AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 25 giugno 2019, n. 204
Regime speciale per lavoratori impatriati – Articolo 16, comma 2, decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 – Iscrizione all’AIRE – articolo 16, comma 3, decreto-legge 25 marzo 2019, n. 22 – articolo 5, comma 1, decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34. Interpello articolo 11, comma 1, lettera a), legge 27 luglio 2000, n. 212
Con l’interpello specificato in oggetto è stato esposto il seguente
Quesito
“ALFA”, cittadina italiana residente a Londra (UK), fa presente di essersi laureata il ….2016 all’Università “BETA.
Dal …. 2016 si è trasferita a Londra essendo stata assunta con contratto a tempo indeterminato da “GAMMA” e dal …..2018 è stata assunta, sempre con contratto a tempo indeterminato, da “DELTA”.
L’interpellante fa, inoltre, presente che dal 2016 ha sempre risieduto a Londra stipulando vari contratti di locazione: l’ultimo in data ….2018.
“ALFA” dichiara che in data …..2016 ha presentato la domanda per l’inserimento nell’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE) in cui è stata iscritta il …….2017.
L’istante dovendo rientrare in Italia nel 2019, chiede di conoscere se all’esposto caso personale è applicabile il regime fiscale agevolato previsto dall’articolo 16, comma 2, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147. A proposito pone due quesiti:
– il primo concerne il requisito della residenza per almeno 24 mesi all’estero prima del rientro in Italia ai sensi dell’articolo 2 del DPR 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR);
– l’ulteriore quesito si concentra sulla procedura di iscrizione all’AIRE che ha comportato ritardi con la perdita di un intero periodo d’imposta che poteva essere computato fra quelli di residenza fuori dal territorio dello Stato.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’interpellante ritiene di avere i requisiti richiesti per la fruizione del regime speciale per lavoratori impatriati ai sensi dell’articolo 16, comma 2, del D.Lgs n. 147 del 2015, con riferimento ad entrambe i quesiti posti.
In particolare, ritiene che l’iscrizione all’AIRE non abbia effetti costitutivi, ma solo dichiarativi e possa sempre essere superata dalla prova contraria, infatti, così come la semplice iscrizione all’AIRE non costituisce prova insuperabile della residenza all’estero, anche la mancata o ritardata iscrizione non esclude la residenza effettiva all’estero laddove il soggetto fornisca prova che, per tutto il periodo, il centro principale dei suoi interessi economici e personali era all’estero.
Per quanto concerne, poi, i tempi in cui viene espletata la procedura di iscrizione all’AIRE, l’interpellante ritiene che non dovrebbe ricadere sul cittadino alcun pregiudizio.
Parere dell’agenzia delle entrate
L’art. 16, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, ha introdotto il “regime speciale per lavoratori impatriati” al fine di incentivare il trasferimento in Italia di lavoratori con alte qualificazioni e specializzazioni e favorire lo sviluppo tecnologico, scientifico e culturale del nostro paese. Verificandosi i requisiti e le condizioni previsti, alternativamente, dal comma 1 o dal comma 2 dell’art. 16, la disposizione prevede che i redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia concorrono alla formazione del reddito complessivo nella misura del 50 per cento. Trattasi di un’agevolazione temporanea, applicabile per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui il lavoratore trasferisce la residenza fiscale in Italia ai sensi dell’art. 2, del TUIR, e per i quattro periodi di imposta successivi.
In particolare, il comma 2 del detto art. 16 del D.Lgs n. 147 del 2015 prevede che il criterio di determinazione del reddito si applica anche ai soggetti di cui all’articolo 2, comma 1, della legge 30 dicembre 2010, n. 238, le cui categorie sono state individuate con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 26 maggio 2016, attuativo della disposizione in esame.
L’articolo 1, comma 2, del citato decreto attuativo prevede che sono destinatari del beneficio fiscale in esame i cittadini dell’Unione europea che:
1. sono in possesso di un titolo di laurea e hanno svolto continuativamente un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, o 4
2. hanno svolto continuativamente un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.
Per accedere al regime speciale per i lavoratori impatriati, la norma istitutiva del regime fiscale agevolato presuppone, inoltre, che il soggetto non sia stato residente in Italia per un periodo minimo precedente all’impatrio.
A tal fine, si osserva che il comma 2 dell’art. 16 del d.lgs n. 147 del 2015 non indica espressamente un periodo minimo di residenza estera, come, invece, previsto per i soggetti di cui al comma 1 del medesimo art. 16.
A tale proposito, con risoluzione n. 51/E del 7 luglio 2018, questa Agenzia ha precisato che: “considerato, tuttavia, che il comma 2 prevede un periodo minimo di lavoro all’estero di due anni, la scrivente ritiene che, per tali soggetti, la residenza all’estero per almeno due periodi d’imposta costituisca il periodo minimo sufficiente ad integrare il requisito della non residenza nel territorio dello Stato e a consentire, pertanto, l’accesso al regime agevolativo”.
Detti soggetti possono accedere all’agevolazione a condizione che trasferiscano la residenza in Italia ai sensi dell’art. 2, del TUIR, e si impegnino a permanervi per almeno due anni.
Si ricorda che, ai sensi dell’art. 2 del TUIR, sono residenti in Italia le persone fisiche che, per almeno 183 giorni (o 184 giorni in caso di anno bisestile), sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile. Le condizioni appena indicate sono fra loro alternative; pertanto, la sussistenza anche di una sola di esse è sufficiente a fare ritenere che un soggetto sia qualificato, ai fini fiscali, residente in Italia.
Con riferimento al caso concreto e personale prospettato nel presente interpello, ALFA, cittadina italiana, dichiara di avere trasferito la residenza all’estero dove, dal 4 gennaio 2016, ha svolto attività di lavoro dipendente con contratti a tempo indeterminato.
Al riguardo si osserva che, secondo quanto previsto dalla legge 27 ottobre 1988, n. 470 “Anagrafe e censimento degli italiani all’estero”, il cittadino italiano che intende trasferire la propria residenza all’estero per un periodo superiore a dodici mesi può dichiarare tale trasferimento direttamente al Consolato del Paese di emigrazione, oppure, prima di espatriare, può rendere tale dichiarazione al Comune italiano di residenza utilizzando un apposito modello.
I dati desunti dalle suddette anagrafi comunali e dalle dichiarazioni rese, giusta previsione dell’articolo 1, comma 4, della l. n. 470 del 1988, confluiscono nell’anagrafe istituita presso il Ministero dell’Interno e, ai sensi del successivo comma 12, tutti gli atti delle menzionate anagrafi costituiscono atti pubblici.
Con riferimento al caso personale in esame, l’interpellante, come risulta dalle informazioni consultabili nell’Anagrafe tributaria, sulla base dei dati desunti dall’anagrafe istituita – come prima precisato – presso il competente Ministero dell’Interno, risulta iscritta all’AIRE dal ….2017.
Relativamente alla procedura di iscrizione all’AIRE, per cui l’istante pone un quesito relativo al pregiudizio derivante al cittadino dai tempi di definizione della stessa, si evidenzia che l’articolo 16, comma 3, del decreto-legge 25 marzo 2019, n. 22, attualmente in fase di conversione, ha inserito il comma 9-bis nell’articolo 6 della citata legge n. 470 del 1988.
In particolare, in base a tale nuova disposizione gli effetti della dichiarazione relativa al trasferimento della residenza da un comune italiano, rese all’ufficio consolare competente, decorrono dalla loro data di presentazione, qualora non sia stata già resa la dichiarazione di trasferimento di residenza all’estero presso il comune di ultima residenza, a norma della vigente legislazione anagrafica.
Inoltre, lo stesso articolo 16, comma 3, del DL n. 22 del 2019, abroga l’articolo 7 del DPR 6 settembre 1989, n. 323 (concernente l’approvazione del regolamento per l’esecuzione della legge n. 470 del 1988), che fissava la decorrenza della data di ricezione della stessa da parte dell’ufficiale dell’anagrafe.
La nuova disposizione in commento (ergo: articolo 16, comma 3) prevede, infine, che le dichiarazioni presentate anteriormente alla data di entrata in vigore del DL n. 22 del 2019 (26 marzo 2019) e non ancora ricevute dall’ufficiale dell’anagrafe, abbiano la stessa decorrenza della data di presentazione. Si rappresenta, quindi, che la nuova normativa, qualora confermata in sede di conversione in legge del citato DL n. 22 del 2019, risulterebbe, comunque, non applicabile alla fattispecie rappresentata in istanza, in quanto l’interpellante alla data del …..2019 risulta già iscritta all’AIRE.
Pertanto, il rientro in Italia di ALFA nell’anno 2019 nel caso in cui sia avvenuto negli scorsi mesi, come dalla stessa dichiarato probabile, non risulta soddisfare la sopra citata condizione della residenza fiscale fuori del territorio dello Stato per almeno due periodi d’imposta.
Nell’eventualità, invece, che il rientro in Italia dell’istante avvenga in data successiva a quella del ….2019 (il che le farebbe maturare i 183 giorni per il secondo periodo d’imposta di residenza fuori dal territorio dello Stato), il predetto requisito risulterebbe soddisfatto, permettendo alla stessa la fruizione dell’agevolazione fiscale di cui all’art. 16, comma 2, del D.Lgs. n. 147 del 2015, dal periodo d’imposta 2020.
A tal proposito corre l’obbligo evidenziare che da ultimo l’articolo 5, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, in vigore dal 1° maggio 2019 e in corso di conversione in legge, ha apportato modifiche e integrazioni all’articolo 16, del D.Lgs n. 147 del 2015, in commento.
Le modifiche introdotte, ai sensi del comma 2 del citato articolo 5 del DL n. 34 del 2019, trovano applicazione “a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto” e , pertanto, per i soggetti che acquisiscono la residenza fiscale nel territorio dello Stato dal periodo d’imposta 2020.
Tuttavia, per quanto qui interessa, si evidenzia la previsione del comma 5- ter inserito nell’articolo 16 del D.Lgs n. 147 del 2015 che recita:
“I cittadini italiani non iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) rientrati in Italia a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 possono accedere ai benefici fiscali di cui al presente articolo purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi per il periodo di cui al comma 1, lettera a). Con riferimento ai periodi d’imposta per i quali siano stati notificati atti impositivi ancora impugnabili ovvero oggetto di controversie pendenti in ogni stato e grado del giudizio nonché per i periodi d’imposta per i quali non sono decorsi i termini di cui all’articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, ai cittadini italiani non iscritti all’AIRE rientrati in Italia entro il 31 dicembre 2019 spettano i benefici fiscali di cui al presente articolo nel testo vigente al 31 dicembre 2018, purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi per il periodo di cui al, comma 1, lettera a). Non si fa luogo, in ogni caso, al rimborso delle imposte versate in adempimento spontaneo».
Le richiamate disposizioni tendono a comprovare il requisito della residenza all’estero, anche secondo i criteri dettati dalle Convenzioni contro le doppie imposizioni, per i soggetti che trasferiscono la residenza fiscale in Italia a partire dal periodo d’imposta 2020.
Si ritiene, altresì, che la ratio della norma sia volta a valorizzare, per i soggetti che non risultano iscritti all’AIRE, la possibilità di comprovare il periodo di residenza all’estero sulla base delle Convenzioni contro le doppie imposizioni, pertanto, la stessa possa trovare applicazione anche per i contribuenti che trasferiscono la residenza fiscale in Italia già nel 2019.
Una diversa interpretazione, infatti, non risulterebbe in linea con l’intento del legislatore di privare di efficacia gli atti impositivi già notificati alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 34 del 2019 ed escludendo la possibilità per l’Amministrazione finanziaria di notificarne di nuovi “ai cittadini italiani non iscritti all’AIRE rientrati in Italia entro il 31 dicembre 2019”.
Con riferimento al caso concreto prospettato, qualora l’interpellante, a causa della mancata iscrizione all’AIRE per due periodi d’imposta precedenti il trasferimento nel territorio dello Stato (requisito di cui “al comma 1, lettera a)”), sia in grado di provare la sua residenza estera dal 2016 ai sensi di quanto previsto dall’articolo 4 della Convenzione tra Italia e Regno Unito per evitare le doppie imposizioni, ratificata in Italia con la legge 5 novembre 1990, n. 329, e sempreché risultino soddisfatti gli altri requisiti richiesti dalla norma nulla osta alla fruizione del beneficio fiscale in esame.
Resta fermo che il controllo dei presupposti per stabilire l’effettiva residenza all’estero riguarda elementi fattuali che, come precisato con circolare n. 9/E del 1° aprile 2016, non possono essere oggetto di istanza di interpello ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 212 del 2000.
Nel diverso caso in cui l’istante acquisisse la residenza fiscale nel territorio dello Stato dal periodo d’imposta 2020, troverebbero, invece, applicazione le disposizioni recate dall’articolo 16 del D.Lgs n. 147 del 2015 come modificato e integrato dal decreto-legge n. 34 del 2019.
In particolare, ai sensi del comma 1 della nuova disposizione “i redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e i redditi di lavoro autonomo prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 2 del decreto del Presidente della repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 30 per cento del loro ammontare”, incrementando, quindi, la riduzione dell’imponibile da assoggettare a tassazione dal 50 al 70 per cento.
Occorre, altresì, evidenziare che il successivo comma 5-bis (introdotto dall’articolo 5, comma 1, del DL n. 34 del 2019) stabilisce che la percentuale del reddito imponibile si riduce al 10 per cento “per i soggetti che trasferiscono la residenza in una delle seguenti regioni: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia”.
Si pone l’attenzione sulla circostanza che la presente risposta tiene conto di disposizioni attualmente vigenti e dovranno essere verificate a cura del contribuente istante le eventuali modifiche normative che potrebbero essere apportate in sede di conversione dei citati decreti legge nn. 22 e 34 del 2019.
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