La Corte di Cassazione sez. tributaria con la sentenza n. 21564 depositata il 20 settembre 2013 intervenendo in tema di atti amministrativi tributari ha statuito che la motivazione dell’atto impositivo deve consentire al contribuente, a pena di nullità, di conoscere in modo compiuto e intellegibile la pretesa impositiva, per valutare da subito sia l’impugnazione, sia, in caso positivo, la contestazione efficace di tale pretesa. E’ peraltro irrilevante che il contribuente si sia comunque difeso, perché l’eventuale impugnazione non sana il vizio di motivazione.
La vicenda ha avuto origine con la notifica dell’avviso di liquidazione per imposta ipotecaria e catastale dovuta a titolo suppletivo per la trascrizione di una sentenza che, inizialmente, era stata sottoposta ad imposta di registro in misura fissa.
Il contribuente impugnava, inanzi alla Commissione Tributaria Provinciale, l’atto impositivo lamentando in estrema sintesi l’assenza di motivazione. I giudici della Ctp respingevano il ricorso. Il contribuente avverso la decisione del giudice di prime cure proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Regionale, ove i giudici accoglievano le motivazioni del ricorrente e quindi annullavano l’atto.
L’Agenzia delle Entrate, avverso la sentenza del giudice di appello, ricorreva per cassazione ritenendo che i giudici di merito fossero incorsi in errore e che lo stesso emergeva già esaminando il ricorso del contribuente. Era evidente infatti, alla luce delle eccezioni svolte, che egli aveva ben compreso il contenuto dell’atto.
Per cui, a dire dell’Amministrazione, l’avviso di liquidazione aveva svolto la sua funzione di “provocatio ad opponendum” offrendo sufficienti elementi per svolgere efficacemente la difesa.
Gli Ermellini hanno respinto il ricorso dell’Agenzia ritenendo la tesi proposta dall’Agenzia una versione riduttiva del ruolo della motivazione che, pur leggendolo in funzione del diritto di difesa, finisce per legittimare un possibile, ma inammissibile, giudizio a posteriori della sufficienza della motivazione, correlato alla difesa comunque in concreto svolta dal contribuente. E’ necessario invece un giudizio preventivo argomentato sulla rispondenza degli elementi enunciati nella motivazione stessa che da soli devono consentire l’esercizio del diritto di difesa
I giudici di legittimità chiariscono che l’obbligo di motivazione ha lo scopo di porre il contribuente in condizione di conoscere la pretesa impositiva in modo tale da consentirgli sia di valutare l’impugnazione sia, in caso positivo, di contestare efficacemente la pretesa. Gli elementi devono essere inseriti con tempestività nell’atto impositivo e risultare in modo determinato e intellegibile per consentire al contribuente di esercitare il diritto di difesa senza difficoltà.
La sentenza in commento assumerà un importante orientamento poiché, sovente nei vari atti dell’amministrazione (cartelle, accertamenti, ecc.) i motivi della pretesa sono scarsamente enunciati. Per poi, successivamente alla presentazione del ricorso, nella costituzione in giudizio l’ufficio fornisce ulteriore elementi per meglio delineare la propria pretesa. Ora viene precisato dalla Cassazione non solo che la motivazione deve essere sufficiente e comprensibile da subito, e quindi dal primo atto impositivo, ma anche che il ricorso del contribuente non sana tale vizio
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