AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 06 novembre 2020, n. 533
Regime speciale per lavoratori impatriati – Frequenza all’estero di un corso di studi della durata di due anni accademici -Applicabilità della c.d. “Sanatoria AIRE” – Articolo 16, commi 2 e 5-ter, decreto legislativo, 14 settembre 2015, n. 147
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
L’Istante è un cittadino italiano, che nel 2013 ha conseguito il titolo di laurea in Italia.
L’Istante dichiara che tra il 2016 e il 2017 ha vissuto all’estero al fine di frequentare il Master in Business Administration (MBA) della durata di due anni accademici presso ALFA, conseguendo il diploma MBA nel luglio 2017, e che durante tale periodo non si è iscritto all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE).Rientrato in Italia per lavorare alle dipendenze della società BETA da settembre 2017, intende conoscere se la c.d. “sanatoria AIRE” di cui al comma 5-ter, introdotto nell’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, dall’articolo 5, comma 1, lettera d), del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58), possa trovare applicazione anche nei confronti di coloro che si sono recati all’estero per frequentare un corso post lauream della durata di due anni accademici senza aver maturato un biennio di residenza fiscale all’estero ai sensi delle convenzioni contro le doppie imposizioni.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’Istante ritiene che la mancata maturazione di un biennio di residenza fiscale all’estero non osti all’applicazione della c.d. “Sanatoria AIRE” e pertanto coloro che, come l’Istante, si sono recati all’estero per motivi di studio devono dimostrare di aver frequentato un corso post lauream di durata accademica biennale (e di aver conseguito il titolo di studio) a prescindere dal fatto che siano maturati due anni di residenza fiscale all’estero.
Ritiene, quindi, corretto tenere il seguente comportamento:
– dall’anno di imposta 2020, presentare apposita richiesta al datore di lavoro, il quale opererà le ritenute sul 50 per cento delle somme corrisposte all’Istante stesso (come chiarito nel par 4.2.1 della Circolare n. 17 del 2017) e in sede di conguaglio applicherà le ritenute sull’imponibile ridotto della percentuale di reddito tassabile prevista dal regime agevolativo;
– con riferimento all’anno di imposta 2019, fruire della agevolazione direttamente nella dichiarazione dei redditi, indicando nel Modello 730/2020 il codice 4 nella casella “Casi particolari” della Sez. I del quadro C e inserendo nella colonna 3 del rigo CI il reddito di lavoro dipendente imponibile nella misura del 50 per cento;
l’eccedenza di imposta versata sarà indicata nell’apposito prospetto di liquidazione per essere rimborsata;per i redditi prodotti nell’anno di imposta 2018, l’Istante presenterà un’istanza di rimborso, ai sensi dell’art. 38 del D.P.R. n. 602 del 1973, per la differenza tra le imposte versate e quelle dovute in considerazione dell’applicazione del beneficio fiscale.
Parere dell’agenzia delle entrate
L’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 ha introdotto il “regime speciale per lavoratori impatriati”. La citata disposizione è stata oggetto di modifiche normative, operate dall’articolo 5 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (convertito dalla legge 28 giugno 2019, n. 58), in vigore dal 1° maggio 2019, che trovano applicazione, ai sensi del comma 2 del citato articolo 5 del decreto legge n. 34 del 2019, come modificato dall’articolo 13-ter, comma 1, del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157 “a partire dal periodo d’imposta in corso, ai soggetti che a decorrere dal 30 aprile 2019 trasferiscono la residenza in Italia ai sensi dell’articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e risultano beneficiari del regime previsto dall’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147”.
Nell’ipotesi di trasferimento della residenza fiscale in Italia prima del 30 aprile 2019, come nel caso di specie, occorre far riferimento all’articolo 16 del d.lgs. n. 147 del 2015, nella formulazione vigente fino al 30 aprile 2019, secondo cui al verificarsi delle condizioni richieste, i redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia concorrono alla formazione del reddito complessivo nella misura del 50 per cento.
Il comma 2 del citato articolo 16, in particolare, prevede che sono destinatari del beneficio fiscale in esame i cittadini dell’Unione europea o di uno Stato extra UE con il quale risulti in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale che:
a) sono in possesso di un titolo di laurea e abbiano svolto “continuativamente” un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, ovvero
b) hanno svolto “continuativamente” un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.
Come precisato con circolare n. 17/E del 2017 (pag. 29), che richiama i chiarimenti resi al riguardo con la circolare n. 14/E del 2012, “relativamente all’attività di studio, tale requisito è soddisfatto a condizione che il soggetto consegua la laurea o altro titolo accademico post lauream aventi la durata di almeno due anni accademici”.
Con riferimento al requisito della residenza, si ricorda che ai sensi dell’articolo 2 del TUIR, sono residenti in Italia le persone fisiche che, per almeno 183 giorni (o 184 giorni in caso di anno bisestile), sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.
Per i soggetti di cui al comma 2 del citato articolo 16, con la risoluzione n. 51/E del 7 luglio 2018 è stato chiarito che per accedere al regime speciale per i lavoratori impatriati, la norma presuppone che il soggetto non sia stato residente in Italia per un periodo minimo precedente all’impatrio.
A tal fine, si osserva che l’articolo 16 del d.lgs. n. 147 del 2015 non indica espressamente, per i soggetti di cui al comma 2, un periodo minimo di residenza estera, come, invece, previsto per i soggetti di cui al comma 1 del medesimo articolo 16 (permanenza all’estero per i cinque periodi di imposta precedenti al trasferimento in Italia nell’ipotesi di trasferimento della residenza fiscale in Italia prima del 30 aprile 2019, applicando l’articolo 16 del d.lgs. n. 147 del 2015, nella formulazione vigente fino al 30 aprile 2019).
Considerato, tuttavia, che il citato comma 2 prevede un periodo minimo di lavoro all’estero di due anni, si ritiene che per tali soggetti la residenza all’estero per almeno due periodi d’imposta costituisca il periodo minimo sufficiente ad integrare il requisito della non residenza nel territorio dello Stato e a consentire, pertanto, l’accesso al regime agevolativo.
Sempre con riferimento al requisito della residenza estera si evidenzia che, qualora il periodo di iscrizione all’AIRE risulti insufficiente o detta iscrizione non risulti affatto, trovano applicazione le disposizioni di cui al comma 5-ter inserito nell’articolo 16 del d.lgs. n. 147 del 2015, secondo cui: “I cittadini italiani non iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) rientrati in Italia a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 possono accedere ai benefici fiscali di cui al presente articolo purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi per il periodo di cui al comma 1, lettera a). Con riferimento ai periodi d’imposta per i quali siano stati notificati atti impositivi ancora impugnabili ovvero oggetto di controversie pendenti in ogni stato e grado del giudizio nonché per i periodi d’imposta per i quali non sono decorsi i termini di cui all’articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, ai cittadini italiani non iscritti all’AIRE rientrati in Italia entro il 31 dicembre 2019 spettano i benefici fiscali di cui al presente articolo nel testo vigente al 31 dicembre 2018, purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi per il periodo di cui al comma 1, lettera a). Non si fa luogo, in ogni caso, al rimborso delle imposte versate in adempimento spontaneo”.
Al riguardo, il citato comma 5-ter non ha inteso modificare il periodo di possesso del requisito della residenza all’estero che nel caso dei soggetti di cui all’articolo 16, comma 2, come illustrato, è almeno pari a due periodi di imposta, bensì consentire di dimostrarne il possesso ai sensi delle Convenzioni contro le doppie imposizioni, in assenza di iscrizione all’AIRE.
Nel caso di specie, in cui l’Istante dichiara di non essere in possesso del requisito della residenza all’estero, ai sensi delle Convenzioni contro le doppie imposizioni per due periodi di imposta precedenti il rimpatrio, ma soltanto per due anni “accademici”, non è integrato il requisito della residenza all’estero e, pertanto, è precluso l’accesso al regime.
Resta fermo che la verifica della sussistenza dei presupposti per stabilire l’effettiva residenza fiscale di un soggetto riguarda elementi di fatto che, come precisato con circolare n. 9/E del 1° aprile 2016, non possono essere oggetto di istanza di interpello ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 212 del 2000.
Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto.
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