ISPETTORATO NAZIONALE DEL LAVORO – Nota 23 novembre 2021, n. 1799
Richiesta di parere su ferie tramutate in cassa integrazione Covid -19
Si riscontra la richiesta di parere di cui all’oggetto, concernente la sussistenza di profili di illiceità a carico del datore di lavoro che modifichi in CIGO con causale Covid-19 le giornate di ferie richieste dai lavoratori “già programmate e concesse” nonché la possibilità di adottare il provvedimento di disposizione da parte dell’ITL.
Nello specifico l’azienda nel mese di agosto avrebbe unilateralmente tramutato la terza settimana di ferie già concesse in CIGO con causale Covid-19 e sul punto l’INPS si è espresso ritenendo legittima la fruizione del periodo di CIGO concesso.
Al riguardo, acquisito il parere dell’Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che si è espresso con nota prot. n. 10408 del 22 novembre 2021, si rappresenta quanto segue.
L’art. 10 del D.Lgs. n. 66/2003 stabilisce che, “fermo restando quanto previsto dall’art. 2109 c.c., il prestatore di lavoro ha diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane. Tale periodo, salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva (…) va goduto per almeno due settimane consecutive, in caso di richiesta del lavoratore nel corso dell’anno di maturazione e per le restanti due settimane, nei diciotto mesi successivi al termine dell’anno di maturazione”. In forza del citato art. 2109 c.c. si evince il riconoscimento in capo al datore di lavoro, nell’ambito dei poteri di organizzazione dell’attività imprenditoriale, di una facoltà di determinare la collocazione temporale delle ferie, nonché in alcune ipotesi di modificarla.
Come già chiarito dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali con l’interpello n. 19/2011, sempreché sia rispettato il dovere di comunicazione preventiva al lavoratore del periodo feriale, eventuali deroghe alla fruizione del diritto costituzionalmente garantito ex art. 36, comma 3 Cost., risultano ammissibili esclusivamente laddove le esigenze aziendali assumano carattere di eccezionalità ed imprevedibilità e come tali siano supportate da adeguata motivazione.
Al riguardo, in linea con la circolare n. 8/2005, il Ministero con il citato interpello ha precisato che costituiscono ipotesi oggettive derogatorie all’ordinaria modalità di fruizione delle ferie, tra gli altri, gli interventi a sostegno del reddito ordinari e straordinari, in cui si assiste ad una “sospensione totale o parziale delle obbligazioni principali scaturenti dal rapporto medesimo, ossia l’espletamento dell’attività lavorativa e la corresponsione della retribuzione”.
Nello specifico, in caso di sospensione totale dell’attività lavorativa, ovvero nell’ipotesi di CIG a zero ore, non sembra sussistere il presupposto della necessità di recuperare le energie psico-fisiche cui è preordinato il diritto alle ferie. L’esercizio del diritto in questione, sia con riferimento alle ferie già maturate sia riguardo a quelle infra – annuali in corso di maturazione, può quindi essere posticipato al momento della cessazione dell’evento sospensivo coincidente con la ripresa dell’attività produttiva; diversamente avviene nell’ipotesi di CIG parziale, nella quale deve comunque essere garantito al lavoratore il ristoro psico-fisico correlato all’attività svolta, sebbene in misura ridotta.
Dalla ricostruzione dell’istante emerge dunque che il datore di lavoro non avrebbe comunicato formalmente la decisione di trasformare in CIGO Covid un periodo di ferie preventivamente richiesto e già autorizzato, in violazione dell’art. 2109, comma 3, c.c., ai sensi del quale “l’imprenditore deve preventivamente comunicare al prestatore di lavoro il periodo stabilito per il godimento delle ferie”. Per tale irregolarità non è prevista una sanzione amministrativa nel nostro ordinamento, né si ritiene utile il ricorso al potere di disposizione ex art. 14 D.Lgs. n. 124/2004. Va infatti considerato che, risultando inalterato il plafond di ferie maturate da ciascun lavoratore che potrà quindi fruirne al termine del periodo di CIGO, non sembra evincersi un danno alla cui “riparazione” dovrebbe essere finalizzato il ricorso al potere di disposizione.
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