La Corte di Cassazione con la sentenza n. 38914 depositata il 25 settembre 2023, intervenendo in tema di responsabilità penale in caso di infortunio sul lavoro, ha statuito che “… l’articolo 50 Decreto Legislativo n. 81 del 2008, che ne disciplina le funzioni e i compiti, attribuisce al Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza un ruolo di primaria importanza quale soggetto fondamentale che partecipa al processo di gestione della sicurezza dei luoghi di lavoro, costituendo una figura intermedia di raccordo tra datore di lavoro e lavoratori, con la funzione di facilitare il flusso informativo aziendale in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Ciò detto, è bene precisare che, nel caso di specie, viene in rilievo non se l’imputato, in tale sua veste, ricoprisse o meno una posizione di garanzia intesa come titolarità di un dovere di protezione e di controllo finalizzati ad impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire (articolo 40 cpv c.p.) – ma se egli abbia, con la sua condotta, contribuito causalmente alla verificazione dell’evento ai sensi dell’articolo 113 c.p.. E, sotto questo profilo, la sentenza impugnata ha illustrato adeguatamente i termini in cui si è realizzata la cooperazione colposa dello (…) nel delitto di cui trattasi. Richiamati i compiti attribuiti dall’articolo 50 al Responsabile dei Lavoratori per la Sicurezza, ha osservato come l’imputato non abbia in alcun modo ottemperato ai compiti che gli erano stati attribuiti per legge, consentendo che il (…) fosse adibito a mansioni diverse rispetto a quelle contrattuali, senza aver ricevuto alcuna adeguata formazione e non sollecitando in alcun modo l’adozione da parte del responsabile dell’azienda di modelli organizzativi in grado di preservare la sicurezza dei lavoratori, nonostante le sollecitazioni in tal senso formulate dal (…). …”
La vicenda ha riguardato il legale rappresentante di una società nella sua qualità di datore di lavoro ed il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza sui luoghi di lavoro (RLS), accusati di omicidio colposo, conseguente alla violazione delle norme in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Il Tribunale condannava entrambi per i reati loro ascritti. Avverso la sentenza dei giudici di prime cure gli imputati proposero appello. La Corte Territoriale confermava la sentenza impugnata. In particolare per il RLS veniva ascritta la colpa specifica correlata a violazioni di norme in materia di sicurezza sul lavoro, per aver concorso a cagionare l’infortunio mortale di cui sopra, attraverso una serie di contegni omissivi, consistiti nell’aver omesso di promuovere l’elaborazione, l’individuazione e l’attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l’integrità fisica dei lavoratori, di sollecitare il datore di lavoro ad effettuare la formazione dei dipendenti. Gli imputati proponevano, avverso la decisione di appello, ricorso in cassazione fondato su quattro motivi per il datore di lavoro e su tre motivi per il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza sui luoghi di lavoro.
Gli Ermellini rigettano i ricorsi.
I giudici di legittimità condannano il RLS in quanto a lui sono affidate essenzialmente funzioni di consultazione e di controllo circa le iniziative assunte dall’azienda nel settore della salute e sicurezza, nell’ambito di un modello partecipativo, non figurando egli quale garante della sicurezza, se con tale termine si intende il titolare di un potere di intervento diretto in merito all’adozione delle misure di prevenzione e protezione. Non a caso l’art. 50, del d.lgs. n. 81/2008, parla di “attribuzioni”, mentre in relazione alle condotte del datore di lavoro (così come di dirigenti e preposti) usa il termine “obblighi”. (cfr., tra le altre, Cass., pen., 19 ottobre 2017, n. 48286)
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