in favore di soggetti che trasferiscano la residenza nel territorio dello Stato.
Tale regime speciale è, infatti, applicabile – alle condizioni stabilite dalla citata norma e dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 26 maggio 2016 (c.d. decreto attuativo) – ai soggetti che “trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi” per prestarvi attività di lavoro dipendente e di lavoro autonomo.
Come precisato con circolare n. 17/E del 23 maggio 2017, Parte I, l’esplicito richiamo all’art. 2, del TUIR, implica che debba farsi riferimento al concetto di residenza valido ai fini fiscali. Il citato art. 2, comma 2 considera, infatti, residenti in Italia le persone fisiche che, per la maggior parte del periodo d’imposta (183 giorni o 184 in caso di anno bisestile) sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi dell’articolo 43 del codice civile.
Tenuto conto della rilevanza del solo dato dell’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente (Apr), il soggetto che non si è cancellato da tale registro non può essere ammesso all’agevolazione in argomento.
Si fa presente che, secondo quanto previsto dalla legge 27 ottobre 1988, n. 470 “Anagrafe e censimento degli italiani all’estero”, il cittadino italiano che intende trasferire la propria residenza all’estero per un periodo superiore a dodici mesi può dichiarare tale trasferimento direttamente al Consolato italiano del Paese di emigrazione, oppure, prima di espatriare, può rendere tale dichiarazione al Comune italiano di residenza utilizzando un apposito modello.
I dati desunti dalle suddette anagrafi comunali e dalle dichiarazioni rese, giusta previsione dell’art. 1, comma 4, della l. n. 470 del 1988, confluiscono nell’anagrafe istituita presso il Ministero dell’Interno e, ai sensi del successivo comma 12, tutti gli atti delle menzionate anagrafi costituiscono atti pubblici.
Per quanto interessa il caso concreto e personale rappresentato nel presente interpello si osserva che l’interpellante, come risultante dalle informazioni consultabili nell’Anagrafe tributaria sulla base dei dati desunti dall’anagrafe istituita presso il competente Ministero dell’Interno ai sensi dell’art. 1, della stessa legge, risulta iscritto all’AIRE dal 14 ottobre 2015.
L’agevolazione in argomento è applicabile a decorrere dal periodo di imposta in cui il soggetto trasferisce la residenza in Italia ai sensi dell’art. 2, del TUIR, e per i quattro periodi di imposta successivi, ove ricorrano i requisiti e le condizioni previsti, alternativamente, dal comma 1 o dal comma 2 dell’art. 16 del d.lgs n. 147 del 2015.
In particolare, il comma 2 prevede che sono destinatari del beneficio fiscale in esame i cittadini dell’Unione europea o di uno Stato extraeuropeo con il quale risulti in vigore una convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale, che:
1. sono in possesso di un titolo di laurea e hanno svolto continuativamente un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, o 7
2. hanno svolto continuativamente un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.
Per accedere al regime agevolativo la norma presuppone, inoltre, che il soggetto non sia stato residente in Italia per un periodo minimo precedente all’impatrio.
A tal fine si osserva che per i soggetti di cui al comma 2 dell’art. 16 del d.lgs n. 147 del 2015 non è indicato espressamente un periodo minimo di residenza estera, come invece previsto per i soggetti di cui al comma 1 del medesimo art. 16 (permanenza all’estero per i cinque periodi di imposta precedenti al trasferimento in Italia).
Considerato, tuttavia, che il comma 2 prevede un periodo minimo di lavoro o di studio all’estero di due anni, la scrivente ritiene che, per tali soggetti, la residenza all’estero per almeno due periodi d’imposta costituisce il periodo minimo sufficiente ad integrare il requisito della non residenza nel territorio dello Stato e a consentire l’accesso al regime agevolativo (cfr. Risoluzione n. 51/E del 6 luglio 2018).
Detti soggetti possono accedere all’agevolazione a condizione che trasferiscano la residenza in Italia ai sensi dell’art. 2, del TUIR, e si impegnino a permanervi per almeno due anni.
Si ricorda che, ai sensi dell’art. 2 del TUIR, sono residenti in Italia le persone fisiche che, per almeno 183 giorni (o 184 giorni in caso di anno bisestile), sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile. Le condizioni appena indicate sono fra loro alternative; pertanto, la sussistenza anche di una sola di esse è sufficiente a fare ritenere che un soggetto sia qualificato, ai fini fiscali, residente in Italia.
Pertanto, per fruire del beneficio fiscale ai sensi del citato comma 2 dell’art. 16, il soggetto, per i due periodi di imposta antecedenti a quello in cui si rende applicabile l’agevolazione, non deve essere stato iscritto nell’Apr e non deve avere avuto nel territorio dello Stato il centro principale dei propri affari e interessi, né la dimora abituale, circostanze, queste ultime, che richiedono verifiche di fatto non esperibili in questa sede.
Per quanto precisato circa la portata dell’art. 2, del TUIR, si osserva che, nel caso di specie, l’interpellante, in quanto iscritta all’AIRE dal 10 ottobre 2015, deve ritenersi fiscalmente non residente in Italia dall’anno 2016.
Ciò posto, la sopra citata condizione di un periodo minimo di residenza fiscale all’estero risulta soddisfatta per l’istante ALFA con il periodo d’imposta 2017.
Con riferimento allo svolgimento dell’attività di lavoro all’estero in modo continuativo negli ultimi ventiquattro mesi, come precisato con circolare n. 17/E del 2017, Parte II, paragrafo 3.2, non si deve necessariamente fare riferimento all’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa svolta nei due anni immediatamente precedenti il rientro in Italia, essendo sufficiente che l’interessato, prima di rientrare nel territorio dello Stato, abbia svolto tali attività all’estero per un periodo minimo ed ininterrotto di almeno ventiquattro mesi.
Si osserva che l’interpellante ha svolto ininterrottamente attività lavorativa presso la società BETA dal 5 agosto 2013 al 3 ottobre 2017, pertanto, soddisfa il requisito sopra evidenziato.
Circa la perplessità, che ha indotto l’istante alla presentazione del presente interpello, della mancata piena coincidenza temporale tra lo svolgimento dell’attività lavorativa all’estero per ventiquattro mesi o più e l’iscrizione all’AIRE per il periodo minimo di due periodi d’imposta, si fa presente che i due requisiti devono essere presenti in capo al soggetto al momento in cui rientra in Italia per svolgervi attività lavorativa acquisendo la residenza fiscale nel territorio dello Stato ai sensi dell’art. 2, del TUIR, non rilevando, quindi, la contemporaneità della loro maturazione.
Ciò posto, circa la durata dell’attività di studio svolta all’estero in modo continuativo negli ultimi ventiquattro mesi per il conseguimento di un titolo di laurea o di una specializzazione post lauream, come previsto dall’art. 16, comma 2, del D.Lgs n. 147 del 2015, si osserva che il requisito è soddisfatto a condizione che il soggetto consegua i detti titoli aventi la durata di almeno due anni accademici (cfr. circolare n. 17/E del 23 maggio 2017, Parte II, paragrafo 3.2).
A tal proposito, come si evince dal diploma di laurea specialistica del 4 febbraio 2014, allegato all’istanza di interpello, il periodo di studio universitario svolto presso la … University ha avuto la durata di un solo anno accademico.
Tuttavia, nello specifico caso in esame, occorre determinare il possesso del titolo di laurea non espressamente dichiarato dall’interpellante, che però potrebbe presumersi considerato che lo svolgimento di un corso di studi universitari di laurea specialistica (Master of scienze) presso un’istituzione universitaria del Regno Unito presupponga in capo all’interpellante il possesso di un titolo di laurea già conseguito in Italia.
Per tutto quanto argomentato, ALFA, solo al verificarsi di tutti i detti presupposti richiesti dal comma 2 dell’art. 16 del D.Lgs n. 147 del 2015, in quanto cittadina italiana, può essere ammessa a fruire del regime speciale dei lavoratori impatriati dal 2019, trasferendo da tale anno la residenza fiscale nel territorio dello Stato, e per i quattro periodi d’imposta successivi in cui l’attività lavorativa risulti svolta in via prevalente in Italia.
Qualora, invece, l’istante non abbia acquisito un titolo di laurea nel territorio dello Stato prima di avere svolto attività lavorativa all’estero, al fine di potere fruire del regime speciale per lavoratori impatriati al suo rientro in Italia, in alternativa, dovrà soddisfare contemporaneamente le condizioni di cui al comma 1 dell’art. 16 del D.Lgs n. 147 del 2015:
a) non essere stata residente in Italia nei cinque periodi d’imposta precedenti il trasferimento (nel caso di specie dal 2016 al 2020);
b) svolgere attività lavorativa presso un’impresa residente nel territorio dello Stato in forza di un rapporto di lavoro instaurato direttamente con questa o con società che direttamente o indirettamente controllano la medesima impresa;
c) prestare l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.
Tale requisito, secondo quanto previsto dall’art. 1, comma 1, lett. c), del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 26 maggio 2016 (decreto attuativo) deve essere verificato in relazione a ciascun periodo d’imposta per i cinque anni di fruizione del beneficio fiscale, risultando soddisfatto se l’attività lavorativa è prestata nel territorio italiano per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco dell’anno (cfr. circolare n. 17/E del 2017, Parte II, paragrafo 3.3);
d) rivestire ruoli direttivi ovvero essere in possesso di requisiti di elevata qualificazione o specializzazione (cfr. art. 1, comma 1, lett. d), del decreto attuativo; circolare n. 17/E del 2017, Parte II, paragrafo 3.3).
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