La Corte di Cassazione con la sentenza n. 28167 del 27 giugno 2013 interviene in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro affermando che la responsabilità penale per il legale rappresentate della società che non abbia vigilato.
Gli Ermellini affermano la responsabilità del legale rappresentante di una società subcommittente di lavori di altra società (B.) (a sua volta subcommittente ad altra ditta G.) per aver omesso di cooperare con le altre aziende in occasione dei lavori all’interno di un capannone industriale, al fine dell’attuazione delle misure di sicurezza. In particolare permetteva che l’attività fosse svolta nonostante la presenza sul pavimento di cinque ampie buche; sicché due elettricisti della G. mentre si muovevano a bordo di una piattaforma semovente, con il pianale di lavoro esteso all’altezza di mt. 12, a causa della perdita di equilibrio del mezzo, la cui ruota era finita in una delle buche, cadevano in terra procurandosi gravi lesioni.
Il legale rappresentante veniva condannato in primo e secondo grado; avverso la descione della Corte di Appello proponeva ricorso in Cassazione ove i giudici di legittimità rigettavano le doglianze del ricorrente.
Gli Ermellini affermano che l’art. 7 del d.lgs. 626 del 1994, vigente all’epoca dei fatti, dispone che nel caso di appalto di lavori all’interno dell’azienda, il datore di lavoro committente deve promuovere la cooperazione ed il coordinamento della pluralità delle imprese al fine della attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto; nonché per evitare il concretizzarsi dei rischi cui sono esposti i lavoratori e dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessiva. Nel caso di specie, la realizzazione del capannone, ove si trovavano la pluralità di buche (5 buche con lati di 80 cm. e profondità di 30 cm.), era l’opera che stata costruendo la società dell’imputato; la circostanza che all’interno del capannone si dovesse muovere un ponte mobile, per l’istallazione, da parte di subappaltatori, dell’impianto elettrico e di rete, imponeva la adozione del coordinamento ai fini di sicurezza tra le imprese, per evitare i pericoli a tale attività.
La violazione del disposto dell’art. 7, che onerava di detti obblighi, tra gli altri, l’imputato, unitamente alla omissione da parte sua della protezione di dette buche, correttamente è stata dal giudice di merito ritenuta negligente condotta causa dell’evento, in quanto ha determinato il concretizzarsi del rischio che il rispetto della predetta norma mirava ad evitare.
Inoltre non può nemmeno dirsi che la presenza di un coordinatore per la progettazione ed esecuzione di lavori nominato dalla “C.” committente delle opere (coimputato e condannato), valesse ad escludere la responsabilità dell’imputato. La presenza del coordinatore, infatti, non ha determinato alcun depotenziamento della posizione di garanzia dell’imputato che, in qualità di subcommittente, aveva un onere di sicurezza a fronte di una situazione di pericolo dell’ambiente di lavoro da lui determinata e non rimossa, per la presenza della pluralità delle buche sul piano di calpestio del capannone.
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