La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 57974 depositata il 29 dicembre 2017 intervenendo in tema di sicurezza sul lavoro ha ribadito il principio secondo cui ai fini dell’operatività degli obblighi di coordinamento e cooperazione connessi all’esistenza di un rischio interferenziale, occorre aver riguardo non alla qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra le imprese che cooperano tra loro, contratto d’appalto, d’opera o di somministrazione, ma all’effetto che tale rapporto origina, vale a dire alla concreta interferenza tra le organizzazioni che operano sul medesimo luogo di lavoro e che può essere fonte di ulteriori rischi per l’incolumità dei lavoratori delle imprese coinvolte (Corte di Cassazione, sentenza 29 dicembre 2017, n. 57974)
La vicenda ha avuto origine dall’infortunio sul lavoro occorso ad un dipendente dell’appaltatore in un cantiere edile in cui lavoravano più ditte. A seguito dell’evento veniva contestato ai datori di lavoro di due diverse aziende il reato di lesioni personali colpose con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro. Il lavoratore infortunato stava eseguendo, all’interno di un cavedio, il lavaggio di una persiana smontata con una idropulitrice, mentre contestualmente si svolgevano operazioni di uso di un montacarichi posizionato sulla sommità di un ponteggio metallico eretto all’interno del cavedio. Durante la fase di salita, dal montacarichi si era staccato ed era caduto un trapano, non adeguatamente assicurato da parte di un dipendente di diversa ditta; l’attrezzo aveva colpito al capo il lavoratore, procurandogli lesioni. Il reato é contestato ai diversi datori di lavoro, in cooperazione colposa fra loro, per non aver adottato le misure necessarie a prevenire i rischi a carico dei lavoratori in sosta o in attività sotto carichi sospesi, ed al coordinatore per l’esecuzione dei lavori di non aver svolto i propri compiti in relazione alle interferenze fra lavoratori delle diverse imprese, in particolare con riguardo alle modalità di accesso e di sosta nel cavedio.
I due imputati presentarono ricorso in cassazione fondato su, rispettivamente, dal primo condannato su sue motivi, mentre il secondo imputato su tre motivi. In particolare il soggetto che non rivestiva la qualità di datore di lavoro del dipendente infortunato, lamentava che la sentenza di merito gli avesse attribuito una posizione di garanzia per vigilanza genericamente rivolta a tutti i lavoratori impegnati nell’appalto.
I giudici di legittimità hanno ritenuto infondato precisando che come recentemente chiarito dalla giurisprudenza di legittimità “ai fini dell’operatività degli obblighi di coordinamento e cooperazione connessi ai contratti di appalto, dettati dall’art. 26 D.Lgs. 9 2008, n. 81, occorre aver riguardo non alla qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra le imprese che cooperano tra loro – vale a dire contratto d’appalto o d’opera o di somministrazione – ma all’effetto che tale rapporto origina, vale a dire alla concreta interferenza tra le organizzazioni ad esse facenti capo, che può essere fonte di ulteriori rischi per l’incolumità dei lavoratori (Sez. 4, Sentenza n. 44792 del 17/06/2015, Mancini e altro, Rv. 264957).”
Anche l’altro motivo di ricorso con cui il ricorrente aveva dedotta assenza di un rapporto di lavoro subordinato con il lavoratore infortunato i giudici del palazzaccio affermano che il “costante orientamento giurisprudenziale è stato recentemente ribadito che la definizione di “lavoratore”, di cui all’art. 2, comma primo, lett. a), D.Lgs. n. 81 del 2008, fa leva sullo svolgimento dell’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione del datore di lavoro indipendentemente dalla tipologia contrattuale, ed è definizione più ampia di quelle previste dalla normativa pregressa, che si riferivano invece al “lavoratore subordinato” (art. 3, D.P.R. 547/1955) e alla “persona che presta il proprio lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro” (art. 2, comma 1, lett. a) del d.lgs. 626/1994); ne consegue che, ai fini dell’applicazione delle norme incriminatrici previste nel decreto citato, rileva l’oggettivo espletamento di mansioni tipiche dell’impresa (anche eventualmente a titolo di favore) nel luogo deputato e su richiesta dell’imprenditore, a prescindere dal fatto che il “lavoratore” possa o meno essere titolare dì impresa artigiana ovvero lavoratore autonomo (Sez. 3, Sentenza n. 18396 del 15/03/2017, C., Rv. 269637).”
Per cui per i giudici della Suprema Corte nell’ambito di lavorazioni con la concomitante presenza di più ditte e di lavoratori dipendenti da ciascuna di esse, la formale qualificazione del rapporto non rileva ai fini dell’assunzione della posizione di garanzia in relazione al “rischio interferenziale”. Del resto, sotto il profilo generale, la definizione di “lavoratore” nella normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (art. 2, co. 1, lett. a), D.Lgs. n. 81/2008) fa leva sullo svolgimento dell’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione del datore di lavoro indipendentemente dalla tipologia contrattuale. Infine, quanto alla dedotta abnormità e imprevedibilità della condotta di agganciare malamente lo strumento poi caduto, é di tutta evidenza che la già esaminata posizione di garante assunta dall’imputato deve essere collegata al dovere, da parte sua, di governare il rischio connesso alle lavorazioni da lui curate, tra le quali sicuramente rientrava anche quella eseguita dal lavoratore.
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