AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 29 aprile 2019, n. 131
Interpello articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n. 212 – Rettifica della detrazione IVA per spese incrementative del valore di beni ammortizzabili – Articolo 19-bis2 del d.P.R. n. 633 del 1972
Con l’interpello specificato in oggetto è stato esposto il seguente
Quesito
La Società ALFA è controllata interamente dalla Fondazione BETA – ente previdenziale non commerciale – e gestisce un portafoglio di immobili, in parte ricevuto in usufrutto dalla Fondazione e in parte in proprietà.
In particolare, ALFA ha evidenziato di avere acquisito sin dal 2003 – dalla controllante Fondazione – l’usufrutto dei seguenti immobili a destinazione alberghiera/residence/commerciale a fronte di un corrispettivo pagato annualmente:
1) A Hotel (…);
2) Hotel B, (…);
3) C Residence, (…);
4) D Residence, (…);
5) E Hotel, (…) ;
6) Hotel F, (…);
7) Hotel G, (…).
I corrispettivi versati – con cadenza annuale – da ALFA alla Fondazione BETA non sono stati assoggettati a IVA, per mancanza della soggettività passiva in capo alla medesima Fondazione.
A seguito della concessione dell’usufrutto, ALFA ha locato a terzi gli immobili riscuotendo un canone su cui è stata applicata l’IVA (locazioni imponibili).
ALFA dichiara di aver effettuato, nel corso degli anni, sui predetti immobili lavori di manutenzione straordinaria e migliorie funzionali all’attività di locazione degli stessi: tali spese sono state capitalizzate tra le immobilizzazioni immateriali alla voce “migliorie su beni di terzi” per un totale di Euro 44.018.471 (costo storico delle migliorie capitalizzate). L’IVA assolta sui lavori è stata portata integralmente in detrazione in quanto riconducibile alle locazioni imponibili.
In data 23 dicembre 2015, ALFA ha ceduto il diritto di usufrutto dei predetti immobili alla Fondazione BETA convenendo un prezzo di cessione di Euro 10.307.720. Tale importo è stato indicato quale corrispettivo, nel Bilancio chiuso al 31 dicembre 2015, nella voce E20 del Conto Economico “altri proventi straordinari” e al contempo tassato ai fini IRES e IRAP mentre, ai fini IVA, ALFA ha ritenuto applicabile il regime di esenzione di cui all’articolo 10, comma 1, n. 8-ter), del d.P.R. n. 633/1972.
A seguito della retrocessione dell’usufrutto ALFA:
– ha proceduto alla cancellazione della voce dell’attivo immobilizzato “migliorie su beni di terzi” mediante imputazione a conto economico dell’insussistenza passiva;
– ha ritenuto di rettificare l’IVA detratta sulle spese di migliorie eseguite sugli immobili oggetto della retrocessione per euro 977.480. La rettifica è stata riportata nella dichiarazione IVA relativa al periodo d’imposta 2015, nel rispetto di quanto stabilito dall’articolo 19-bis2 del d.P.R. n. 633 del 1972.
Tanto premesso, ALFA chiede se le spese di migliorie sui beni di terzi non debbano, più correttamente, essere considerate oneri pluriennali e più precisamente “spese relative a più esercizi” di cui all’articolo 108, comma 3, del TUIR di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (di seguito “TUIR”). Di conseguenza, chiede se le predette spese debbano essere escluse dall’ambito di applicazione dell’articolo 19-bis2 del d.P.R. n. 633 del 1972 che al comma 8 obbliga a effettuare la rettifica della detrazione soltanto “… per i beni immateriali di cui all’articolo 68 (articolo 103 post riforma) del testo unico delle imposte sui redditi …”.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
ALFA ritiene di aver erroneamente rettificato l’IVA sulle migliorie su beni terzi per Euro 977.480,00 e, di conseguenza, ritiene corretto effettuarne il recupero presentando una dichiarazione integrativa del modello Unico 2016 ai sensi dell’articolo 8, comma 6-bis, del d.P.R. n. 322 del 1998 e dell’articolo 57 del d.P.R. n. 633 del 1972. Tale conclusione troverebbe fondamento nel comma 8 dell’articolo 19-bis2 del d.P.R. n. 633 del 1972 che estende gli obblighi di rettifica della detrazione IVA soltanto alle immobilizzazioni immateriali disciplinate dall’articolo 68 (i.e. articolo 103 post riforma) e non agli oneri pluriennali (quali le migliorie su beni di terzi) disciplinati dall’articolo 108 del TUIR nel cui novero avrebbero dovuto essere classificate le spese di cui trattasi in virtù sia della corretta applicazione dei principi contabili nazionali nonché di chiarimenti resi dall’Agenzia delle entrate con la circolare n. 27/E del 2015.
In risposta alla richiesta di documentazione integrativa ALFA ha prodotto un prospetto riepilogativo e relativa documentazione circa la natura di miglioria ossia di spesa incrementativa del valore del cespite nonché la loro non separabilità.
Parere dell’Agenzia delle Entrate
Preliminarmente, si rappresenta che la qualificazione delle spese di migliorie sui beni di terzi, ai fini delle imposte dirette, non è in esame nel parere di seguito riportato né è oggetto di esame la congruità del prezzo pattuito per la retrocessione del diritto di usufrutto all’ente non commerciale controllante, su cui rimane fermo ogni potere di controllo da parte dell’amministrazione finanziaria, sia ai fini IVA sia ai fini delle imposte sui redditi.
Ai fini della risposta al quesito posto, concernente la rettifica della detrazione IVA, occorre avere riguardo a quanto disposto dalla Direttiva 28 novembre 2006, n. 2006/112/CE, come interpretata dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
La rettifica della detrazione IVA è disciplinata, a livello unionale, dagli articolo 184 e seguenti della direttiva 2006/112/CE. Il meccanismo di rettifica della detrazione, secondo costante orientamento dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia è “parte integrante del sistema di detrazione dell’IVA istituito dalla direttiva 2006/112. Esso mira ad aumentare la precisione delle detrazioni, così da assicurare la neutralità dell’IVA, in modo che le operazioni effettuate allo stadio anteriore continuino a dare luogo al diritto di detrazione soltanto nei limiti in cui esse servano a fornire prestazioni soggette a tale imposta. Tale meccanismo persegue, quindi, l’obiettivo di stabilire una relazione stretta e diretta tra il diritto alla detrazione dell’IVA pagata a monte e l’impiego dei beni o dei servizi di cui trattasi per operazioni soggette ad imposta a valle” (cfr. Corte di Giustizia, sentenza 31 maggio 2018, Kollroß e Wirtl, cause riunite C- 660/16 e C-661/16 e giurisprudenza ivi richiamata).
Per quanto riguarda la nascita di un eventuale obbligo di rettifica della detrazione dell’IVA, l’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva stabilisce la regola secondo la quale tale rettifica deve essere operata in particolare quando, “successivamente alla dichiarazione dell’IVA, sono intervenuti dei mutamenti degli elementi presi in considerazione per determinare l’importo della suddetta detrazione”. Tali variazioni sono probabili specialmente nel caso dei beni d’investimento, che sono spesso utilizzati per un certo numero di anni, nel corso dei quali possono cambiare gli scopi cui essi sono destinati. A tal fine, l’articolo 187 della direttiva IVA individua un periodo minimo di cinque anni per la rettifica della detrazione che, per i beni d’investimento, può essere prolungato dagli Stati membri fino a venti anni.
Al riguardo, la direttiva non fornisce la definizione di beni d’investimento, ma si limita a prevedere, all’articolo 189, lettera a), che gli Stati membri possono “definire il concetto di beni d’investimento”. Il successivo articolo 190 dispone che: “Gli Stati membri possono considerare beni d’investimento i servizi che hanno caratteristiche analoghe a quelle normalmente attribuite ai beni d’investimento”.
Coerentemente alla predetta disciplina unionale, l’articolo 19-bis2 del d.P.R. n. 633 del 1972 prevede la rettifica (in aumento o in diminuzione) della detrazione inizialmente operata:
– per i beni non ammortizzabili e i servizi utilizzati per effettuare operazioni che danno diritto alla detrazione in misura diversa da quella inizialmente operata. Ai fini di tale rettifica si tiene conto esclusivamente della prima utilizzazione dei beni e dei servizi (comma 1);
– per i beni ammortizzabili, in rapporto al diverso utilizzo che si verifica nell’anno della loro entrata in funzione ovvero nei quattro anni successivi ed è calcolata con riferimento a tanti quinti dell’imposta quanti sono gli anni mancanti al compimento del quinquennio (comma 2).
Con particolare riguardo ai beni immobili, il comma 8, secondo periodo, del citato articolo 19-bis2 dispone che: “Agli effetti del presente articolo i fabbricati o porzioni di fabbricati sono comunque considerati beni ammortizzabili ed il periodo di rettifica è stabilito in dieci anni, decorrenti da quello di acquisto o di ultimazione”.
La rettifica della detrazione riguarda i fabbricati o porzioni di fabbricati acquistati ovvero oggetto di un diritto reale di godimento (ad esempio, come nel caso in esame, usufrutto) che consentono al titolare di tale diritto di disporre del bene, di fatto, come se ne fosse il proprietario. Ciò, coerentemente alla giurisprudenza della Corte di Giustizia secondo cui, ai fini IVA, “la nozione di cessione di beni non si riferisce al trasferimento di proprietà nelle forme previste dal diritto nazionale vigente, bensì a qualsiasi operazione di trasferimento di un bene materiale effettuata da una parte che autorizza l’altra parte a disporre, di fatto, di tale bene come se ne fosse il proprietario” (cfr. Corte di Giustizia, sentenza 22 ottobre 2015, PPUH Stehcemp, C-277/14, e giurisprudenza ivi citata).
Nel caso in esame, giova, inoltre, richiamare i principi costantemente affermati dalla prassi dell’Amministrazione finanziaria riguardo ai beni immobili estromessi dall’impresa per i quali l’imposta non è stata detratta all’atto del relativo acquisto, anche se sugli stessi sono stati eseguiti interventi di manutenzione, riparazione e recupero per i quali, invece, si è provveduto a detrarre la relativa imposta (circolare n. 40/E del 2002; risoluzione n. 194/E del 2002). In tali casi, secondo la citata prassi “come precisato dalla Corte di Giustizia CE con le sentenze del 17 maggio 2001 [causa C-322/99 e C-323/99 …] il contribuente dovrà, in relazione all’imposta afferente a tali spese, operare la rettifica della detrazione a norma dell’art. 19-bis2, qualora le stesse siano incrementative del valore dell’immobile e non abbiano esaurito la loro utilità all’atto dell’estromissione”.
Alla luce di quanto finora rilevato, appare corretto che ALFA abbia effettuato la rettifica della detrazione relativa all’IVA assolta per le spese di migliorie aventi carattere di “manutenzione straordinaria”. Si tratta, infatti, di spese che, ai fini della disciplina della rettifica della detrazione in esame, devono considerarsi relative a beni ammortizzabili della ALFA e, come tali, sono soggette alla medesima disciplina applicabile ai beni ammortizzabili di cui incrementano il valore, ai sensi dei commi 2 e 8, secondo periodo, dell’articolo 19-bis2, del d.P.R. n. 633 del 1972. Per tali spese, correttamente ALFA ha considerato il “dies a quo” del periodo decennale di osservazione fiscale coincidente con quello dell’ultimazione della manutenzione straordinaria del bene immobile.
Nessuna rilevanza ha, di conseguenza, il comma 8, primo periodo, dell’articolo 19-bis2, del d.P.R. n. 633 del 1972, che nel prevedere l’applicabilità delle disposizioni normative relative ai beni ammortizzabili anche ai beni immateriali di cui all’articolo 68 [rectius 103] del TUIR (ad esempio: opere dell’ingegno, diritti di brevetto ecc.) si riferisce a quelle fattispecie – diverse dal caso in esame – che, ai fini IVA, integrano servizi ad utilità pluriennale che hanno caratteristiche analoghe a quelle normalmente attribuite ai beni ammortizzabili.
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