AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 28 giugno 2019, n. 216
Regime speciale per lavoratori impatriati – Periodo minimo di residenza all’estero senza iscrizione all’AIRE – Articolo 16, comma 1, del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147. Interpello articolo 11, comma 1, lettera a), legge 27 luglio 2000, n. 212.
Quesito
“ALFA” chiede un parere in merito alla possibilità di accedere al regime agevolato per i lavoratori impatriati, previsto dall’articolo 16, comma 1, del D.Lgs. n.147 del 2015.
In particolare, l’istante rappresenta di essersi trasferito nel Regno Unito il ….2014, di essere stato assunto da una società locale e di essere stato residente all’estero per i periodi d’imposta 2014, 2015, 2016, 2017 e 2018.
“ALFA” precisa di poter dimostrare la residenza estera tramite i contratti di assunzione stipulati con le tre diverse aziende per cui ha lavorato nel quinquennio, le relative buste paga e il documento P60, documento corrispondente nel Regno Unito alla Certificazione Unica rilasciata dal datore di lavoro in Italia.
Il contribuente evidenzia, inoltre, che l’effettiva registrazione all’AIRE è avvenuta nel mese di ottobre 2015, a causa di un ritardo dovuto all’invio della richiesta di iscrizione, effettuato nel mese di dicembre 2014, ad un ufficio del consolato non competente.
L’istante dichiara che il rientro in Italia con contratto di lavoro dipendente (livello quadro) presso una società italiana avverrà o nel mese di maggio o nel mese di settembre 2019.
Tanto premesso, “ALFA” chiede se sia possibile dimostrare il requisito della residenza estera tramite documentazione diversa dall’iscrizione all’AIRE.
Soluzione prospettata dal contribuente
L’istante ritiene di possedere i requisiti richiesti per fruire del regime fiscale agevolato previsto per i lavoratori impatriati dall’articolo 16, comma 1, del D. Lgs. n. 147 del 2015 e, in particolare, quello che prevede di non essere stato residente in Italia nei cinque periodi d’imposta precedenti il trasferimento e di impegnarsi a rimanere in Italia per almeno due anni; ciò in quanto, ad avviso del “ALFA”, l’accertamento della residenza fiscale del contribuente non può prescindere dall’applicazione delle tie break rules previste dai trattati (si vedano, ad esempio, le sentenze della CTR Toscana, n. 840 del 13 marzo 2018 e quella della CTP Firenze n. 131 del 12 gennaio 2016).
Secondo l’istante, quindi, pur non essendo stato iscritto all’AIRE per i cinque periodi d’imposta precedenti il rientro, risulta comunque non residente in Italia per cinque periodi di imposta effettivi (2014, 2015, 2016, 2017, 2018) che diventerebbero sei nel caso rientrasse nel nostro Paese nel mese di settembre 2019.
Ad avviso del contribuente, infatti, il requisito dell’iscrizione all’AIRE non è richiesto esplicitamente dalla norma e, dunque, la residenza all’estero può essere comprovata anche sulla base di diversa documentazione.
Parere dell’agenzia delle entrate
L’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 (c.d. decreto internazionalizzazione) ha introdotto il “regime speciale per lavoratori impatriati” al fine di incentivare il trasferimento in Italia di lavoratori con alte qualificazioni e specializzazioni e favorire lo sviluppo tecnologico, scientifico e culturale del nostro Paese.
Al riguardo, si fa presente che la citata disposizione è stata oggetto di recenti modifiche normative operate con l’articolo 5 del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34, in vigore dal 1° maggio 2019 e attualmente in fase di conversione in legge.
Le modifiche introdotte trovano applicazione, in linea generale, ai sensi del comma 2 del citato articolo 5 del decreto legge n. 34, “a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto” e, pertanto, per i contribuenti che acquisiscono la residenza fiscale in Italia a partire dal periodo d’imposta 2020.
Tenuto conto che nell’istanza inviata, il contribuente non precisa se trasferirà la propria residenza fiscale in Italia nel 2019 o nel 2020 (in quanto è in dubbio se il trasferimento in Italia avverrà nel mese di maggio o nel mese di settembre del 2019) si forniscono di seguito indicazioni in ordine all’applicazione del citato articolo 16 sia nella formulazione vigente prima delle modifiche introdotte con il citato decreto legge n. 34 del 2019 che con riferimento alla disposizione nella formulazione vigente.
Fatta tale premessa, si fa presente che l’articolo 16 del D. Lgs. n. 147 del 2015, nella formulazione applicabile nel periodo d’imposta 2019, prevede che, al verificarsi dei requisiti e delle condizioni previsti, alternativamente, dal comma 1 o dal comma 2 del medesimo articolo, i redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia concorrono alla formazione del reddito complessivo nella misura del 50 per cento a decorrere dal periodo di imposta in cui il lavoratore trasferisce la residenza fiscale in Italia e per i quattro periodi di imposta successivi (articolo 16, comma 3).
In particolare, il comma 1 del citato articolo 16 prevede che possono beneficiare dell’agevolazione in esame i soggetti che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 2 del TUIR, ove ricorrono contemporaneamente le seguenti condizioni:
a) non essere stati residenti in Italia nei cinque periodi di imposta precedenti il predetto trasferimento;
b) svolgere l’attività lavorativa presso un’impresa residente nel territorio dello Stato in forza di un rapporto di lavoro instaurato con questa o con società che direttamente o indirettamente controllano la medesima impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa;
c) prestare l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano;
d) rivestire ruoli direttivi ovvero essere in possesso di requisiti di elevata qualificazione o specializzazione.
In base alla richiamata lettera a), per accedere al regime speciale in esame è necessario, quindi, che il soggetto non sia stato residente in Italia per cinque periodi di imposta precedenti il trasferimento della residenza ai sensi dell’articolo 2 del TUIR.
A norma del citato articolo 2 sono residenti in Italia le persone fisiche che, per la maggior parte del periodo d’imposta (183 giorni o 184 in caso di anno bisestile) sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.
Le tre condizioni sopra citate sono tra loro alternative, essendo sufficiente che sia verificato, per la maggior parte del periodo d’imposta, uno solo dei predetti requisiti affinché una persona fisica venga considerata fiscalmente residente in Italia. (cfr. risoluzione n. 351 del 2008, circolare n. 304 del 1997).
Al riguardo, con la circolare n. 17 del 23 maggio 2017 (parte I) è stato chiarito che “Tenuto conto della rilevanza del solo dato dell’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente, il soggetto che non si è mai cancellato da tale registro non può essere ammesso alle agevolazioni in esame”.
Sulla base della disposizione dettata dall’articolo 16, nella formulazione applicabile nel periodo d’imposta 2019, dunque, il soggetto che non si è cancellato dal registro della popolazione residente, o si è cancellato per un periodo inferiore a quello richiesto dalla norma, non poteva essere ammesso all’agevolazione in argomento.
Tale ipotesi ricorre anche nel caso rappresentato con la presente istanza di interpello, tenuto conto che sulla base di quanto dichiarato dall’istante, nonché dalle informazioni consultabili nell’Anagrafe tributaria sulla base dei dati desunti dall’anagrafe dei cittadini italiani residenti all’estero (AIRE), istituita presso il competente Ministero dell’Interno ai sensi dell’articolo 1 della legge n. 470 del 1988, “ALFA” risulta iscritto all’AIRE dal 28 ottobre 2015 e, dunque, per tale annualità risulta soddisfatta una delle tre condizioni previste dall’articolo 2, comma 2, del TUIR (iscrizione nelle anagrafi della popolazione residente per la maggior parte del periodo d’imposta) per essere considerato fiscalmente residente in Italia.
Con riferimento al quesito proposto appaiono, tuttavia, rilevanti le modifiche introdotte con il citato decreto legge n. 34 del 2019, in fase di conversione.
In particolare, si evidenzia che, in base al comma 5-ter del citato articolo 16, introdotto dall’articolo 5 del decreto legge n. 34 del 2019, ” I cittadini italiani non iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) rientrati in Italia a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 possono accedere ai benefici fiscali di cui al presente articolo purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi per il periodo di cui al comma 1, lettera a). Con riferimento ai periodi d’imposta per i quali siano stati notificati atti impositivi ancora impugnabili ovvero oggetto di controversie pendenti in ogni stato e grado del giudizio nonché per i periodi d’imposta per i quali non sono decorsi i termini di cui all’articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, ai cittadini italiani non iscritti all’AIRE rientrati in Italia entro il 31 dicembre 2019 spettano i benefici fiscali di cui al presente articolo nel testo vigente al 31 dicembre 2018, purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi per il periodo di cui al comma 1, lettera a). Non si fa luogo, in ogni caso, al rimborso delle imposte versate in adempimento spontaneo”.
Le richiamate disposizioni che consentono di comprovare il requisito della residenza all’estero, anche secondo i criteri dettati dalle Convenzioni contro le doppie imposizioni trovano applicazione per i soggetti che trasferiscono la residenza fiscale in Italia a partire dal periodo d’imposta 2020.
Il comma 2 del citato articolo 5 stabilisce, infatti, che “Le disposizioni di cui al comma 1, lettere a), b), c), e d) (nell’ambito della quale è compresa il comma 5-ter) si applicano ai soggetti che trasferiscono la residenza in Italia ai sensi dell’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto”.
A parere della scrivente, tuttavia, in considerazione della ratio della norma introdotta, che ha in sostanza valorizzato la possibilità di comprovare il periodo di residenza all’estero, per i soggetti che non risultano iscritti all’AIRE, sulla base delle previsioni dettate dalle Convenzioni contro le doppie imposizioni, si ritiene che la stessa possa trovare applicazione anche per i contribuenti che trasferiscono la residenza fiscale in Italia già dal 2019, laddove gli stessi possano comprovare la residenza fiscale all’estero per i cinque periodi d’imposta precedenti sulla base delle regole dettate su base convenzionale.
Una diversa interpretazione non risulterebbe, infatti, coerente con l’intento che il legislatore ha inteso raggiungere privando di efficacia gli atti impositivi già notificati alla data di entrata in vigore del decreto legge n. 34 ed escludendo la possibilità per l’Amministrazione finanziaria di procedere alla notifica di nuovi atti impositivi laddove i contribuenti, non iscritti all’AIRE, che hanno trasferito la propria residenza fiscale in Italia entro il 2019 possano dimostrare la residenza estera sulla base delle Convenzioni contro le doppie imposizioni sui redditi.
Con riferimento al caso in argomento, si ritiene, quindi, che, laddove il contribuente istante sia in grado di provare la residenza estera già dal periodo d’imposta 2014 (tenuto conto che dichiara di essersi trasferito in UK dal 18 giugno 2014), ai sensi di quanto previsto dall’articolo 4 della Convenzione tra Italia e Regno Unito per evitare le doppie imposizioni, ratificata in Italia con la legge 5 novembre 1990, n. 329, potrà accedere ai benefici previsti dal citato articolo 16, comma 1, del D. Lgs. n. 147 del 2015, nella formulazione applicabile nel periodo d’imposta 2019, laddove acquisti la residenza fiscale in Italia già per il periodo d’imposta 2019, e sempreché risultino soddisfatte le ulteriori condizioni previste dalla norma.
Al riguardo, si fa presente che l’accertamento dei presupposti per stabilire l’effettiva residenza fiscale costituisce una questione di fatto che non può essere oggetto di istanza di interpello, ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 212 del 2000 (cfr. circolare n. 9 del 1° aprile 2016).
Nel diverso caso in cui il contribuente istante acquisisse la residenza fiscale in Italia dal periodo d’imposta 2020 (in ipotesi di rientro in Italia nel mese di settembre 2019, come prospettato nell’istanza), troverebbero, invece, applicazione le disposizioni recate dall’articolo 16 del D. Lgs n. 147 del 2015, come modificato dal citato decreto legge n. 34 del 2019.
In particolare, la nuova disposizione stabilisce che “1. I redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e i redditi di lavoro autonomo prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 30 per cento del loro ammontare al ricorrere delle seguenti condizioni:
a) i lavoratori non sono stati residenti in Italia nei due periodi d’imposta precedenti il predetto trasferimento e si impegnano a risiedere in Italia per almeno due anni;
b) l’attività lavorativa è prestata prevalentemente nel territorio italiano”.
Con la citata disposizione, dunque, viene incrementata dal 50 al 70 per cento la riduzione dell’imponibile da assoggettare a tassazione.
Inoltre, si riducono da cinque a due, i periodi d’imposta di residenza estera che il contribuente deve soddisfare per poter accedere all’agevolazione.
Con il comma 3-bis dell’articolo 16 è stato, inoltre, previsto che “Le disposizioni del presente articolo si applicano per ulteriori cinque periodi di imposta ai lavoratori con almeno un figlio minorenne o a carico, anche in affido preadottivo. Le disposizioni del presente articolo si applicano per ulteriori cinque periodi di imposta anche nel caso in cui i lavoratori diventino proprietari di almeno un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia, successivamente al trasferimento in Italia o nei dodici mesi precedenti al trasferimento; l’unità immobiliare può essere acquistata direttamente dal lavoratore oppure dal coniuge, dal convivente o dai figli, anche in comproprietà. In entrambi i casi, i redditi di cui al comma 1, negli ulteriori cinque periodi di imposta, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50 per cento del loro ammontare. Per i lavoratori che abbiano almeno tre figli minorenni o a carico, anche in affido preadottivo, i redditi di cui al comma 1, negli ulteriori cinque periodi di imposta, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 10 per cento del loro ammontare”.
Il successivo comma 5-bis stabilisce, inoltre, che “La percentuale di cui al comma 1 è ridotta al 10 per cento per i soggetti che trasferiscono la residenza in una delle seguenti regioni: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia”.
Con i riportati commi 3-bis e 5-bis del nuovo articolo 16 è stata, dunque, prevista una estensione delle agevolazioni fiscali per ulteriori 5 periodi d’imposta in presenza di specifiche condizioni (numero di figli minorenni o a carico, acquisto dell’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia, trasferimento della residenza in regioni del centro e sud Italia).
Pertanto, fermo restando il rispetto di tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi previsti dalla citata disposizione, laddove il contribuente trasferisca la propria residenza fiscale in Italia a decorrere dal periodo d’imposta 2020 per svolgere in Italia un’attività di lavoro dipendente con qualifica di quadro, potrà accedere ai benefici fiscali secondo le più favorevoli condizioni e misure stabilite dalla citata previsione come modificata dal decreto legge n. 34 del 2019.
Si evidenzia, infine, che, come detto, il citato decreto legge è in fase di conversione in legge (che dovrà avvenire nel termine di 60 giorni dalla data del 30 aprile 2019, data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale). La presente risposta tiene, dunque, conto delle disposizioni attualmente vigenti e dovrà essere, quindi, verificata dal contribuente alla luce delle eventuali modifiche normative che potrebbero essere apportate in sede di conversione del citato decreto legge.
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