AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 21 dicembre 2020, n. 611
Regolarizzazione di opere edilizie realizzate in difformità dal titolo abilitativo – Regime IVA della cessione dell’immobile strumentale oggetto di regolarizzazione – Art. 10, comma 1, n. 8-ter), del d.P.R. n. 633/1972
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
Alfa S.p.A. (in seguito anche “società istante”) ha avviato un processo di dismissione di un portafoglio immobiliare con l’inizio, nel luglio del 2016, di una procedura competitiva avente ad oggetto la cessione di un portafoglio immobiliare costituito da un insieme di immobili dislocati in diverse regioni italiane (in seguito il “Portafoglio”).
Uno degli immobili oggetto del Portafoglio destinati ad essere trasferiti entro il 30 novembre 2020 è rappresentato, per quanto qui di interesse, da un complesso immobiliare situato nel Comune di —- (in seguito “Complesso Immobiliare”), più in particolare costituito, sotto il profilo urbanistico-catastale, da due distinti fabbricati/edifici strumentali non suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni:
(i) il c.d. “Edificio X (corpo principale);
(ii) il c.d. “Edificio Y”..
Ciascuno dei detti Edifici è formato da più unità immobiliari urbane autonomamente identificate al Catasto Fabbricati del Comune.
Per quanto concerne l’Edificio Y, su cui, in particolare, si concentrano i quesiti oggetto della presente istanza, la società istante evidenzia che lo stesso risulta composto:
– da 3 piani fuori terra più il piano copertura;
– da 2 piani interrati che occupano, in estensione, una superficie maggiore rispetto alla proiezione del fabbricato.
Il piano copertura è costituito da una terrazza praticabile, ove sono ubicati i torrini dei vani scala, i locali ascensori ed i locali impianti.
In base agli approfondimenti eseguiti dai tecnici dell’Area Immobiliare della società istante, in vista della prospettata dismissione del Complesso Immobiliare, sono state riscontrate – con riferimento alla situazione del terrazzo di copertura dell’Edificio Y – talune difformità rispetto al Progetto Edilizio Originario.
Tale circostanza ha reso necessario per la società istante eseguire, nell’ottica della futura alienazione dell’immobile, una procedura di sanatoria, avviata e conclusasi nel corso del 2019 ad esito del positivo espletamento della pratica di accertamento di conformità prevista dall’art. 22 della Legge Regionale 11 agosto 2008, n. 15, in materia di “Vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia” (di seguito, la “L.R. Lazio”).
Per quanto riguarda le caratteristiche dell’intervento di regolarizzazione, la società istante fa presente che, in base al parere favorevole della Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali – obbligatorio in base alle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore Generale di — e prodromico rispetto alla procedura di accertamento di conformità di cui all’art. 22 della L.R. Lazio – la regolarizzazione di cui si discute ha ad oggetto “[…] modifiche apportate, in fase di costruzione (vale a dire nel 1979), ai volumi tecnici dei corpi scala e ascensori sul terrazzo di copertura con variazioni prospettiche”.
Tale circostanza risulta, altresì, confermata dalla relazione tecnica asseverata indirizzata alla Sovrintendenza, secondo la quale la regolarizzazione riguarda opere eseguite in maniera abusiva già in fase di costruzione dell’immobile che hanno condotto a produrre delle difformità rispetto al Progetto Edilizio Originario ravvisabili “nella dimensione terminale delle scale, in corrispondenza degli sbarchi dei 4 vani scala/ascensori sul terrazzo, nel prospetto dei torrini e dei locali tecnici”.
La società istante fa presente che nella medesima relazione tecnica si attesta, altresì, che l’intervento di regolarizzazione non è in contrasto con gli strumenti urbanistici approvati o adottati, né con il regolamento edilizio vigente e che l’intervento non comporta modifiche alla sagoma dell’edificio né aumento di unità immobiliari.
Avendo ottenuto il predetto parere favorevole della Sovrintendenza, la società istante ha avviato presso il competente Comune di —- la procedura di sanatoria dell’intervento abusivo a suo tempo eseguito, seguendo a tal proposito l’iter stabilito dall’art. 22 della L.R. Lazio.
In data 17 ottobre 2019, la società istante ha, dunque, presentato (ai sensi dell’art. 23 del d.P.R. n. 380/2001) la SCIA Alternativa al P.d.C..
La SCIA Alternativa al P.d.C. è stata accompagnata dalla presentazione al Comune di — della Relazione Tecnica di Asseverazione, in cui è stato evidenziato, tra l’altro, che:
(i) le opere in progetto (vale a dire, l’intervento edilizio abusivo eseguito in fase di costruzione dell’immobile, nel corso del 1979) sono subordinate a detta SCIA Alternativa al P.d.C., in quanto “[…] rientrano nella seguente tipologia di intervento ai sensi dell’articolo 23 del d.P.R. n. 380 del 2001: – interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti […] (Attività n. 8, Tabella A, Sez. II del d.lgs. 222/2016, art. 10 comma 1, lettera c) del d.P.R. n. 380/2001)”;
(ii) la regolarizzazione in oggetto è soggetta alla corresponsione di una oblazione, così come previsto dal sopra citato articolo 22, comma 2, della L.R. Lazio n. 15/2008.
In particolare, per quanto riguarda la citata oblazione, il Tecnico ha provveduto alla quantificazione dell’apposita sanzione e degli oneri concessori mediante apposito prospetto di “Calcolo Costo di Costruzione e sanzione”, pagati dalla società istante tramite C/C postale.
A conclusione del procedimento di sanatoria di cui si discute, la società istante ha ricevuto dal Comune di — – previa apposita richiesta – il “pronunciamento” di cui al già citato art. 22, comma 4, della L.R. Lazio in cui il Comune si è pronunciato nel senso che, ai sensi dell’art. 22 della L.R. Lazio,”[…] risulta positivamente concluso l’iter istruttorio del procedimento edilizio in argomento”.
Tenuto conto dell’intenzione di procedere alla cessione del Portafoglio al terzo investitore, ai fini dell’individuazione del corretto trattamento IVA applicabile all’operazione di alienazione, con specifico riferimento al trasferimento del Complesso Immobiliare, la società istante pone i seguenti quesiti:
1) in considerazione della pratica di sanatoria del 2019 relativa ad interventi eseguiti sulle parti comuni dell’Edificio Y, in relazione alla cessione di tale edificio si chiede conferma circa l’applicabilità del regime di esenzione da IVA, ex art.10, comma 1, n. 8-ter), del Decreto IVA;
2) nell’ipotesi in cui si ritenesse che la suddetta sanatoria configuri una fattispecie idonea a rendere applicabile il regime di imponibilità di cui all’art. 10,comma 1, n. 8- ter), del Decreto IVA, la società istante chiede conferma circa:
a) l’assoggettabilità ad IVA del solo corrispettivo pattuito riferibile al trasferimento dell’Edificio Y interessato dalla predetto sanatoria e non già dell’intero Complesso Immobiliare;
b) l’applicabilità, sul corrispettivo pattuito per il trasferimento dell’Edificio Y, dell’aliquota IVA del 10 per cento ai sensi del n. 127-quinquiesdecies) della Tabella A, parte III, allegata al Decreto IVA.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
In relazione ai quesiti prospettati, la società istante esprime il seguente avviso.
1) La procedura di sanatoria eseguita dalla società istante nel 2019 – mediante presentazione della SCIA Alternativa al P.d.C. – non costituisce circostanza idonea a ritenere che l’istante abbia eseguito, in veste di impresa ristrutturatrice, nel quinquennio antecedente la prospettata cessione dell’immobile, un intervento di ristrutturazione edilizia ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 380/2001, idonea a rendere obbligatoriamente imponibile ad IVA (ex art. 10, comma 1, n. 8- ter)del Decreto IVA) il trasferimento dell’Edificio Y.
Al riguardo, la società ritiene che il riferimento inserito nella Relazione Tecnica di Asseverazione all’esecuzione di “interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti” deve intendersi riferito alla classificazione attribuita dal Tecnico all’intervento edilizio abusivamente operato nel 1979 in fase di costruzione dell’immobile sulla terrazza di copertura dell’Edificio Y (in maniera difforme rispetto al Progetto Edilizio Originario).
Sotto il profilo fiscale, l’avvenuta menzione nella sopra richiamata Relazione Tecnica Asseverata di un intervento di ristrutturazione edilizia riconducibile ad un periodo (il 1979) in ogni caso antecedente rispetto al “periodo di osservazione” quinquennale stabilito dall’art. 10, comma 1, n. 8-ter), del d.P.R. n. 633 del 1972, ad avviso della società istante, escluderebbe, di per sé, la possibilità di ravvisare il verificarsi del presupposto a cui tale disciplina ricollega il regime di imponibilità ad IVA obbligatoria.
Inoltre, sotto un profilo più sostanziale, la società evidenzia che secondo l’orientamento espresso nei documenti di prassi pur riferiti alla fattispecie dei fabbricati in corso di costruzione – distinta rispetto a quella oggetto dell’istanza in esame (sanatoria di un intervento edilizio eseguito in epoca risalente) – l’assoggettamento al regime di imponibilità è subordinato alla circostanza che sull’immobile (oggetto di cessione) siano stati concretamente eseguiti interventi significativi (cfr. risoluzione 8 maggio 2007, n. 91/E). Detto carattere “significativo” dei lavori, secondo la società istante, non sarebbe ravvisabile, invece, in relazione all’intervento eseguito sulla terrazza dell’Edificio Y.
Al riguardo, la società evidenzia che in considerazione del fatto che alcuna opera è stata materialmente eseguita nell’ambito della procedure di sanatoria di cui si discute, il relativo “costo di costruzione” indicato nel prospetto redatto dal Tecnico deve intendersi una semplice stima eseguita a posteriori del costo dell’intervento edilizio eseguito nel 1970 in maniera difforme rispetto al Progetto Edilizio Originario.
Conseguentemente, ad avviso della società istante, tornerebbe applicabile alla cessione del complesso in argomento il regime di esenzione ai sensi dell’art. 10,comma 1, n. 8-ter), del d.P.R. n. 633 del 1972.
2) Qualora nel caso in esame si ritengano riscontrati i presupposti ai quali l’art.10, comma 1, n. 8-ter), del d.P.R. n. 633 del 1972 subordina l’applicazione obbligatoria del regime di imponibilità ad IVA, la società istante ritiene che:
a) sebbene il Complesso Immobiliare sia stato considerato dalla società istante in maniera unitaria (ai fini contabili e della redazione bilancio), ai fini IVA, la cessione del medesimo debba essere trattata distintamente, avuto riguardo alle vicende delle diverse unità immobiliari urbane che compongono i due fabbricati di cui si discute (vale a dire, l’Edificio X e l’Edificio Y). In particolare, in relazione all’Edificio X, il corrispettivo distintamente indicato nello stipulando contratto di compravendita immobiliare in relazione alle unità immobiliari urbane facenti parte di detto fabbricato risulterà esente da IVA. Il corrispettivo distintamente indicato nel contratto di compravendita riferibile alle unità immobiliari urbane facenti parte dell’Edificio Y sarà, invece, assoggettato ad IVA;
b) la cessione dell’Edificio Y- da assoggettare al regime di imponibilità ad IVA obbligatorio – debba scontare l’aliquota agevolata del 10 per cento di cui al n.127- quinquiesdecies) della Tabella A, parte III, allegata al Decreto IVA.
Parere dell’Agenzia delle entrate
In linea di principio, in base all’art. 10, primo comma, n. 8-ter), del d.P.R. n. 633 del 1972, le cessioni di fabbricati strumentali – come quello oggetto dell’istanza in esame – sono soggette al regime “naturale” di esenzione IVA, ad eccezione delle seguenti ipotesi:
1) cessioni effettuate dalle imprese costruttrici degli stessi o dalle imprese che vi hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, gli interventi di cui all’art. 3, primo comma, lettere c), d) ed f), del Testo Unico dell’Edilizia di cui al d.P.R. n. 380 del 2001, entro cinque anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell’intervento;
2) cessioni per le quali nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione.
Avendo riguardo alle corrispondenti disposizioni comunitarie, tale disposizione ha recepito nel nostro ordinamento la previsione unionale di cui al combinato disposto dell’art. 135, par. 1, lett. j) e dell’art. 12, par. 1, lett. a) della Direttiva 2006/112/CE, in base alla quale è previsto che gli Stati membri esentino da IVA le cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricati e del suolo attiguo, ad eccezione della cessione effettuata anteriormente alla prima occupazione del fabbricato (i.e. cessione avente ad oggetto un fabbricato nuovo).
In base all’art. 12, par. 2, della citata Direttiva, “Gli Stati membri possono applicare criteri diversi dalla prima occupazione, quali il criterio del periodo che intercorre tra la data di completamento dell’edificio e la data di prima cessione, oppure quello del periodo che intercorre tra la data di prima occupazione e la data della successiva cessione, purché tali periodi non superino rispettivamente cinque e due anni”.
Coerentemente con tale previsione, l’art. 10, comma 1, n. 8-ter) del Decreto IVA ha definito i termini della fattispecie di esenzione comunitaria, individuando i fabbricati “nuovi”, imponibili ad IVA per obbligo di legge, sulla base di un criterio che fa riferimento alla data di ultimazione dei lavori di costruzione/ristrutturazione degli stessi (vale a dire, quelli ceduti entro cinque anni da tale data).
In linea generale, la ratio sottesa alla limitazione del trattamento di esenzione, nei termini anzidetti, è quella di attenuare gli effetti negativi, più o meno rilevanti, che tale trattamento comporta per le imprese di costruzione e/o di ripristino, in termini di limitazione alla detrazione dell’IVA assolta sulle spese di costruzione/ripristino dei fabbricati.
Avendo riguardo alla norma interna di esenzione (i.e. art. 10, comma 1, n. 8-ter) del Decreto IVA), ai fini della nozione di “impresa costruttrice”, fermo restando che nessuna rilevanza assume l’oggetto sociale dell’impresa, si fa presente che la prassi amministrativa elaborata con specifico riferimento al regime IVA di tassazione degli immobili ha adottato un’interpretazione ampia, tale da comprendere non soltanto i soggetti ai quali risulta intestato il provvedimento amministrativo in forza del quale ha luogo la costruzione o la ristrutturazione del fabbricato (vale a dire, le imprese che realizzano o ristrutturano direttamente i fabbricati con organizzazione e mezzi propri), ma anche quelle che, in modo occasionale, si avvalgono di imprese terze per la realizzazione dei lavori (cfr. circolare 28 giugno 2013, n. 22/E; circolare 4 agosto2008, n. 27/E; circolare 11 luglio 1996, n. 182).
Ai fini della verifica del regime IVA applicabile alla cessione dei fabbricati strumentali diviene, altresì, elemento rilevante la data di ultimazione dei lavori di costruzione o di ripristino del fabbricato.
Avendo riguardo al caso in esame, in via preliminare, si fa presente che la qualificazione dell’intervento dal punto di vista urbanistico ed edilizio è effettuata dagli enti competenti (Comune) ed è evidenziata nei titoli abilitativi che autorizzano l’intervento stesso atteso che presuppone un accertamento di tipo tecnico non esperibile in sede di interpello (cfr. circolare n. 9/E del 1 aprile 2016).
Il presente parere è, dunque, reso sulla base degli elementi rappresentati dalla società istante, assunti acriticamente così come esposti nell’istanza.
Ciò premesso, la fattispecie in oggetto presenta alcune peculiarità atteso che la stessa riguarda la regolarizzazione ex post di un intervento edilizio realizzato presso l’Edificio Y in difformità dal titolo abilitativo per esso prescritto.
In particolare, in base a quanto si desume dalla SCIA alternativa al permesso di costruire e dalla Relazione tecnica asseverata indirizzata alla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, gli interventi edilizi (oggetto di regolarizzazione) sono stati eseguiti in fase di realizzazione del fabbricato e riguardano alcune difformità sul terrazzo di copertura dell’Edificio Y rispetto al progetto architettonico originario n. …… di cui al titolo abilitativo n. …… del 1979.
Al fine di regolarizzare tale difformità, in vista della futura cessione del Complesso Immobiliare di cui fa parte dell’Edificio Y, la società ha avviato e positivamente concluso la procedura di sanatoria degli abusi edilizi prevista dall’art 36 del T.U. dell’edilizia.
Si tratta, in particolare, dell’istituto dell’accertamento di conformità finalizzato al rilascio del permesso di costruire in sanatoria, degli interventi realizzati:
– in assenza o in difformità dal permesso di costruire e, quindi, sia in difformità totale, parziale o con variazioni essenziali;
– in assenza di segnalazione certificata di inizio attività alternativa al permesso di costruire (come nel caso in esame).
A prescindere dai requisiti e dalle condizioni normative poste, l’intervento da regolarizzare deve necessariamente risultare subordinato al regime del permesso di costruire, per cui l’attività edilizia ammessa a permesso di costruire in sanatoria deve riguardare, come nella fattispecie in esame, gli interventi elencati all’art. 10 del Testo Unico Edilizia.
Di conseguenza, possono accedere all’accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del Testo Unico dell’Edilizia:
– gli interventi di nuova costruzione;
– gli interventi di ristrutturazione urbanistica;
– gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni (tra i quali – secondo la Relazione Tecnica Asseverata allegata alla SCIA) – è stato classificato l’intervento edilizio da regolarizzare oggetto della presente istanza).
È il caso di evidenziare che l’accertamento di conformità è diretto a sanare le opere solo formalmente abusive, in quanto eseguite senza il previo rilascio del titolo abilitativo (ovvero in difformità rispetto allo stesso) ma conformi nella sostanza alla disciplina urbanistica applicabile per l’area su cui sorgono.
Da questo punto di vista, dunque, ai fini del visto di conformità, occorre avere riguardo alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della realizzazione delle opere abusive che al momento della presentazione dell’istanza di conformità (c.d. doppia conformità).
Il provvedimento di accertamento di conformità assume, pertanto, una connotazione eminentemente oggettiva e vincolata, priva di apprezzamenti discrezionali, dovendo l’autorità procedente valutare l’assentibilità dell’opera eseguita sulla base della normativa urbanistica ed edilizia vigente, in relazione ad entrambi i momenti considerati dalla norma (TAR Palermo 25 febbraio 2019, n. 553 – Consiglio di Stato sez. IV 7 settembre 2018, n. 5274).
La peculiarità del caso in esame è, dunque, ravvisabile nella circostanza che – come si evince dai documenti allegati all’istanza già richiamati – non è stato di fatto realizzato alcun intervento di ripristino.
In altri termini, la descritta procedura di sanatoria di cui all’art. 36 del T.U. dell’Edilizia l’autorità competente (i.e. Comune di —) non ha autorizzato la realizzazione di nuovi interventi edilizi sull’edificio in questione (i.e. Edificio Y), bensì ha semplicemente preso atto degli interventi a suo tempo realizzati (in difformità rispetto al progetto presentato nel 1979), attestandone la conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia; in linea con la finalità della procedura di cui all’art. 36 del Testo Unico dell’edilizia di sanare le opere alle quali è mancato (in tutto o in parte) l’atto abilitativo formale il quale, se fosse stato richiesto, sarebbe stato rilasciato dall’autorità competente.
La pratica di sanatoria, dunque, non ha comportato la materiale esecuzione di alcun intervento edilizio idoneo ad attrarre la futura cessione del fabbricato di cui trattasi al regime di imponibilità ad IVA obbligatorio ai sensi dell’art. 10, comma 1, n.8-ter), del d.P.R. n. 633 del 1972.
Tale circostanza (vale a dire, l’assenza nel caso in esame di interventi edilizi sull’Edificio Y) sembrerebbe, altresì, comprovata dalla mancata indicazione, nella SCIA alternativa al permesso di costruire, del direttore dei lavori, nonché dell’impresa esecutrice degli stessi.
Peraltro, conseguentemente al fatto che la società istante, in relazione al procedimento di sanatoria in argomento, non ha materialmente eseguito alcun intervento edilizio sulla terrazza dell’Edificio Y, come rappresentato dalla società istante, gli unici oneri sostenuti dalla società istante per l’espletamento della procedura sono costituiti esclusivamente dai pagamenti dovuti a titolo di sanzione amministrativa ai sensi dell’art. 22, comma 4 della L.R. Lazio n. 15 del 2008 e dell’art. 36 del Testo Unico dell’edilizia.
Si è reso, quindi, necessario quantificare nel prospetto relativo al “Calcolo costo di costruzione e sanzione” il “costo di costruzione” dell’opera “abusiva”, calcolato dal Tecnico abilitato su base estimativa, tenendo conto del prezzario 28/08/2012 – Bollettino Ufficiale della Regione Lazio n. 41, soltanto al fine di determinare l’ammontare della sanzione dovuta secondo le modalità dettate dalla normativa vigente (cfr. art. 22, comma 2, lett. b) della L.R. Lazio n. 15 del 2008).
Avendo riscontrato, dunque, nei termini anzidetti, la mancanza di un intervento edilizio rilevante ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 10, comma 1, n. 8-ter) del d.P.R. n. 633 del 1972, si è dell’avviso che la futura cessione del Complesso Immobiliare, da parte della società istante (i.e. cedente), debba considerarsi esente da IVA.
Ai fini del regime IVA applicabile, dunque, non assume alcuna rilevanza la circostanza che la società istante nel corso del 2019 risulti formalmente titolare di un titolo abilitativo avente ad oggetto un intervento edilizio astrattamente idoneo a qualificare la società istante cedente come “impresa costruttrice o di ripristino”.
In tal senso, la richiamata circolare n. 12/E del 2007 ha chiarito che la cessione di un fabbricato prima dell’ultimazione dell’intervento di ristrutturazione è equiparabile all’ipotesi di cessione del medesimo entro quattro anni (rectius, cinque anni, in base alla formulazione in vigore dell’art. 10, comma 1, n. 8-ter) del Decreto IVA) dall’ultimazione dell’intervento, obbligatoriamente imponibile ad IVA, purché i lavori edili, ancorché non ultimati, siano quanto meno stati effettivamente iniziati (non essendo sufficiente, dunque, la mera richiesta delle autorizzazioni amministrative per l’esecuzione degli interventi, affinché questi ultimi possano considerarsi intrapresi dal soggetto che procede poi alla cessione del fabbricato) (cfr., in senso conforme, risoluzione 8 maggio 2007, n. 91/E).
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